Marco Zanchi è un runner specializzato nei Trail e nelle ultradistanze.
Marco Zanchi sta vivendo una stagione agonistica eccezionale, coronata dalle prestazioni alla Lavaredo Ultra Trail e all'Ultra Trail du Mont Blanc.
Attualmente Marco Zanchi è in sesta posizione nell'Ultra Trail World Tour Rankings, oltre ad essere primo italiano in classifica
Dal punto di vista
mentale credi ci siano delle caratteristiche che differenziano
l'ultratrailer elite dal normale amatore? Se si quali?
Secondo
me, no. Gli aspetti mentali, la capacità di resistere alla fatica e
la motivazione credo siano indipendenti dalla velocità con cui un
atleta conclude una gara. Questi elementi ognuno va a cercali dentro
di sé. Non importa che tu sia un top runner, un elite o un
tapascione.
A
livello mentale credo che l'impegno richiesto da una gara sia sempre
il medesimo e così vale anche per la capacità di reagire in
situazioni delicate. Anzi, secondo me è più frequente che molli di
testa un atleta d'elite quando percepisce di non essere in grado di
competere con i propri rivali. Queste condizioni rendono più fragile
l'atleta elite. Un amatore ha come unico scopo terminare la gara e il
suo rivale è il traguardo e questo, forse, lo rende più forte.
In questa situazione,
quando un atleta/rivale con cui sei solito battagliare ti sorpassa,
tu come sei solito comportarti?
Quando
un atleta che normalmente batto, mi supera o lo vedo davanti a me,
non mi lascio influenzare. Normalmente mi calibro sulle mie capacità
e i miei riferimenti.
Parto
tranquillo, senza lasciarmi prendere dal ritmo elevato della prima
parte di gara. Questo vale in tutte le competizioni ed in particolare
negli eventi internazionali. So che in queste gare si procede per
esclusione e vince quindi chi regge fino alla fine.
Dal punto di vista
fisico/atletico in questi anni sei migliorato molto, credi di essere
cresciuto anche sotto l'aspetto mentale?
Credo
di essere diventato più “saggio”, riesco a gestirmi meglio senza
lasciarmi prendere dall'entusiasmo della partenza e dei primi km. Ho
imparato a saper aspettare il momento giusto per iniziare a spingere
e per attaccare. In passato facendo gare più corte, sulle 2/3 ore,
era una sorta di sprint, in cui ero consapevole che la fatica mentale
sarebbe durata “poco”.
Da
quando ho iniziato a praticare ultradistanze, in cui sono impegnato
anche per più di 24 ore, ho imparato che un'eventuale crisi può
essere gestita e, in un certo senso, sono pronto ad affrontarla,
perchè me l'aspetto. Praticando ultradistanze oltre ad allenare la
parte fisica, ho allenato di conseguenza anche l'aspetto mentale.
I percorsi di Trail
prevedono tracciati in continuo mutamento. Si susseguono salite,
discese, pianure, falsopiani, fondo irregolare, ghiaia, terra, rocce,
ecc. Un atleta ha quindi la necessità di essere flessibile e
adattabile. Credi si possa coltivare la flessibilità e
l'adattabilità anche sotto l'aspetto mentale?
Fortunatamente
il trail ha un continuo susseguirsi di cambiamenti di terreno. Non so
se riuscirei a tenere dal punto di vista mentale in una 24 ore su
strada o su un anello in pista.
L'ambiente
e il suo mutare è un elemento molto importante per me, che uso
spesso a mio favore in gara. Passare dalla montagna, dai ghiaioni, al
bosco, mi aiutano a non soffermarmi sulla distanza che manca al
traguardo.
I
cambiamenti di percorso sono inoltre importanti per recuperare.
Essendo muscolarmente portato per le discese, e non soffrendole, sono
per me un terreno nel quale recuperare le energie. La discesa mi
diverte anche molto e questo è un aiuto ulteriore.
Un
atleta che viene dal mondo della strada, rispetto a un atleta che
come me è nato tra le montagne, credo possa trovare delle difficoltà
in un ambiente in continuo mutamento. Da quando ho iniziato a correre
mi sono sempre allenato in ambienti variegati, che sono per me un
ambiente naturale.
Se dovessi dare un
suggerimento ad un atleta che arriva dalla strada e si appresta ad
affrontare un trail, quale consiglio daresti?
Ho
diversi amici che arrivando dalla strada hanno iniziato a praticare
off-road e gare in montagna. In molti di loro ho visto una certa
tendenza ad arrendersi, perchè troppo abituati al cronometro e a
dipendere dal ritmo imposto dal cronometro.
