Silvia Fondriest è una pallavolista della Unendo Yamamay Busto Arsizio.
Silvia Fondriest è al suo primo anno nella massima divisione, mentre nelle stagioni precedenti ha calcato i campi dalla B1 alla A2.
Silvia Fondriest è al suo primo anno nella massima divisione, mentre nelle stagioni precedenti ha calcato i campi dalla B1 alla A2.
In
passato hai fatto coesistere lo sport, lo studio e il lavoro.
Quest'anno hai deciso, invece, di dedicarti a tempo pieno al
professionismo. In che modo il tuo essere sfaccettata influenza il
tuo modo di vivere il professionismo?
Dividere
l'attenzione su più aspetti può essere stancante. A titolo
personale mi piace, però, essere impegnata su più fronti, perché
questo mi porta a non rimuginare troppo.
Avere
molti impegni ti porta a prestare meno attenzione a cose con una
valenza limitata, mentre puoi concentrarti sugli aspetti centrali. A
volte il pensiero può essere deleterio, soprattutto quando in quello
che fai l'azione gioca un ruolo importante.
La
pallavolo è lo sport con più densità umana, cioè con il più alto
rapporto persone/metri quadrati. Questo aumenta le variabili in
gioco: fiducia, rapidità, gioco di squadra, conoscenza degli altri,
dei ruoli, dei movimenti. Cosa ne pensi?!
Quando
gli spazi sono ristretti aumentano le zone di conflitto. In molti
sport l'affinità e la conoscenza reciproca sono fattori importanti,
ma nella pallavolo capita di trovarsi in due nella stessa zona di
campo.
Seppur esistano delle regole prestabilite, queste a volte diventano labili perché la pallavolo è uno sport di situazione. Diventano quindi fondamentali comunicazione e fiducia. In campo ognuno ha un proprio compito a seconda delle situazioni, le competenze vengono provate in allenamento, ma a volte possono venir cambiate secondo indicazioni dell'allenatore per adattarsi ad eventuali variabili.
Seppur esistano delle regole prestabilite, queste a volte diventano labili perché la pallavolo è uno sport di situazione. Diventano quindi fondamentali comunicazione e fiducia. In campo ognuno ha un proprio compito a seconda delle situazioni, le competenze vengono provate in allenamento, ma a volte possono venir cambiate secondo indicazioni dell'allenatore per adattarsi ad eventuali variabili.
Per
avere fiducia è importante che ci sia comunicazione. Se questa viene
meno si possono creare dei disagi e dei disordini in campo.
Accennavi
ad una relazione tra la riduzione dello spazio e l'aumento del
conflitto. In che modo si crea conflitto all'interno del campo?
Quando
parlo di conflitto non mi riferisco a un conflitto di natura
collaborativa, che nasce tra due persone, ma faccio riferimento ad un
conflitto di natura tecnica.
Se
parti dal presupposto che le zone sono ristrette e ci sono molte
persone in poco spazio, ne deriva che aumentano le zone di conflitto.
A
livello tecnico le zone di conflitto implicano che alcune palle sono
di competenza di una giocatrice, mentre altre siano di competenza di
un'altra. Capita che una giocatrice possa prendere anche la palla
dell'altra, ma è importante fidarsi della compagna perché lei è in
una posizione avvantaggiata e può quindi raggiungerla al meglio.
Esistono
quindi delle regole e dei piccoli accorgimenti, ma questi sono validi
fino a un certo punto perché ogni punto è diverso. Superato il
punto definito da questi accorgimenti subentra la fiducia nei
confronti delle proprie compagne. Il
concetto è che la fiducia nella pallavolo è fondamentale.
Quando
la fiducia viene a mancare, ti accorgi che queste zone di conflitto
diventano zone critiche. Viene a mancare la comunicazione e queste
zone, che sono sempre delicate, diventano fonte di continui errori.
Mi
ricollego al tema della fiducia. Secondo te come si crea?
