Un ultimo pugno.
L’ultimo diretto alla fine di 15 riprese.
Lacrime, sudore, sangue e dolore.
Arrivare all’ultimo colpo da sconosciuto, ancora in piedi, nonostante il
campione fosse favorito. Più forte, più veloce. Semplicemente: lui è meglio
di te, ma tu sei ancora lì. In piedi a prendere mattoni in faccia, mentre il tuo
avversario cerca di abbatterti con tutta la forza che ha. Come la vita.
Rocky Balboa non esiste, ma Chuck Wepner si.
Rocky Balboa come Chuck Wepner, Apollo Creed come Muhammad Alì. Il film e la
vera storia, il sogno e la realtà.
24 marzo 1975, una data che ha segnato la storia del pugilato e la storia della
cinematografia.
Foreman è stato sconfitto pochi mesi prima, Alì non ha avversari. Ha battuto
tutti.
I pesi massimi della boxe sono da tempo un’esclusiva afroamericana,
mentre i ‘bianchi’ non riescono a venire fuori. La questione razziale, nel
1975, era tutt’altro che risolta. Don King, un Mino Raiola più influente, ha
l’idea geniale. Perché non far combattere il pluricampione Muhammad Alì contro un
semisconosciuto? Magari bianco, sfruttando l’odio razziale per scatenare i
media. ‘Rocky’ era un pugile di serie b, ma Chuck Wepner era il numero 4 al
mondo. 35 anni, baffi folti e fisico possente da incassatore. Una carriera
all’inseguimento del sogno, ma la fine sempre più vicina. 'The Bayonne Brawler', 'l'azzuffatore di Bayonne', direttamente dal New Jersey, incarnava la figura giusta per personificare il
‘Sogno Americano’: infanzia difficile, carattere scontroso, una vita passata a
prendere cazzotti su e giù dal ring.
Poche settimane di allenamento ed eccolo pronto a farsi malmenare. Mentre Alì
saliva sul quadrato sulle ali dell’entusiasmo, Wepner fissava le luci, con la convinzione di
potercela fare. La voglia di vincere per dimostrare a tutti che non è la fama a
fare la differenza. Solo, mentre il mondo lo dava perdente.
I pronostici erano netti. Alì vincente in 4 riprese, Wepner distrutto.
‘No, forse non
vincerò. Forse l'unica cosa che potrò fare sarà quello di rendergli la vita
difficile. Ma per battere me, dovrà riuscire ad uccidermi, e per uccidermi
dovrà avere il fegato di stare di fronte a me. E per fare questo, dovrà essere
pronto a morire anche lui. E io non so se sia disposto a farlo... non lo so.’
Il campione del mondo comincia a martellare fin dall’inizio. Destro e sinistro,
gancio e diretto. Wepner sembra sull’orlo del precipizio. Prima al volto, poi
al corpo. Senza sosta. Troppo lento, ma troppo orgoglioso per arrendersi. Testa
bassa e attaccare, asfissiante. Lo sfidante non molla, infastidisce Alì. Lo
provoca. Lo costringe a impegnarsi al massimo. Chuck Wepner sembrava sul punto
di andare al tappeto dopo ogni colpo. Fino al nono round, quando la chimera diviene realtà. In uno scambio serrato, il piede di
‘The Greatest’ finisce sotto quello dell’uomo del New Jersey.
L’equilibrio
instabile, un fulmine bianco che colpisce al corpo Alì, il quale barcolla,
arretra. Cade. Il pubblico è incredulo, Alì si rialza prontamente e nei suoi
occhi si legge la rabbia dell’umiliazione. Riparte. Carica come se avesse
davanti George Foreman. Destro e sinistro. Ancora più forte. Wepner non cede. Incassa
e risponde, si nasconde dietro i guantoni. Restare in piedi, sperando in un
colpo decisivo. Alla quindicesima ripresa, la svolta. Wepner cede a 19 secondi
dalla fine, mentre il sogno e la cintura si diradavano e allontanavano. Le luci
puntate, l’arbitro che si avvicina. KO tecnico a pochi istanti dalla fine. Chuck
Wepner, a un passo dal traguardo, non ha afferrato la cintura, ma la gloria.
Stallone vede il combattimento, ne rimane estasiato. Rocky Balboa nasce a 19
secondi dalla fine del match. La tenacia e la voglia di non mollare mai, la
forza che ogni sportivo di successo cova e possiede nel più profondo della sua
anima, la motivazione di chi non cede alle difficoltà della vita.
‘Né io, né tu, nessuno
può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come
colpisci, l'importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci
al tappeto hai la forza di rialzarti... così sei un vincente!’
Chuck Wepner, cadere da sconfitto e rialzarsi da
vincitore.
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