lunedì 18 gennaio 2016

Dialogo col campione - Gianni Bugno

Gianni Bugno è stato uno dei ciclisti italiani più forti della storia recente e passata.

Capace di essere competitivo e di vincere nelle classiche di un giorno come nelle corse di tre settimane. In carriera ottenne più di 70 successi.

Gianni Bugno annovera nel suo palmares due titoli iridati nel '91 e nel '92; un giro d'Italia nel '90; una Milano-Sanremo e un giro delle Fiandre.




Ciao Gianni, ora lavori come elicotterista e hai cambiato settore professionale. Credi che l'attività da sportivo professionista ti abbia in qualche modo formato e preparato per il mondo del lavoro “tradizionale”?

Secondo me il ciclismo è una parte della tua vita. Una parte che ti insegna a lottare per ottenere e raggiungere un obiettivo. Se hai già imparato questo, nel mondo del lavoro puoi avere dei vantaggi. Sai lottare senza escamotage.


Quindi questo è il lascito principale del ciclismo?

Inizi a praticare ciclismo quando sei giovane e lo fai perché ti piace. Non è una scelta motivata da ragioni che vanno oltre al divertimento. Hai quell'ingenuità che ti porta ad affrontare le cose solo per il piacere di farle. A 10 o 12 anni il ciclismo non diventa una scelta di vita. Poi, gli anni proseguono, ti trovi a lottare con gli altri e continui a lottare.
Questa è la genuinità dello sport! Tu lotti per ottenere qualcosa che ti piace. Forse non è proprio una lotta, ma è un confronto con te stesso e con degli avversari. Questi avversari fuori del mondo dello sport possono diventare anche tuoi amici.

Quali erano gli aspetti del ciclismo che ti davano soddisfazione?

Innanzitutto, mi trovavo insieme a colleghi che condividevano con me lo stesso sport e la stessa passione. Poi, il ciclismo mi permetteva di girare. Non solo il girare per degli avvenimenti, ma proprio il poter girare in bicicletta. Secondo me questa è la cosa più importante, perché se a una persona piace la bicicletta ama muoversi.
Inoltre, la bici ti rende autonomo. Non devi dipendere da mezzi a motore o da persone che ti accompagnano. Con la bicicletta puoi fare tutto. Questo è quello che facevo 40 anni fa. Anche oggi se vuoi muoverti a Milano in modo autonomo, senza spendere, potendo entrare in zone limitate e senza inquinare, l'unico mezzo possibile è la bicicletta.

Al termine termine dell'attività professionistica ci sono delle difficoltà per un atleta?  

Sicuramente. Il problema più grosso consiste nel fatto che tu vivi la tua vita pensando che sia solo questa, ma invece la tua vita continua. Se vuoi fare lo sportivo puoi durare fino a 30/35 anni, ma poi ti rimangono almeno la metà degli anni ancora da affrontare.
Uno sportivo ad alto, medio o basso livello, al termine della sua carriera deve continuare a fare qualcosa. Deve credere in qualcosa e deve sperare di trovare qualcosa. Il problema è che quando chiudi la tua carriera hai 30 anni e hai un gap di 10 anni con quelli che hanno studiato o hanno iniziato a lavorare. Oggi forse non è più così, perchè con l'università si inizia a lavorare molto in la con l'età, però il problema è questo.
Hai vissuto in un mondo che è rimasto sempre lo stesso. Tu ti dedichi allo sport, ti dedichi ad una disciplina in cui credi e dai il massimo di te stesso. Non pensi ad altro.

Secondo te ci sono delle competenze che possono aiutare nell'affrontare questo passaggio?

E' importante avere delle passioni e credere in qualcosa. Oltre a questo aspetto bisogna essere consapevoli che prima o poi tutto finisce e che dovrai quindi ricominciare da capo. Quelli che prima erano tuoi amici, dopo spariscono.
Quando sei sulla vetta tutti ti osannano, ma quando scendi dal piedistallo perdi tutti. Rimangono soli i veri amici. Magari hai contato su alcune persone per continuare continuare la tua strada e poi queste persone non esistono più, mentre rimangono i veri amici che possono darti dei consigli.
Devi quindi credere in te stesso e negli amici veri.

