Martina Caironi è un'atleta paralimpica italiana, specializzata nei 100 metri-200 metri piani e nel salto in lungo.
Nel Palmares di Martina Caironi figurano: una medaglia d'oro nei 100 metri alle paralimpiadi di Londra del 2012; 3 medaglie d'oro ai mondiali (2 nei 100 metri e 1 nel salto in lungo) e una medaglia d'argento (salto in lungo)
Martina Caironi detiene il record mondiale nei 100 metri piani con 14"61' e nei 200 metri piani con 32"29'.
Nel Palmares di Martina Caironi figurano: una medaglia d'oro nei 100 metri alle paralimpiadi di Londra del 2012; 3 medaglie d'oro ai mondiali (2 nei 100 metri e 1 nel salto in lungo) e una medaglia d'argento (salto in lungo)
Martina Caironi detiene il record mondiale nei 100 metri piani con 14"61' e nei 200 metri piani con 32"29'.
Ciao
Martina, sei una sportiva di successo. Hai vinto 4 medaglie d'oro,
stabilendo anche dei record mondiali. Oltre ai risultati cosa
significa per te essere un'atleta di successo?
Credo
significhi rendere pubblica la mia immagine, potendo trasmettere un
messaggio alle persone che mi seguono o ad un pubblico.
Nello
specifico, essere una persona nota mi permette di spiegare a tutti
quanti cosa significhi essere un'atleta paralimpica e cosa significhi
fare sport con una disabilità. Ho l'opportunità di dire quello che
penso, che sento e in parte di influire su quello che pensa una parte
della società.
Parlare
di disabilità, abbinandola all'idea di forza che lo sport implica,
credo sia più semplice e permetta di togliere i tabù connessi a
questo argomento. Essere una sportiva di successo significa anche
questo per me.
Sono
consapevole che la mia condizione di sportiva di alto livello non
rispecchi i disabili che vivono i problemi quotidiani. Credo però
che tramite me sia possibile mostrare che si può parlare anche di
questo argomento.
Mi
hai detto che una parte connessa all'essere una sportiva di successo
consiste nell'avere la possibilità di trasmettere dei contenuti.
Quali sono gli aspetti che desideri trasmettere?
Che
è importante lottare quotidianamente per un obiettivo o per degli
obiettivi. Non fa differenza che questi siano connessi allo sport
agonistico o alla vita personale.
Tramite
il mio esempio posso comunicare agli altri che non devono demordere
di fronte alle difficoltà. Di difficoltà ne ho vissute tante e sono
consapevole del significato del dolore. Questo va fatto capire alle
persone.
Spesso
capita che la gente si perda in un bicchiere d'acqua o davanti a
difficoltà che in realtà possono essere risolte. Per me un problema
non è un ostacolo che mi blocca, ma è qualcosa che va semplicemente
risolto. Bisogna trovare il modo per risolverlo e poi andare avanti,
come capita con la disabilità.
Quando
mi sono trovata a diventare disabile, ero consapevole che le cose
sarebbero procedute lentamente. Poi ho capito che dovevo solo trovare
una via differente da, quella convenzionale, che rispecchiava quanto
avevo in mente rispetto alla vita. Una via per costruire qualcosa di
buono con ciò che si ha e, forse, per trovare la felicità. In
questo processo lo sport è stato importante, perché da li ho tratto
grande forza fisica e mentale.
Andando
oltre a possibili generalizzazioni, a tuo avviso esistono degli
aspetti mentali che un atleta olimpico, può imparare o dovrebbe
imparare da un atleta paralimpico?
Ho
avuto occasione di conoscere alcuni atleti olimpici, ma solo a
livello superficiale. Vedo però che, a livello mediatico, vi è
ancora una discrepanza tra il trattamento degli atleti olimpici e
paralimpici, anche se ci stiamo avvicinando ad una sorta di parità.
Una
cosa che credo possano capire è che sono dei grandi atleti, che
fanno tanta fatica, ma di base loro hanno "tutto in regola"
a livello fisico. Un disabile parte invece già da una condizione di
superamento di se stesso. Ogni mattina, prima di fare sport, un
disabile deve affrontare la sua disabilità.
La
mattina quando mi alzo e devo mettermi la protesi, se mi fa male la
gamba non posso nemmeno camminare. Chi è in carrozzina fa fatica ad
affrontare le scale. Tutto questo poi entra nella quotidianità e
smetti di pensarci. Per me è normale mettermi la protesi, come è
normale per un paraplegico salire sulla sua carrozzina e iniziare la
giornata.
