Massimiliano Mondello con i suoi 34 titoli assoluti è stato il giocatore italiano di tennistavolo più titolato di tutti i tempi.
Ha vinto 10 titoli italiani individuali assoluti, 8 nel doppio maschile, 5 nel doppio misto, 11 scudetti nella seria A1.
Massimiliano Mondello, a livello internazionale, è stato medaglia d'argento di doppio con Lorenzo Nannoni ai Giochi del Mediterraneo del 1993; ha raggiunto con la Nazionale italiana il terzo posto nei Campionati mondiali del 2000 a Kuala Lumpur, risultato più prestigioso mai raggiunto dall'Italia nel tennistavolo. A squadre ha raggiunto 2 finali e 2 semifinali di Coppa Campioni.
Ciao,
per iniziare vorrei chiederti se secondo te esistono delle doti
mentali che caratterizzano il buon giocatore di tennis tavolo. Cosa
ne pensi?
Secondo me, nel tennis tavolo,
come in tutti le discipline, ci deve essere il giusto approccio allo
sport professionistico. Fare sport a livello amatoriale e a livello
professionistico sono due cose molto diverse.
Quando giochi a livello
professionistico devi essere pronto a gestire momenti di alta
tensione. In campionati europei, mondiali e Pro Tour la testa diventa
un fattore molto importante. Conta per il 70/80%, a mio parere, nel
tennis tavolo.
Ciò che fa la differenza nel
mondo professionistico è proprio la testa e il saper avere il giusto
approccio allo sport e alla vita professionistica. Se non riesci a
stare concentrato e non sei capace di reggere stress intensi o a
lungo termine troverai molte difficoltà nel professionismo. La
tecnica può essere migliorata e modificata, ma non basta.
Puoi fare un buon torneo, ma se
non hai la testa non riuscirai ad avere la giusta continuità per
farne 10 di fila. La continuità è un ingrediente importante per
diventare un giocatore di alto livello.
Esistono
aspetti mentali che differenziano i più forti giocatori al mondo da
giocatori buoni?
Come dicevo prima l'aspetto,
secondo me, cruciale è il saper mantenere la concentrazione su un
arco temporale di lungo termine.
Ci sono diversi giocatori
capaci di fare un buon torneo, mentre il campione è capace di
giocare bene per tutto l'anno. Il campione sa andare sempre avanti,
sa vincere sempre. La concentrazione del campione è alta in ogni
match ed è per questo che riesce a portare a casa spesso buoni
risultati.
Esistono
dei pensieri o dei tranelli mentali che possono danneggiare questa
continuità di concentrazione?
Certamente. Un atleta può
trovare in ogni momento dei tranelli, sia nella vita quotidiana come
nello sport. Quando giocavo mi accorgevo che c'erano momenti in cui,
non riuscendo ad esprimere il mio gioco, andavo in confusione. Andavo
in tilt.
E' in momenti come questi che
devi essere bravo, devi saper reagire, riuscendo comunque a portare a
casa risultati importanti. Per questo motivo ti dico che secondo me
la testa è così importante nello sport.
A livelli alti puoi anche
essere un fenomeno, ma se non hai una buona testa a supportarti, non
diventerai mai un gran giocatore.
Mi
raccontavi che ti è capitato di andare in tilt, perchè non riuscivi
ad esprimere il tuo gioco. Come si gestisce durante un match una
situazione simile?
Credo ogni atleta abbia un suo
modo particolare di reagire. Io quando giocavo male o ero in un
periodo in cui non riuscivo ad esprimere il mio gioco, cercavo di
colmare quel gap con la grinta. Iniziavo a urlare come un pazzo,
cercavo di mettere gli attributi sul tavolo. Colmavo le mie
difficoltà con l'aggressività sportiva.
Conosco giocatori che quando
vanno in tilt non riesci a smuoverli nemmeno con le “cannonate”.
