L'autoefficacia
è uno dei concetti più importanti e più nel mondo sportivo. Da Molt (2005) viene definita un meccanismo cognitivo che media la motivazione, la perseveranza,
l’attivazione emotiva e il comportamento.
L'esito che deriva da tale meccanismo influenza la
percezione che l’atleta ha delle proprie capacità, delle proprie
competenze, delle proprie risorse, nel saper affrontare e superare
efficacemente gli ostacoli posti tra lui e la meta, accrescendo o
diminuendo le possibilità di raggiungere il successo nell'esecuzione di un compito o di una competizione sportiva.
L'autoefficacia viene indicata da Bandura (2001a, 2001b), padre del concetto di autoefficacia, come uno dei principali predittori del successo sportivo. Gli atleti, in relazione al loro senso di autoefficacia, vengono influenzati nella scelta delle attività da intraprendere, nello sforzo profuso, nella capacità di far fronte ad avventi avversi e nel saper resistere alle difficoltà influenza, nei pensieri, nelle motivazioni, nelle prestazioni, nei livelli di attivazione. La ricerca condotta in ambito sportivo ha dimostrato come livelli prestativi ottimali sono associati ad elevati stati di autoefficacia (Feltz,1982).
Gli atleti con un’alta autoefficacia partono normalmente con la convinzione di poter raggiungere gli obiettivi prefissati, accrescendo di volta in volta il proprio senso di efficacia ad ogni obiettivo raggiunto, come in un circolo virtuoso (Cei, 1988). Il riuscire, inoltre, a prefigurare se stessi come atleti di successo diventa una sorta di attrattore, un canalizzatore di energie, che guida i comportamenti, i pensieri e le emozioni sperimentate, oltre a divenire un supporto protettivo nei momenti difficili. Anche per questi aspetti, nel momento in cui si presentano possibili ostacoli l'atleta autoefficace riesce ad affrontarli con maggiore motivazione, attenzione e concentrazione, favorendo il superamento degli stessi e generando ulteriormente un senso di autoefficacia.
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