Uno
sportivo olimpico questo credo non possa conoscerlo. Le sue priorità
saranno altre, come il dedicarsi completamente al proprio corpo e
alla "macchina" che sta creando.
Se
ci fosse una frase, detta da un genitore, un allenatore o da una
persona significativa, che ti ha caratterizzata come atleta, quale
potrebbe essere?
Ce
ne sono un pò. Dal punto di vista tecnico potrebbe essere una frase
detta da un mio allenatore, ovvero che la velocità inizia sotto i 15
secondi. Dal momento che ho abbattuto quel muro, posso dire di essere
finalmente veloce.
Ti
cito inoltre una frase che ho da poco letto in un libro di Saviano e
mi ha colpito particolarmente: "nessuno sceglie il suo destino,
però può sempre scegliere la maniera in cui starci dentro".
Questa frase parla del destino di una persona e mi riguarda da
vicino, perché io non ho potuto scegliere se perdere o meno una
gamba. Io non ho scelto di diventare disabile e, in un certo senso,
neanche di diventare atleta.
Tutto
è successo un pò per caso, ma poi ho scelto di metterci
dell'impegno, della determinazione e del coraggio, che mi hanno
portato ad essere un'atleta di successo e a continuare a vincere.
Questo perché non si vince solo con le gambe, ma anche con la
testa.
Quali
sono le caratteristiche che deve avere un atleta per essere vincente
di testa?
Secondo
me, e secondo la mia esperienza, nel momento della gara serve molta
concentrazione e per essere concentrato, sulla gara, non bisogna
pensare ad altro.
Prima
dell'evento c'è però la preparazione. In allenamento non devi
lasciarti abbattere dalla fatica. Quando il tuo corpo è affaticato
subentra la testa per ricordarti il tuo obiettivo e che per
raggiungerlo è necessario fare fatica. E' importante che un atleta
si renda conto di quanto sia necessario alzare l'asticella e di come
per fare ciò sia importante lavorare sulle piccole cose. Io mi
alleno tutti i giorni su questo aspetto, più di quanto faccia al
campo, perché ogni momento è buono per dirigermi in questa
direzione. Se riesci ad alzare l'asticella nelle piccole cose, poi
riesci a farlo di conseguenza anche nelle grandi. Questo può
significare sopportare di più determinate persone o situazioni,
avendo ben chiaro il tuo obiettivo.
Oltre
a ciò è necessario stare bene nella propria vita. Un atleta ha
bisogno di aver fatto i conti con tutte le sue contraddizioni e deve
essere felice di ciò che fa. Deve essere soddisfatto.
Gli
sport in cui eccelli sono la velocità (100/200m) e il salto in
lungo. Ti prepari in modo diverso nel pre-gara, a livello mentale, in
queste discipline? Come ti prepari?
Tra
le due discipline c'è una notevole differenza. I 100 metri sono una
gara esplosiva che dura pochissimo, tutto è concentrato in quei
pochi secondi tra l'ingresso in campo, i blocchi, i comandi e la
partenza. Sono pochi momenti. Nel salto in lungo la gara dura di più,
ci sono 3 salti e poi altri 3 se vai in finale, per un totale di 6.
Devi mantenere la concentrazione per più tempo e non devi farti
distrarre dal pubblico in tribuna o dalle sensazioni.
Durante
questo tempo, devi stare molto focalizzato sul tuo corpo, per capire
se stai sbagliando qualcosa quando prendi la pedana. Può capitare
che la pista sia più veloce di quanto pensavi e non riesci a
prenderla al meglio al primo colpo. Hai bisogno di fare delle prove
all'inizio della gara per sentire le tue sensazioni a riguardo.
L'abilità
di riuscire ad ascoltare il proprio corpo viene un pò con
l'esperienza. A Londra ho fatto anche il salto in lungo, ma è stata
un'esperienza complicata. Lo praticavo da poco, avevo fatto pochi
allenamenti e sono, addirittura, arrivata a staccare con il piede
sbagliato. Non conoscevo la pista e non sapevo come comportarmi. Ora
ho più esperienza e va decisamente meglio.
Comunque
ciò che differenza il salto in lungo dalla discipline veloci credo
riguardi le tempistiche e il saper mantenere l'attenzione per più
tempo, richiedendo così uno sforzo maggiore.
Nel
salto in lungo, quando si stacca e si è in volo, esistono dei
pensieri che rendono più leggeri e pensieri che rendono più
pesanti?