Per mesi e mesi si piangono addosso, senza riuscire a rialzarsi. Io,
avendo un carattere forte, riuscivo a uscire dalla negatività con la
grinta, gli attributi e l'aggressività sportiva.
Una
curiosità. Sei così anche nella vita quotidiana o solo nello sport?
Io sono un ragazzo allegro e
vivace, con un temperamento forte. Anche nella mia accademia cerco
sempre di associare lavoro duro al sorriso. Non mi piace essere
nervoso coi bambini in palestra. Voglio che i bambini crescano con il
lavoro duro, ma anche sapendosi divertire.
Da
insegnante, quali credi siano i tratti che fanno capire che un
bambino è predisposto per il tennis tavolo?
Si nota subito quando un
ragazzino è portato. Ha già un gioco e non vuole perdere. A
Cagliari c'era un ragazzino che qualsiasi sport facesse, anche
biglie, voleva vincere, già si vedeva che aveva la mentalità
vincente. Non a caso oggi è in nazionale e sta giocando molto bene.
Quando ti accorgi che un
ragazzino è portato devi cercare di farlo esprimere in tutti i modi
possibili a livello tecnico. Fin da piccoli si nota chi ha la
mentalità vincente e chi meno, seppure con il lavoro si può andare
a colmare questi aspetti. Io anche se un ragazzino non è portato per
lo sport, cerco comunque di insegnargli tutto quello che posso
insegnargli.
Secondo
te un giocatore che non ha questa mentalità vincente può comunque
emergere nel tennis tavolo?
Si e no. Credo che per
raggiungere obiettivi alti, come mondiali, olimpiadi ed europei, la
mentalità vincente sia un requisito essenziale.
Per obiettivi meno sfidanti, di
livello nazionale o regionale, anche un giocatore senza mentalità
vincente può trovare il suo spazio. Se non hai la mentalità giusta
puoi diventare un buon giocatore, ti è però precluso l'accesso a
livelli alti.
Una
curiosità.... ti è mai capitato di provare la paura di vincere in
partita?
Si e posso farti un esempio. In
un Pro Tour in Italia avevo 2 match point a favore contro Wladimir
Samsonov,
giocatore bielorusso in quel periodo tra i primi 3 al mondo e più
forte giocatore europeo.
Me
lo ricordo ancora come se fosse ieri. Mi sono bloccato fisicamente e
mentalmente. Speravo che lui sbagliasse il colpo o commettesse un
errore, ma a quei livelli purtroppo non si sbaglia.
Se
penso a quella partita provo ancora fastidio. Poteva essere un
tassello importante nella mia carriera sportiva. Certo non avevo 7
match point, ne avevo 2, ma comunque ho perso. Quella volta ho avuto
paura di perdere, ma lo sport va così.
Se
dovessi dare un consiglio a un tuo allievo per gestire un momento
come quello che tu hai vissuto, che consiglio daresti?
Io
so come ci si sente in quei momenti ed è dura, vedi tutto buio.
Posso dirgli di spostare la mente dalla paura, di non pensarci troppo
e di provare a divertirsi, ma è difficile! Sai non saprei cosa
dirgli perchè in quei momenti è veramente dura!
Ti
è capitato spesso di provare paura di vincere?
No,
sono stato un giocatore dal temperamento allegro, con una certa
cattiveria agonistica e a parte la partita con Samsonov non ho mai
avuto paura di vincere. Sono stato un giocatore che non ha mai avuto
paura di niente e di nessuno. Non mi incutevano timore il pubblico,
il posto o gli avversari.
Se
pensi alla tua carriera sportiva fin da quando eri ragazzino, c'è
una frase detta da un genitore, un famigliare, un allenatore, che
senti ti abbia caratterizzato come giocatore?
Da piccolo, un mio ex
allenatore mi chiamava mano di pietra. Giocavo talmente duro che la
palla diventava pesante. Avevo un gioco “ignorante”. Essere
chiamato mano di pietra mi dava carica, mi infondeva fiducia.