Secondo
me bisogna partire da presupposti tecnici, basati sull'acquisizione
di automatismi. Una volta che questi sono stati acquisiti, si passa
ad uno Step ulteriore che consiste nell'affrontare con continuità
determinati momenti in partita.
Questo
processo richiede molto tempo, ma è importante che avvenga. Credo
che la fiducia sia fondamentale soprattutto in ricezione e, forse,
anche a muro.
Giochi
come centrale, a tuo parere quali sono gli aspetti di personalità e
caratteriali che possono avvantaggiare una pallavolista che gioca nel
tuo ruolo?
Nel
mio ruolo credo siano importati la pazienza e lo spirito di
sacrificio. La
palla può essere sfiorata, toccata o murata quando sei “a muro”,
ma difficilmente diventi il terminale offensivo principale. Non siamo
quasi mai gli esecutori finali di un'azione. Puoi
fare un numero considerevole di azioni, saltando come un grillo da
una parte all'altra, senza vedere concretamente un pallone.
Il
ruolo del centrale richiede principalmente di eseguire delle finte
per smarcare alcune giocatrici. Quando sei “a muro” invece il tuo
compito consiste nel comprendere quali sono le scelte delle
avversarie e muoverti di conseguenza. Nel concreto, non siamo le
giocatrici che mettono a terra i punti caldi, mentre creiamo le
condizioni per fare in modo che altre giocatrici possano farlo. In
questo senso, credo sia importante un senso del sacrificio e anche la
pazienza.
A
tuo parere ci sono alcuni ruoli nella pallavolo in cui l'aspetto
mentale assume un valore più rilevante rispetto agli altri?
Io
credo che l'aspetto mentale sia importante in tutti, però in modo
differente. Ci sono caratteristiche mentali specifiche connesse ad
ogni ruolo, secondo me.
Faccio
un esempio. Il libero è il giocatore che più di tutti si deve dare
agli altri. Capita raramente che lui sia il fautore del punto, mentre
gli compete il lavoro sporco, come il recuperare palle sporche. Il
libero è quindi una persona che si deve spendere al 100% per gli
altri, senza avere la possibilità di sfogarsi attraverso l'attacco.
Credo
quindi che il carattere di ogni componente debba essere molto legato
al ruolo che ricopre. Penso che le giocatrici forti siano quelle,
che, oltre ad avere delle competenze tecniche, hanno delle
predisposizioni mentali plasmate sul proprio ruolo.
Senti
di averlo costruito il carattere connesso al tuo ruolo o che derivi
dalla nascita?
Su
alcuni aspetti ci sono nata, mentre su altri ci sto ancora lavorando.
E' sempre un laboratorio aperto, un crescendo.
La
gestione della mente e del carattere, da tenere in campo, è un
aspetto sul quale sto lavorando tutt'ora e sento che è quello sul
quale devo mettere maggiore impegno.
Nei
momenti decisivi delle partite ci sono dei pensieri che fai per
aumentare la concentrazione o preferisci non pensare?
Quando
una partita si fa calda puoi seguire due direzioni. La prima è
focalizzarti su una cosa alla volta, la seconda è richiamare dei
gesti routinari che ti sei costruita in allenamento. La prima aiuta a
rimanere sul pezzo, la seconda a togliere un po' di tensione.
Nei
momenti clou sono proprio il focalizzarsi e gli automatismi, quelli
che ti rendono in grado di gestire la situazione. In quei momenti non
puoi pensare concretamente a ciò che succede, anche perché non hai
il tempo per poterlo fare. Pensare richiede tempo e quando è bisogna
essere veloci non è la cosa migliore da fare.
Penso
che sia più opportuno parlare di attenzione e meno di pensiero. Il
focalizzarsi su una cosa alla volta, nel momento in cui la stai
facendo si muove in questa direzione.
Le
partite si svolgono davanti ad un pubblico numeroso. In che modo
percepisci la presenza del pubblico? Ci sono dei momenti durante una
partita in cui la presenza del pubblico diventa un fattore delicato?