E' quindi un passaggio complicato?

No, non è complicato. E' traumatico, ma è un passaggio. Passi dalla vita fatta in un certo modo, alla realtà della vita. Magari fino a 30/35 in questa realtà non ci sei mai stato e devi perciò cominciare da zero, cambiando i tuoi parametri e tutto il resto.

Ripensando alla tua attività da sportivo, credi ci sia stata una frase detta da una persona per lei significativa (genitore, insegnante, allenatore, ds) che ti ha caratterizzato e influenzato in qualità di atleta?

No non c'è mai stata una frase particolare. Bisogna contare molto su se stessi e fidarsi degli amici, quelli veri. Questo è importante per capire che tutto inizia e tutto finisce e che bisogna saper lottare.
Il ciclismo e lo sport in generale ti insegnano a lottare e a confrontarti con gli altri. Questo aspetto è importante per quando entrerai in un mondo diverso dal tuo. Non ti devi mai arrendere e devi pensare che tu, lottando e soffrendo, puoi arrivare dove sono arrivati gli altri. Credo questa sia una cosa normale e credo venga insegnata dallo sport.
Poi come ti accennavo inizi a fare sport quando sei giovane, quando hai una passione e sei ancora genuino. Non sei quindi manipolato. Sei completamente te stesso. Quindi ti piace e per te è un gioco, un divertimento. Smette di essere uno sport, quando senti che per te non è più un gioco, non è più un divertimento. Quando inizi a pensare ad altre cose e non ai tuoi allenamenti e alla tua vita da sportivo smette di essere quello che era all'inizio.

Quando avviene questo passaggio?

Avviene quando stai per smettere. Quando ti accorgi che la tua disciplina non ti piace più e non riesci più a divertirti. Non sei più attaccato alla tua passione e diventa per te un sacrificio.
Lo sport non è sacrificio. Quando per te diventa un sacrificio, allora comprendi che non è più quello che è sempre stato per te. In quel momento è meglio smettere con la bicicletta, e con lo sport, e cominciare una nuova vita.
Questa nuova vita sicuramente ti sembrerà più facile, perché non ci sono allenamenti da fare. Ti troverai, però, di fronte a una sfida diversa, dove dovrai lottare in maniera diversa.

Per tutta la carriera professionistica il ciclismo rimane una passione, un divertimento, anche se diventa un'attività lavorativa?

E' sempre un divertimento lo sport. Lo sport è divertirsi! Può diventare un lavoro, una professione, ma è ciò che cerchi! Nessuno si mette a fare 200 km in bicicletta unicamente per divertimento. Lo fa solo se è una professione.
Il ciclismo fatto ad alto livello deve proprio piacerti e, oltre a piacerti, devi avere anche le doti per poterlo fare.

Quali sono queste doti?

Il voler emergere sugli altri, che poi diventa una competizione. Il competere con gli altri diventa poi un divertimento. E' come giocare a ruba bandiera.
Noi eravamo in tre bambini da una parte e tre dall'altra. Un bambino stava in mezzo con la bandiera e il divertimento era portare via la bandiera all'altro. Per fare questo dovevi correre più forte dell'altro e se riuscivi a portare via la bandiera avevi vinto. Chiaramente questo era, però, un sforzo.
Il ciclismo non è giocare a ruba bandiera, però anche lui implica uno sforzo notevole e fa divertire. Se riesci a trovare piacere nel voler emergere sugli altri, sempre in considerazione della tua età e del tuo livello, allora il ciclismo ti fa divertire.

A livello caratteriale ci sono degli aspetti che contraddistinguo una persona portata per il ciclismo?