Questi
continui cambiamenti di percorsi, salita, discesa, ghiaioni, sterrati
e cambi di velocità, veloce, lento, finivano per scombussolarli.
Loro, da sempre abituati, a impostare i loro allenamenti e le loro
gare ad una certa velocità e a un certo ritmo, non riescono ad
accettare che se stai camminando in salita non è detto che stai
andando più piano di quello che corre. Non riuscendo a mantenere dei
ritmi costanti, imposti loro dal cronometro, finivano quindi per
arrendersi.
Anche
io uso il cronometro, ma unicamente per l'abitudine di controllare la
distanza percorsa. Raramente guardo il cronometro per valutazioni e
confronti con prestazioni passate o auspicate, cosa che accede invece
spesso ad atleti che hanno un background legato alla corsa su strada.
Agli amici che praticano trail per le prime volte consiglierei di
lasciare a casa l'orologio.
Per diventare un buon
Trailer credi sia più produttivo dedicare la completezza del proprio
tempo allo sport o diversificare?
Assolutamente
meglio diversificare. Io l'ho sempre fatto, perchè frequentare
sempre gli stessi posti, percorre sempre gli stessi percorsi, cercare
di migliorare sempre il proprio tempo, alla fine ti logora e ti
nausea.
Ho
preparato una maratona per un anno e il dirigermi sempre verso la
stessa pista ciclabile per allenarmi mi nauseava. Un consiglio che
posso dare è di alternare la corsa a piacevoli camminate in
montagna, con la fidanzata, o praticando anche altri sport. Seppure
non gareggiando, pratico sci alpinismo, arrampicata, mountain bike.
Diversificare ti permette di riposare, staccando soprattutto di
testa.
Abbiamo notato che in
alcune gare molto lunghe usi le cuffie con la musica. Cosa ascolti?
Preferisci musica che ti dia la carica o qualcosa che ti rilassi?
Oppure alterni diversi generi?
Solitamente
la uso in gare sopra i 70/80 km. Ascolto musica, innanzitutto perchè
mi piace. La ascolto di giorno anche quando lavoro o sono in auto.
In
gara mi aiuta a distendermi, soprattutto nei tratti in cui non è
necessaria una grande attenzione. Quando l'ascolto la mia mente
viaggia e si allontana. Inizio a pensare a tantissime cose relative a
vita quotidiana, passata o a programmi futuri. Associare panorami
splendidi a buona musica, mi aiuta a viaggiare e rende le gare non
soltanto viaggi fisici, ma anche viaggi mentali.
Nel
mio Ipod sono contenute principalmente musiche con un buon ritmo,
anche se è molto variabile. Passo dall'Estate di Vivaldi, alla Dj
Parade che ascoltavo quando ero un ragazzino di 14 anni. Scegliendo
una sequenza random passo da Vasco Rossi, che mi carica, a Vivaldi,
producendo così un cambiamento repentino. Non ho un genere
predefinito, ci sono musiche di film, musiche connesse a momenti
particolari della mia vita che mi spingono a cantare durante la gara.
Alla
Lavaredo Ultra Trail procedevo nella notte con un concorrente
francese, mentre cantavo Vasco Rossi. Lui mi guardava, forse
domandandosi se fossi pazzo, ma questi momenti mi aiutano a svagarmi
e a viaggiare anche con la testa.
La discesa nel trail
fa molta differenza tra gli atleti. Credi ci siano dei tratti di
personalità che contraddistinguono il “buon discesista”?
La
mia carriera è nata seguendo campioni degli anni '90 e fine anni '90
che principalmente facevano Sky Race. Nelle Sky Race si va su e giù
a tutta, scendendo spesso a rotta di collo dalle montagne. Seguendoli
e uscendo con loro ho imparato molto. Devo però ammettere che nelle
prime uscite che facevo con loro, mi dicevano che in discesa andavo
forte, nonostante non fossi specificamente allenato.
La
discesa, soprattutto su alcuni sentieri, si connette con la paura.
Esistono persone che vanno forte in moto, mentre altre hanno paura, e
così accade sulle discese in montagna. Molti amici mi chiedono come
allenare la discesa, ma quando li vedo scendere capisco che non è
possibile, perchè hanno troppa paura.
La
discesa va aggredita. Questo comporta una maggiore tutela a livello
muscolare, come anche un minor rischio di cadere. La paura in discesa
ti porta a perdere l'elasticità, la reattività e di conseguenza
anche una diminuizione di ritmo. Secondo me non si può allenare la
paura, non credo possa essere superata.
E' una bella
domanda....
Secondo
me no, non può essere superata. Credo che avere paura o non avere
paura sia una questione di DNA.