Credo sia un aspetto
molto soggettivo. Ci sono stati alcuni anni in cui lo percepivo come
ostico, quasi una minaccia. All'inizio dell'anno forse mi incuteva
timore, mentre ora, quando gioco, non penso al pubblico. C'era un
pensiero a chi stava sugli spalti nelle prime partite, mentre ora mi
concentro di più su quanto accade in campo.
Credo questo
cambiamento in positivo sia avvenuto da quando gioco davanti ad un
pubblico così numeroso e a cui mi sono dovuta abituare. Va anche
detto che noi abbiamo un pubblico che ci supporta molto e che è
quindi molto di aiuto.
Capitano poi anche i
momenti, definiti di Trance agonistica, in cui non senti i rumori
esterni e ti dimentichi del pubblico. Questo capita quando sei
particolarmente concentrata.
In
che modo il tuo essere donna credi ti caratterizzi in quanto sportiva
dal punto di vista mentale? Credi ci siano ci possano essere dei
vantaggi e degli svantaggi che differenziano le donne dagli uomini?
Spesso
e volentieri si cade nel cliché dicendo che le donne hanno pensieri
ed ormoni in circolo e sono quindi più emotive. Seppure forse una
leggera emotività in più c'è, credo questa ci sia anche negli
uomini.
Se
devo delineare una differenza, penso che ciò che ci distingue di più
sono i rapporti umani. Tra donne creare una buona comunicazione e una
buona coesione è più difficile, ma se ci si riesce la squadra
diventa formidabile. Questa difficoltà nasce dal fatto che noi donne
tendiamo a legarci alcune cose al dito, mentre gli uomini sorvolano
maggiormente alcune questioni.
Penso
che questo sia l'aspetto che differenzia maggiormente uomini e donne,
mentre non credo ci sia una particolare variabilità legata al
fattore emotivo.
Mi
parlavi coesione e comunicazione all'interno di un gruppo. Ci sono
degli indicatori che, da fuori, possono farmi percepire che si è
formato un gruppo coeso?
Non
è semplice risponderti. Più volte mi è capitato di pensare che una
squadra che vedevo fosse un buon gruppo, ma, poi, confrontandomi con
le giocatrici scoprivo che non era così. Il gruppo era discreto, ma
non così unito come poteva apparire da fuori.
L'aspetto
fondamentale credo sia però che la coesione ci sia in campo. Seppure
sono dell'idea che sia più facile creare coesione in campo se c'è
anche fuori, questo non è sempre possibile.
Credo
che un indicatore, visibile dagli spalti, e che denota una buona
coesione di gruppo sia il fatto che ci si prova al 100% su tutti i
palloni. Anche questo però può ingannare, perchè la stagione è
lunga e in una stagione ci sono degli alti e dei bassi. Se vedi la
partita sbagliata puoi pensare, erroneamente, che il gruppo non ci
sia.
La
pallavolo é conosciuta per la bravura di alcuni giocatori, ma anche
per alcuni allenatori che hanno fatto la storia di questo sport.
Quali caratteristiche personali deve avere un allenatore vincente?
Questa
domanda mi mette un pò in difficoltà, perché a mio avviso non
esiste una regola. A livello teorico l'allenatore migliore è quello
che ha delle competenze tecnico, tattiche e umane da renderlo tale,
ma la verità è che nessuno è perfetto.
Avere
tutte e tre queste competenze in modo assoluto credo sia impossibile,
perché tutti quanti abbiamo qualche lacuna. Andando oltre a questa
riflessione, credo che l'allenatore bravo sia colui il quale riesce
a capire chi ha in campo e che riesce a tirare fuori il meglio dai
propri giocatori o dalle proprie giocatrici.
Non
esiste un sistema per fare ciò. Un allenatore deve essere capace di
gestire il gruppo e i singoli, sapendo adattarsi a ciò che c'è e
adattando la squadra per fare in modo che si possano creare dei
meccanismi ideali per quel gruppo.
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