Io parlo di ciclismo, ma credo questi aspetti valgano per tutti gli sport. Quando parli di uno sportivo ti riferisci a una persona tenace, con voglia di fare, che sa confrontarsi e senza mollare, che vuole ottenere sempre il massimo facendo una vita sana e che sa perseguire un obiettivo attraverso un percorso fatto di allenamenti.
Quando sei uno sportivo devi dimenticarti in parte il contesto di vita in cui sei inserito. A 18 anni se i tuoi amici vanno in discoteca, tu non ci vai. Devi pensare agli allenamenti e se studi non hai tempo di fare altro. La mattina vai a scuola, devi studiare e poi hai gli allenamenti. Devi organizzarti la vita anche se hai 15 anni.
Mi ricordo di quando andavo a scuola e per poter avere tempo sufficiente per studiare, mangiare e fare gli allenamenti, dovevo prendere la bici, la mia graziella. Se fossi andato a scuola col pullman invece di tornare alle 13.15, sarei tornato alle 14.15 e per me questo avrebbe significato perdere un'ora. In quell'ora riscivo a mangiare e studiare mezz'ora. Per questa ragione io tutti i giorni andavo a scuola in bici.

Lo sport è un modo per crescere prima degli altri?

No, per darti degli obiettivi. La vita in fondo è un obiettivo. Tu ti poni degli obiettivi e vuoi raggiungerli. Forse questo lo sport lo insegna, anche se non ne sono pienamente sicuro.

Il sapersi dare degli obiettivi?

Si. Dirsi io voglio fare questo, io voglio ottenere questo, io voglio entrare in condizione in quel periodo. Sono obiettivi che ti dai ed è lo sport ad insegnartelo. Poi come ti dicevo ti toglie dalla vita normale. Il problema dello sportivo qual'è? Che all'inizio fa prima quello che fanno gli altri, poi quando rientra nel mondo normale si trova di fronte a gente, che magari lavora da 10 anni e con cui tu non puoi competere perchè ha più esperienza di te. E' come se io e te ci diciamo: tu ti metti qui a lavorare col computer a 20 e io mi metto a 30 anni e vedi la differenza. Non sto parlando di fare sport o una disciplina, sto parlando di un computer.
E' come scrivere... Tu ti allontani dal mondo reale, entri in un altro mondo, un altro business e tu diventi uno sportivo, non uno che sta nella stanza dei bottoni. Non sei un presidente e quando finisci la tua attività sei messo li allo sbando. Se non vieni riciclato nel tuo mondo vieni buttato fuori e devi ricominciare da capo. Se hai la fortuna di porti degli obiettivi, forse ci riesci. Altrimenti diventa decisamente più dura.
Quanti calciatori diventano allenatori? E' facile fare l'allenatore dopo aver fatto il calciatore, ma quanti di questi possono farlo? Così vale in tutte le discipline. Se tu fai sport ad alto livello non hai la possibilità di studiare e di andare avanti, perchè non c'è la mentalità di dire "c'è un atleta di alto livello, mandiamolo avanti anche professionalmente". Insegniamoli qualcosa, insegnamoli a studiare per ottenere degli obiettivi. Cosa che magari fanno in America, ma da noi non c'è questa mentalità. Se vuoi studiare qua devi essere al livello degli altri, però se tu non hai tempo sono affari tuoi

Sarebbe molto utile...

Si perchè tu hai degli atleti ad alto livello che entrano nelle forze armate e in quel caso hanno la possibilità di fare carriera. Però si fermano li. Quante discipline fanno questo?

Immagino poche. Capisco che è un passaggio molto delicato...

Che è un passaggio molto delicato si sa, perchè non è facile entrare oggi come oggi non ti parlo di 40 anni fa, 40 anni fa sarebbe stato più facile entravi nel campo delle assicurazioni. C'erano più possibilità. Oggi come oggi che possibilità ci sono? Il mondo del lavoro è scremato, ci sono poche possibilità di lavorare. Se poi non hai esperienza cosa fai? I 50enni sono troppo vecchi per lavorare, ma sono troppo giovani per andare in pensione. Questo è il concetto. tu prendi un 35enne che smette di fare sport e poi cosa fa che non ha esperienza?

