Ci sono storie che si fermano al campo, altre che nascono
dai microfoni.
Jason Collins era un giocatore dell’NBA, un uomo di basket la cui carriera ha
coperto due decadi. Vittorie e sconfitte, contratti e tagli, due finali, due
volte a un passo dal mettersi al dito l’anello di campione NBA, che, ai tempi
delle Finals 2002-3, voleva dire essere i campioni del mondo.
Una carriera da comprimario per lunghi tratti, un personaggio amato nello
spogliatoio e fuori. Pochi lampi per un fisico come il suo. 213 centimetri per
115 kg di muscoli, la perfezione atletica per un centro: mani educate, veloce
il giusto, atletico.
Vi chiederete il perché di questo excursus? Quale dettaglio rende Jason Collins
degno di essere raccontato se, sportivamente parlando, non ha lasciato segni indelebili?
A volte, per scrivere la storia dello sport, non serve vincere una partita, 'basta' il coraggio di essere se stessi. Non tutti lo sapranno, ma il 29 Aprile 2013 Jason Collins ha scelto di
uscire allo scoperto. Dopo anni di repressione, anni in cui ha dovuto forzare
se stesso, fingendo di essere ciò che non era, Jason ha fatto coming out. Ha
dichiarato la propria omosessualità a mezzo stampa. Il primo giocatore ancora in
attività a dichiararsi tale. Nello sgomento della sala stampa, un piccolo
mattone sulla via della parità dei diritti è stato messo da questo giocatore
afroamericano.
Stanco, frustrato dalla bugia in cui viveva, ha scelto di tracciare la strada,
di non sottostare al machismo oppressivo della lega dei più alti del mondo. Il
terrore nella famiglia, che temeva le ripercussioni, il sorriso sul volto dei
giornalisti, che vedevano una gallina dalle uova d’oro. Ciò che non ti aspetti
dalla lega e dai giocatori: comprensione. Tutti i giocatori, tramite profili
social, tramite messaggi, pacche sulle spalle e dichiarazioni a mezzo stampa
accolgono con favore la scelta di Jason. Il coraggio di un uomo che ha saputo
dire basta.
Lo sgomento della sala stampa è lo stesso del fratello, gemello, di Jason,
Jarron, anch’egli giocatore NBA. ‘Non lo sapevo’. Dover mentire quotidianamente
a chiunque pur di non rivelare il proprio io più profondo.
La NBA non è la FIGC, David Stern non è Tavecchio.
Dal 30 Aprile, Jason torna a essere ciò che era 24 ore prima: un essere umano.
Un lieto fine.
Quando ‘coraggio’ non è solo prendere l’ultimo tiro, ma vivere sfidando i
pregiudizi.
Ci sono storie positive, storie di comprensione e,
purtroppo, racconti che mettono in luce la cattiveria del mondo. A Jason
Collins andò bene, Justin Fashanu, invece, non fu così fortunato.
Justin era un centravanti inglese, fratello del più noto John, amato
da Peo Pericoli (Teo Teocoli) e dalla Gialappa’s Band nei primi anni 90’,
Fashanu passò la sua carriera diviso tra Premier League e serie minori, con un
anno a Los Angeles. Un attaccante decente, nessuna qualità calcistica
particolare, una lenta ascesa frenata da chiacchiere e rumors, frequentazioni 'inusuali'. Un caliatore normale, un coraggio, invece, fuori dal comune.
Nel 1990 fu il primo calciatore in attività a dichiararsi omosessuale. Come
Jason scelse di uscire dall’ombra per vivere come se stesso, e non più come il
prodotto che lo sport inglese voleva.
Justin come Jason, la Premier non come l’NBA. Un mondo diverso, un mondo non
ancora pronto ad accettare il diverso come ugualmente corretto.
Justin viene deriso, umiliato. Emarginato dai compagni, dalla comunità nera
inglese, che per lui non conosce altro che disprezzo: ‘un affronto alla
comunità nera, un danno d'immagine. Patetico e imperdonabile’, ripudiato
dal fratello John. Il mondo di Justin si disintegra sotto i suoi piedi, il coraggio
lascia spazio al dolore. La carriera di Justin in Inghilterra è giunta al
termine. Emigra negli Stati Uniti, con la speranza di non essere più ‘l’omosessuale
nero’, ma solo Justin.
Qualche anno di pace, le scarpette appese al chiodo e una nuova carriera di
allenatore. Poteva essere l’inizio della rinascita, è stato l’inizio della
fine.
Il 25 Marzo 1998 Ashton Woods lo denuncia per stupro. L’onta della vergogna
nuovamente su di lui. Justin scappa, sostiene la propria innocenza, la
consensualità dell’atto. La polizia lo cerca, il mondo lo evita., come i Paria, un intoccabile. Il Maryland lo
accusa, mentre le prove mancano.
Il 3 Maggio il corpo di Justin Fashanu viene ritrovato impiccato in un garage
di Londra. Tornare a casa per dire addio alla vita.
Vivere per essere se stessi, morire perché il mondo non ti accetta.
Ci vuole coraggio a calciare un rigore al novantesimo, ma ce ne vuole di più
per superare le barriere dell’ignoranza.
Due storie, due finali diversi. Lo stesso coraggio di chi
vuole abbattere il muro. Jason e Justin, fratelli in un mondo di pregiudizio.
Perché per poter essere se stessi, a volte, bisogna avere un coraggio da eroi.
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