Questo allenatore, Patrizio
Deniso, attuale allenatore della nazionale, me lo ripeteva ogni
giorno ed ho proprio il ricordo di come mi caricava sentirgliela
pronunciare.
Quanti
anni avevi in quel periodo?
Diciamo dagli 11 ai 22/23 anni.
Quindi
tu eri mano di pietra...
Si al centro federale di Fiuggi
mi chiamavano “l'Enfant Terrible, mano di pietra”. Ero piccolo e
molto magro, ma quando giocavo facevo male. Il mio gioco era pesante
e ignorante.
In
che modo questa ignoranza sportiva ti aiutava durante i match?
Non avevo paura degli
avversari, come del pubblico. Anche se c'erano 500 persone a
guardarmi giocare, non sentivo la pressione. Avere un'ignoranza
sportiva mi ha aiutato a prendere di petto gli avversari. Andavo,
giocavo e vincevo.
Ci
sono state delle situazioni in cui secondo te ti ha svantaggiato?
No, perchè è sempre stata
un'ignoranza sportiva positiva. Sono un ragazzo fondamentalmente
buono.
C'è
qualcosa che non ti ho chiesto che ti piacerebbe raccontarmi?
Ho iniziato questo sport da
piccolo e l'ho sempre affrontato con grande passione. La cosa che
insegno ai “miei piccolini” è di divertirsi, che il resto accade
da sè. Se hai talento, quando ti diverti, esce sicuramente. Se
cresci divertendoti, ma anche pensando che un domani vorrai fare un
qualcosa, questa secondo me è la mentalità giusta.
Da allenatore devi avere la
capacità di stimolare i ragazzi facendoli divertire, senza esagerare
con il “tu devi”. Se poi ti accorgi che c'è un atleta
particolarmente talentuoso, allora lo fai lavorare tecnicamente su
tutti gli aspetti che possono essere affrontati in una palestra.
Un'ultima cosa importante è la
costanza. Un atleta non si può allenare solo una volta a settimana.
Ha bisogno di essere costante se vuole ottenere dei risultati.
Stai
sottolineando l'importanza del divertimento. Per te lo sport è
sempre stato un divertimento o ci sono stati momenti in cui per te è
stato prevalentemente un lavoro?
Quando giocavo e giravo con la
nazionale, io mi divertivo! Fare sport non equivale ad andare in
miniera. Fare sport ti permette di viaggiare in tutte le parti del
mondo e ti fa conoscere persone sempre differenti. Ho potuto
conoscere con i miei occhi cose che non avrei scoperto nemmeno
studiando.
Io mi sono sempre divertito e
credo di non aver mai considerato il tennis tavolo come un lavoro.
Certamente ho avuto l'occasione di guadagnare e di mandare così
avanti la mia vita, ma credo che il lavoro, nel vero senso del
termine, sia un'altra cosa.
Un
momento difficile durante la tua crescita sportiva?
Io vivevo in Calabria e a 11
anni mi sono dovuto trasferire a Fiuggi. Se pensi che un ragazzino a
11 si deve trasferire a 700 km dalla propria famiglia, capisci quanto
sia dura. Mi ricordo che per me è stata durissima.
Grazie di cuore per queste lezioni.
RispondiEliminaUn campione in tutti i sensi, saluti Max
Hai ragione, è stata un'intervista molto interessante ed arricchente :)
EliminaParole da vero campione! Lo sport insegna molto, è proprio vero, soprattutto perché ti mette in situazioni difficili da cui si esce fuori soltanto con la grinta. Tutte le attività che richiedono sacrificio fanno si che alla fine un individuo conosca se stesso e diventi migliore, più forte, più potente, più vivo.
RispondiEliminaAlfredo
Alfredo, grazie mille per la tua riflessione ;)
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