Per questa ragione ti chiedevo se lo sport professionistico da un impianto caratteriale che poi può essere utilizzato...

Te lo da, te lo da! però lo sfrutti fino ad un certo punto, perchè tu devi avere già le idee chiare prima del tempo. Però tu non ti puoi impegnare perchè stai facendo un'attività ad alto livello. Sei un professionista. Conta anche la fortuna. Dici io faccio questo perchè sono portato per questo. Anche tu conosci le tue passioni e le tue qualità....

So che questo è un argomento importante ed interessante. Mi piacerebbe porti anche alcune domande legate più all'aspetti mentale durante le competizioni. Secondo te nella costruzione di una vittoria contano più la testa o le gambe?

Tutte e due! E' come chiedere se conta di più il corridore singolo o la squadra.

E se dovessi darmi una percentuale tra testa e gambe?

50 e 50! Perchè in certi momenti conta di più la testa mentre in altri contano di più le gambe. Il 100% è dato dalla convinzione di aver fatto i tuoi allenamenti al massimo e le gambe perchè devi essere preparato per affrontare quella gara. Io devo essere certo di aver affrontato gli allenamenti in una certa maniera e di aver affrontato la vita in una certa maniera, per poter raggiungere quell'obiettivo.
Non devo però aver un raffreddore, per essere in condizione di affrontare quell'impegno. Contano 50 e 50 e per vincere deve esserci il 100%.

Secondo te in quali corse conta di più la testa e in quali le gambe? In un grande giro, in una classica...

In tutte. Non puoi dividere una competizione da un'altra. Conta molto l'allenamento come conta molto la corsa. E in corsa, se tu l'affronti per vincere, devi dare il massimo di te stesso. Se vai per partecipare è un discorso, ma se vai per vincere devi dare il 100%.

Secondo te quando sei in una cronometro o sei a tutta in salita, quando stai dando il 100%, ci sono dei pensieri a cui ci si può rifare per trovare energie ulteriori?

No, non devi pensare. Quando c'è qualche pensiero significa che hai fatto qualcosa di non ben fatto. Tu devi essere convinto di essere al massimo della condizione. Devi essere sicuro di aver fatto il massimo e quindi che sei competitivo. Non puoi dire "mi metto a pensare"! Cosa vuoi pensare!
Io mi concentro su quello che sto facendo. Sto affrontando la salita, vedo dove c'è il tornante, non posso attaccare, vedo il punto dove potrebbe attaccarmi l'avversario e mi concentro su quello. Punto. Non devo pensare ad altro.

E questo sia se sei da solo sia se sei in gruppo?

Si, lo sport è concentrazione. Tu sai che quando parti, quando parti nelle corse, sai che ci sono momenti in cui stai bene e momenti in cui non stai bene. Nei momenti in cui non stai bene devi saper reagire, devi saper esser pronto e dire "ho fatto tutto per bene, quindi sono a posto" e non devi pensare al resto. Quindi io mi concentro su quello che ci sarà dopo, l'azione che ci sarà dopo...
Quando ti senti bene non è un problema, ma quando non ti senti bene e ti senti stanco. E' normale dopo 6/7 ore di corsa aver dei momenti altalenanti, momenti in cui ti senti un pò più stanco. Dici sono stanco ora mangio un panino o bevo qualcosa per tirarmi su, altrimenti non arrivo.

E hai sempre avuto questa abilità di riuscire a concentrarti in tutto e per tutto su quello che stai facendo o l'hai costruita nel tempo?

Io non ho abilità, io non ho mai detto questo. Semplicemente un atleta cerca di trovare il suo equilibrio. Può essere un abilità, come non esserlo. E' un equilibrio che tu vuoi raggiungere quando fai una competizione ad alto livello.
Devi trovare un tuo equilibrio che ti faccia dire che sei a posto per affrontare questa competizione. Non so se è una dote o una capacità, ma credo che l'abbiamo tutti nella vita normale.

Beh non è un aspetto così scontato, non lo è....