La
velocità ha sempre fatto parte di me. Io provengo dal mondo del
motociclismo e prima di correre a piedi correvo in moto, in pista.
Anche prima di avere la patente rubavo il motorino a mio fratello e
andavo in giro a divertirmi. Pensa a Valentino Rossi che a 6 anni
usava già il motorino del padre.
Con
il passare degli anni va anche detto che la paura aumenta, perchè
diventi più saggio. Io sono calato molto in discesa rispetto a
qualche anno fa. Mi chiedo come facessi a scendere a 4/5 minuti in
meno rispetto ad oggi che sono molto più allenato. Credo fossi più
incosciente e con meno paura. Oggi ho 40 anni e credo di vedere più
rischi, sono più saggio.
Ti ho ascoltato con
interesse, perchè sono un pessimo discesista...
Chiaramente
in discesa si può migliorare, ma superare la paura credo non sia
possibile. Mi capita di spiegare ad alcuni amici, che in discesa non
devono arretrare con il baricentro e di portare il peso in avanti.
Come con gli sci, una delle prime cose che ti insegnano è di portare
il peso a valle e nella corsa funziona nello stesso modo.
Se
riesci a mantenere un giusto equilibrio tra la pendenza e il
baricentro, non ti fai male e riesci a scendere con efficacia. Quando
hai paura, arretri, ti irrigidisci, l'equilibrio si sposta sul
posteriore e in automatico scivoli. La paura è inoltre un circolo
vizioso. Quando hai paura inizi ad avere sempre più paura.
A
questo va aggiunta anche una predisposizione muscolare. Non
incorrendo in dolori o in crampi, ho la fortuna di poter osare
maggiormente in discesa, ripartendo poi in salita.
Eventi importanti come
la LUT si associano anche a grandi pressioni. Hai delle ritualità o
delle strategie particolari per fare fronte al montare della
tensione?
Non
sono solito lasciarmi prendere dalla tensione. Certamente prima della
partenza un po' di tensione c'è, ma è legata al sapere se il
materiale è tutto a posto, se ho dato tutto il necessario alle
persone che fanno assistenza lungo il percorso. Una volta fatto il
check poi vado via tranquillo.
Il
momento per me più difficile, in gare internazionali come la
Lavaredo o la TransCanaria, in cui ti trovi a confrontarti con i più
forti del mondo, sono i 10 minuti che precedono il mettere il
pettorale. In quella fase sento proprio l'impazienza di partire.
Entrando in griglia, vedo poi gli amici, inizio a scherzare e tutto
passa.
Una
situazione che ultimamente mi ha dato una carica incredibile è
accaduta alla Lavaredo Ultra Trail. Il Giovedì prima della gara
avrei dovuto partecipare alla presentazione e alla consegna dei
pettorali ai top runner. Nonostante mi fossi organizzato per partire
giovedì, gli sponsor ci tenessero ed alcuni amici mi avessero
seguito per vedermi, lo speaker prima della presentazione mi
raggiunge e mi comunica che ero stato tolto da questo momento, perchè
non avevo raggiunto un punteggio sufficiente.
Questo
disguido mi ha fatto arrabbiare, ma la rabbia l'ho portata in gara e
questa rabbia mi spingeva. Mentre sorpassavo gli avversari mi rendevo
conto che per me diventava una sorta di vendetta, nei confronti degli
organizzatori. Dicevo a me stesso “vediamo come finisce al
traguardo”! E alla fine sono arrivato primo italiano al traguardo.
E' stata una forza
propulsiva...
Si,
nonostante sia molto amico con gli altri corridori italiani, quando
li incontravo, mi trovavo a pensare “ecco, sono qua anche io!” ed
è diventato uno stimolo in più. Quando ho rivisto il mio arrivo,
quasi non mi riconoscevo da quanto ero aggressivo.
C'è qualcosa che non
ti ho chiesto che ti piacerebbe dire?
Mi
accorgo che ci sono sempre più atleti giovani a praticare trail e mi
sento ormai un veterano. Sono 16 anni che prendo parte a queste
corse. Nonostante siano passati diversi anni, però, mi diverto
ancora come accadeva le prime volte.
Quando
incontro molti amici che hanno iniziato con me, ma che hanno smesso
di competere, mi domando come mai. Li incontro ancora tra le
montagne, ma hanno scelto di smettere di gareggiare nonostante
avessero grandi potenzialità. Forse non si divertono più o forse i
loro stimoli erano diversi dai miei.
Io
mi diverto ancora e spero di divertirmi ancora, fino a quando il
fisico reggerà. Quando sono in griglia mi emoziono ancora e non vedo
l'ora che arrivi la prossima gara.
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