martedì 4 ottobre 2016

Collins e Fashanu, un coming-out per due.

Ci sono storie che si fermano al campo, altre che nascono dai microfoni.
Jason Collins era un giocatore dell’NBA, un uomo di basket la cui carriera ha coperto due decadi. Vittorie e sconfitte, contratti e tagli, due finali, due volte a un passo dal mettersi al dito l’anello di campione NBA, che, ai tempi delle Finals 2002-3, voleva dire essere i campioni del mondo. 
Una carriera da comprimario per lunghi tratti, un personaggio amato nello spogliatoio e fuori. Pochi lampi per un fisico come il suo. 213 centimetri per 115 kg di muscoli, la perfezione atletica per un centro: mani educate, veloce il giusto, atletico. 


Vi chiederete il perché di questo excursus? Quale dettaglio rende Jason Collins degno di essere raccontato se, sportivamente parlando, non ha lasciato segni indelebili?
A volte, per scrivere la storia dello sport, non serve vincere una partita, 'basta' il coraggio di essere se stessi. Non tutti lo sapranno, ma il 29 Aprile 2013 Jason Collins ha scelto di uscire allo scoperto. Dopo anni di repressione, anni in cui ha dovuto forzare se stesso, fingendo di essere ciò che non era, Jason ha fatto coming out. Ha dichiarato la propria omosessualità a mezzo stampa. Il primo giocatore ancora in attività a dichiararsi tale. Nello sgomento della sala stampa, un piccolo mattone sulla via della parità dei diritti è stato messo da questo giocatore afroamericano. 


Stanco, frustrato dalla bugia in cui viveva, ha scelto di tracciare la strada, di non sottostare al machismo oppressivo della lega dei più alti del mondo. Il terrore nella famiglia, che temeva le ripercussioni, il sorriso sul volto dei giornalisti, che vedevano una gallina dalle uova d’oro. Ciò che non ti aspetti dalla lega e dai giocatori: comprensione. Tutti i giocatori, tramite profili social, tramite messaggi, pacche sulle spalle e dichiarazioni a mezzo stampa accolgono con favore la scelta di Jason. Il coraggio di un uomo che ha saputo dire basta. 

Lo sgomento della sala stampa è lo stesso del fratello, gemello, di Jason, Jarron, anch’egli giocatore NBA. ‘Non lo sapevo’. Dover mentire quotidianamente a chiunque pur di non rivelare il proprio io più profondo.
La NBA non è la FIGC, David Stern non è Tavecchio. 
Dal 30 Aprile, Jason torna a essere ciò che era 24 ore prima: un essere umano. 
Un lieto fine.
Quando ‘coraggio’ non è solo prendere l’ultimo tiro, ma vivere sfidando i pregiudizi.


Ci sono storie positive, storie di comprensione e, purtroppo, racconti che mettono in luce la cattiveria del mondo. A Jason Collins andò bene, Justin Fashanu, invece, non fu così fortunato.
Justin era un centravanti inglese, fratello del più noto John, amato da Peo Pericoli (Teo Teocoli) e dalla Gialappa’s Band nei primi anni 90’, Fashanu passò la sua carriera diviso tra Premier League e serie minori, con un anno a Los Angeles. Un attaccante decente, nessuna qualità calcistica particolare, una lenta ascesa frenata da chiacchiere e rumors, frequentazioni 'inusuali'. Un caliatore normale, un coraggio, invece, fuori dal comune.


Nel 1990 fu il primo calciatore in attività a dichiararsi omosessuale. Come Jason scelse di uscire dall’ombra per vivere come se stesso, e non più come il prodotto che lo sport inglese voleva.
Justin come Jason, la Premier non come l’NBA. Un mondo diverso, un mondo non ancora pronto ad accettare il diverso come ugualmente corretto. 
Justin viene deriso, umiliato. Emarginato dai compagni, dalla comunità nera inglese, che per lui non conosce altro che disprezzo: ‘un affronto alla comunità nera, un danno d'immagine. Patetico e imperdonabile’, ripudiato dal fratello John. Il mondo di Justin si disintegra sotto i suoi piedi, il coraggio lascia spazio al dolore. La carriera di Justin in Inghilterra è giunta al termine. Emigra negli Stati Uniti, con la speranza di non essere più ‘l’omosessuale nero’, ma solo Justin. 

Qualche anno di pace, le scarpette appese al chiodo e una nuova carriera di allenatore. Poteva essere l’inizio della rinascita, è stato l’inizio della fine.
Il 25 Marzo 1998 Ashton Woods lo denuncia per stupro. L’onta della vergogna nuovamente su di lui. Justin scappa, sostiene la propria innocenza, la consensualità dell’atto. La polizia lo cerca, il mondo lo evita., come i Paria, un intoccabile. Il Maryland lo accusa, mentre le prove mancano. 
Il 3 Maggio il corpo di Justin Fashanu viene ritrovato impiccato in un garage di Londra. Tornare a casa per dire addio alla vita.
Vivere per essere se stessi, morire perché il mondo non ti accetta. 

Ci vuole coraggio a calciare un rigore al novantesimo, ma ce ne vuole di più per superare le barriere dell’ignoranza.


Due storie, due finali diversi. Lo stesso coraggio di chi vuole abbattere il muro. Jason e Justin, fratelli in un mondo di pregiudizio.
Perché per poter essere se stessi, a volte, bisogna avere un coraggio da eroi.


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