Io sono una persona normale che ha fatto qualcosa di cui era innamorato, uno sport che mi piaceva. Le ho dato il massimo di me stesso e lei mi ha dato il massimo. Il mio obiettivo era semplicemente dire io arrivo a quella competizione preparato per quella competizione. Durante la gara c'erano degli alti e dei bassi e tu dovevi saperti gestire.
Tu avevi dei compagni di squadra che ti dovevano aiutare. Tu eri il corridore che poi doveva fare la differenza e ti dovevi concentrare su quello. C'erano volte che andava bene e volte che andava male. Non ho fatto nulla di eccezionale, fa parte della vita. Ognuno di noi cerca di dare il massimo in quello che gli compete.

Hai corso in alcune delle maggiori squadre professionistiche, come Gatorade e Mapei, e hai vinto con la maglia della nazionale. Secondo te quali sono le doti caratteriali che deve possedere un direttore tecnico o un direttore sportivo?

Un direttore tecnico deve essere una persona che riesce a capire chi ha davanti e la squadra che dirige. Non dico debba essere uno psicologo, ma deve saper gestire un gruppo oltre a conoscere l'ambiente in cui si muove.
Alcuni atleti dopo essere stati corridori diventano direttori sportivi, ma non tutti sono dei bravi direttori sportivi. Questo passaggio non è semplice e non lo è soprattutto per quelli che sono stati degli atleti vincenti. Secondo me questi sono quelli che meno sanno gestire una squadra. Il capitano ragiona con la mentalità del capitano, che non può essere quella giusta per gestire una squadra.
La mentalità del gregario e del capitano sono due mentalità diverse e tu, da direttore tecnico, devi sapere gestire sia l'uno che l'altro. Un atleta che ha praticato ciclismo ad alto livello, conoscendo il campione e sapendo fare il gregario forse è il miglior direttore sportivo possibile. Questo gli permette di essere una via di mezzo.
Forse mi sbaglierò, ma se fai attenzione i migliori allenatori e i migliori direttori sportivi non sono stati dei campioni. Sono stati dei grandi gregari che hanno saputo fare il loro lavoro. Ora questi atleti sanno gestire una squadra meglio di tanti capitani.

Perché maturi delle doti nella tua attività sportiva che poi utilizzi come allenatore o direttore sportivo?

Si maturi delle doti. Un atleta può essere stato un grande corridore, che magari ha anche vinto diverse corse, ma, una volta arrivato a un certo punto della sua carriera, ha deciso di non fare il capitano e di fare il gregario. Un corridore di questo tipo nella sua carriera si è domandato "cosa serve per aiutare un capitano?", "cosa devo fare per stare con la squadra?". E' un regista! Un regista! Il vero direttore sportivo deve essere un regista. C'è un regista in corsa e un regista in ammiraglia. I migliori direttori sportivi sono stati registi e conoscono il meccanismo da tutti i punti di vista.

Non è detto che la squadra vada bene tutto il giorno e non è detto che il capitano stia bene tutto il giorno. Tante cose durante la gara cambiano, come anche tante tattiche possono cambiare e tu, in quei momenti, devi essere pronto.

INTERVISTA A CURA DI:
Cesare Picco autore del libro "Stress e Performance Atletica"

Psicologo/Psicoterapeuta e psicologo dello sport

6 commenti:

  1. Bellissima ed interessantissima intervista, Bugno un grande campione, le capacità di cambiare, di crescere, di adattarsi le insegnano lo sport ma solo i campioni veri le imparano davvero

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  2. Un campione fuori e dentro.
    Grazie di avercelo fatto conoscere

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  3. Un piacevole incontro con voi leggendo la bella intervista a Gianni Bugno.
    Per me che ho passato decenni in bicicletta da corsa e sulla sedia del terapeuta una bella sorpresa questo sito.
    Luciano Lodoli

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    1. Salve Luciano, gli apprezzamenti fanno sempre piacere. Quando sono espressi da un collega con esperienza, lo sono ancora di più. Posso chiederti come hai incontrato questo sito? Un saluto, Cesare

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