In
realtà nel momento dello stacco io non riesco a pensare. Tutto va
talmente veloce... La mente non riesce a dedicarsi ad un pensiero,
non fa in tempo. La rincorsa è un "caricarsi". Sei una
molla che si carica e nel momento esplosivo stacchi e sei in volo. In
quel momento è importante tenere i muscoli belli compatti e in
particolare gli addominali.
Durante
gli allenamenti gli allenatori mi dicono di salire e di toccare il
cielo con le mani, cercando di superare un ostacolo, andando così
verso l'alto. La velocità ti porta ad andare verso il lungo, ma è
anche importante fare la parabola e salire.
Il
pensiero non avviene nel momento dello stacco, me prima. Avviene
quando ti stai concentrando durante la rincorsa. In quel momento devi
avere in mente ciò che andrai a fare, perché una volta partito per
la rincorsa e per il salto non hai tempo per pensare. Se in quel
frangente pensi, ti distrai e rischi di fare un casino.
Quindi
è meglio non pensare in certi momenti?
Più
che altro è impossibile! Per fare bene una cosa bisogna farla e
basta! C'è però un procedimento a monte. Quando vuoi raggiungere
una meta, hai bisogno di prendere una mappa e individuare la meta, il
percorso e poi partire per il tragitto. Una volta che mi trovo alla
meta non mi domando come ci sono arrivata, ma sono li e basta.
Sei
una sportiva donna. Secondo te esistono aspetti mentali che
caratterizzano le donne che praticano sport e che possono
differenziarle dagli uomini? Cosa ne pensi?
In
generale vedo che le donne riescono a fare tante cose
contemporaneamente, più di quanto fanno normalmente gli uomini,
intesi come maschi. Credo però sia uno stereotipo, abbastanza
grossolano.
Forse
un'atleta donna può essere più condizionata dai cicli ormonali,
rispetto a un maschio, e da un'emotività più spiccata. Credo però
che anche questo aspetto sia molto soggettivo. Conosco alcuni
sportivi uomini che sentono molto le gare. In allenamento sono
pazzeschi, ma in gara non riescono a reggere la tensione. Di contro
conosco sportive donne che in gara riescono a gestire la tensione e
dire la loro. Preferisco non fare questa distinzione a priori, perché
il tutto è molto soggettivo e dipende dalle esperienze che una
persona ha vissuto.
Credo
che la gestione delle emozioni e della tensione connessa alle gare
sia un aspetto che vada allenato sia per gli uomini, che per le
donne.
Ti
posso chiedere se oltre essere un'atleta sei anche una studentessa?
Guarda,
al momento sono iscritta all'università, ma da due anni lo sport e
tutto ciò che gli gira intorno mi hanno preso molto e mi sono un pò
fermata. La promozione e le interviste mi lasciano poco tempo per lo
studio. Questa mattina sono andata in biblioteca, ma al momento la
mia priorità è quest'anno olimpico.
Non
me ne faccio una colpa se non riesco a dare esami, ma ci terrei
comunque a finire mediazione linguistica, per poi dedicarmi a una
carriera non sportiva, quando finirà questo periodo di boom. Sono
consapevole che questo periodo prima o poi finirà, perché so che
andando avanti con l'età sarà sempre più dura mantenere questo
livello. Ora sono giovane, ho 26 anni, e so che il fisico c'è, ma mi
piacerebbe migliorare anche la mia preparazione culturale.
Cosa
può dare il mondo dello sport, e gli aspetti mentali che lo sport
aiuta a sviluppare, a un professionista o a una studentessa? Cosa può
invece dare il mondo universitario allo sport?
Uno
sportivo è solitamente una persona ben organizzata, che sa gestire i
propri impegni e i propri ritmi. Sa quando è il momento di fare
fatica e quando è il momento di riposare e credo che questo modello
sia vincente sia per lo studio, che per la ricerca.
L'università
invece può dare molto allo sport. Vedo diverse ricerche che possono
avere un'applicazione in ambito sportivo. L'Università di Bergamo,
in collaborazione con il mio allenatore di Bergamo, ha progettato una
carrozzina da corsa adattabile a vari tipi di disabilità. Questa è
una cosa abbastanza nuova, perché fino ad oggi le carrozzine erano
abbastanza personalizzate. Questa ricerca permetterà ad un numero
crescente di persone di accedere allo sport. L'apporto universitario
è quindi fondamentale se si desidera progredire soprattutto quando
si parla di disabilità.
Oltre
all'ambito della disabilità, di cui parlo, gli studi universitari
permettono di lavorare sulla performatività degli atleti sia dal
punto di vista atletico, che mentale. Questo aspetto è secondo me
estremamente importante.
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