martedì 18 ottobre 2016

Ullrich vs. Armstrong: gocce di Tour


26 Luglio 2003. La pioggia battente sconvolge il nord-ovest della Francia, mentre la carovana gialla del Tour de France si avvia all’ultima battaglia.
Lance Armstrong contro Jan Ullrich, Stati Uniti contro Germania, in un capitolo conclusivo che sa di resa dei conti.
Negli anni precedenti, il cowboy aveva avuto sempre la meglio sul panzer. L’aveva staccato, disgregato e sportivamente umiliato, mentre inanellava Tour de France come se fossero pendagli.
Una vittoria dopo l’altra, uno strapotere giunto al suo quinto atto. Prima che tutto fosse dato in pasto ai media, prima che le vittorie venissero cancellate dal doping.
Jan Ullrich non è mai stato un professionista esemplare, e non solo per il coinvolgimento nell’ ‘Operacion Puerto’.
Svogliato, pigro, poco incline a un’alimentazione da sportivo, era un corridore dotato di talento, ma con poca fibra morale.
15 kg in sovrappeso a inizio stagione, la speranza di perderli in corso di gara, l’amore per i night club. Ullrich è stato il primo avversario di se stesso.
Una vittoria e quattro secondi posti, fino a quel momento.

Lance, invece, era una macchina. Mentalmente e fisicamente, un cyborg dominante in grado di vincere quattro Tour consecutivi.
26 Luglio 2003. La pioggia diventa torrenziale, Armstrong non al meglio, Jan che mulinava incessantemente i pedali. Pochi chilometri di distanza da un sogno per il tedesco, da un incubo per lo statunitense. La pioggia e l’asfalto viscido.
Pochi secondi a vantaggio di Armstrong, un soffio di vento.
Qualche giorno prima, il 21 Luglio, con il gruppo diretto a Luz Ardiden,uno dei capitoli più emozionanti della loro rivalità.
Ultima salita, Armstrong attacca. Iban Mayo nella sua scia, Ullrich subito dietro. L’Americano insiste, i rivali rispondono, ma il forcing sembra poter essere efficace. Lance è al massimo sforzo, non si accorge di un sacchetto giallo davanti a se. 


Cade rovinosamente. Ullrich passa, il ritmo è alto. Può attaccare e infliggere il colpo del KO all’avversario, già piegato durante la precedente cronometro. Eppure è titubante, non vuole vincere così. Vuole dimostrare di essere il più forte pedalando, non approfittando delle difficoltà del rivale.
Non insiste, rallenta, mentre Tyler Hamilton convince il gruppo ad aspettare il Texano. L’onore prima della vittoria.
Armstrong rientrerà in gruppo e libererà tutta la sua furia agonistica, vincendo in solitaria. Guadagnando quei secondi che poi si riveleranno essenziali.
Il 26 Luglio, a pochi chilometri dal termine, il risultato è in bilico.

Ullrich vola, si sta giocando il tutto per tutto. Le curve sembrano non esistere, mentre chinato sulle appendici aerodinamiche sembra andare più veloce del cronometro.
Troppo veloce, una rotonda gli fa perdere l’anteriore ed è un freddissimo e umido contatto con il suolo. La maglia si apre, il tempo sembra fermarsi ancora. Si rialza e risale in sella, ma la tragedia ormai è compiuta.
Armstrong s’invola, il ghigno di chi ha appena vinto ancora.
Un minuto li dividerà sui Campi Elisi. Un minuto per un Tour de France, ma la consapevolezza di aver saputo mettere l’onore davanti al trionfo.
Gli scandali hanno colorato di dubbi le vittorie, ma le emozioni di quel 26 Luglio rimarranno sempre nella memoria di chi ha assistito a una delle cronometro più avvincenti della storia del ciclismo.
Jan Ullrich, a un passo dal sogno.

‘Voglio solo le vittorie ottenute in bicicletta, non quelle a tavolino’


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