George Biagi è il capitano delle Zebre Rugby, franchise italiana di rugby a 15 con sede a Parma, che partecipa da tale data al Pro12, campionato interconfederale tra franchise gallesi, irlandesi, scozzesi e italiane.
George Biagi, che ricopre il ruolo di seconda linea, ha collezionato numerose presenze con la nazionale italiana di Rugby
Il rugby è uno sport di squadra. Quali sono le caratteristiche di un team coeso ed affiatato? Può un team conflittuale al suo interno essere un team vincente?
Credo
che il rugby sia uno sport in cui la coesione e l'affiatamento di
gruppo siano particolarmente presenti e importanti. Sono infatti
presenti dei momenti specifici per creare gruppo e relazioni, come ad
esempio il terzo tempo.
Per
ottenere buoni risultati credo che la coesione sia un ingrediente
importante, anche se con l'avvento del professionismo alcune cose
sono cambiate. Nel professionismo forse c'è meno affiatamento di
gruppo, ma c'è l'obiettivo comune di vincere e, di conseguenza,
ognuno fa la sua parte per la vittoria.
Quali sono le doti
mentali e caratteriali che possono secondo te fare la differenza per
una seconda linea?
Credo
il fattore mentale sia fondamentale per il mio ruolo, come per
qualsiasi ruolo. Essere forte di testa può fare la differenza e
l'importanza è proporzionalmente maggiore, più è alto il livello a
cui giochi.
Essere
mentalmente forte, essere resiliente, saper affrontare i diversi tipi
di difficoltà e saper essere performante sotto affaticamento è
essenziale se un atleta vuole competere ai più alti livelli
Diciamo
che la seconda linea, un po' come i primi 5, fa tanto lavoro sporco
in giro per il campo: mischie e placcaggi. Però, per come si sta
evolvendo lo sport moderno, sta diventando importante svolgere il
lavoro sporco, ma all'occorrenza saper essere anche un attaccante in
più. Un giocatore moderno non può più pensare di fare soltanto
mischie e touche, ma deve dare qualcosa in più in diverse parti del
campo. Questa capacità si costruisce attraverso la fatica, ma anche
attraverso il lavoro mentale.
Mi pare di capire che
un atleta deve saper essere adattabile e deve saper fare più di una
cosa insieme...
Diciamo
che se vuoi essere un atleta di alto livello non basta svolgere i
compiti indicati dai libri o dai manuali, ma devi riuscire a dare
qualcosa in più alla squadra. Non puoi accontentarti di fare il
“compitino”
Come atleta hai
raggiunto la piena maturazione con il passare degli anni. Cosa,
secondo te, influenza il momento in cui un atleta raggiunge le sue
piene potenzialità?
I
fattori credo siano molteplici. Ogni persona segue un suo percorso
specifico e il mio mi ha portato a maturare tardi, anche perchè sono
arrivato tardi al professionismo e a livelli alti.
Oggi
per i giovani ci sono strutture, come le accademie che li preparano.
I ragazzi, oggi, sono preparati in modo tale che a 17/18 sono pronti
per la prima squadra. Bisogna quindi vedere anche le possibilità che
una persona si trova ad avere.
Serve,
inoltre, anche un pizzico di fortuna, perchè devi essere pronto al
momento giusto. Devi poi considerare molte variabili: se il tuo ruolo
è già coperto e che percorso di carriera sta avendo quel giocatore,
come sta giocando la tua squadra e se sei in un momento di forma.
Molti
sono i fattori che possono portarti o meno sulla scena
internazionale. Tra questi credo che lo stato di forma sia il più
importante.
So che sei un
italiano, nato in Scozia. Come questa doppia appartenenza influenza
il tuo modo di giocare, se lo influenza?
Non
credo che l'essere nato in Scozia influenzi il mio modo di giocare.
L'essere nato in una nazione
rispetto ad un'altra non ti garantisce di giocare meglio o peggio.
Sono le esperienze che un giocatore compie che influenzano il suo
modo di giocare.
Dall'altra
parte, ho avuto la possibilità di praticare e provare diversi sport,
quando ero piccolo, e, forse, mi porto dietro un bagaglio più
completo e variegato a livello sportivo.
Sai, si dice che gli
italiani sono un popolo di navigatori, artisti e creativi. Può la
cultura influenzare un giocatore?
Penso
che noi italiani siamo innanzitutto latini, più che filosofi,
artisti o creativi. La mentalità anglosassone sicuramente è
differente rispetto quella latina, ma quello che influenza
maggiormente una persona è il contesto familiare e il modello in cui
cresce.
La
mia famiglia è italiana e per me è sempre stato normale, pensarmi
come italiano.
Spesso mi è capitato
di chiedere a delle atlete se esistono differenze mentali tra uomo e
donna a livello sportivo. Tu cosa ne pensi?
Immagino
di si. Se dovessi parlare in generale, le donne a livello mentale
sono dei robot. Sono molto più forti di noi, sotto pressione
riescono a rimanere molto più fredde. Magari noi uomini abbiamo
tutta la forza fisica possibile, ma siamo più deboli di testa.
Esistono invece delle
caratteristiche che possono avvantaggiare gli uomini dal punto di
vista mentale?
Guarda
non ti so rispondere, ma non credo che gli uomini siano avvantaggiati
mentalmente in nessun modo rispetto alle donne. Le donne sono
naturalmente più forti di noi sotto l'aspetto mentale, mentre noi
uomini siamo più forti dal punto di vista fisico.
Forse
gli uomini sono più schematici, anche se questo non è detto sia un
vantaggio.
Cosa intendi per
schematico?
Credo
che siamo più rigidi mentalmente. Quando si parla di depressione nel
mondo sportivo, al termine dell'attività agonistica, sono molto di
più gli uomini che ne soffrono. Almeno a livello mediatico si parla
più spesso di uomini.
Oltre ad essere un
atleta di alto livello sei anche un “bocconiano”. Cosa può dare
lo sport allo studio e cosa può dare lo studio allo sport?
Sono
due mondi molto diversi, ma anche molto simili. In entrambi serve
moltissima dedizione e spirito di sacrificio.
L'età
che va dai 18 ai 22/23 anni è molto particolare. Le possibili
distrazioni sono molteplici e se una persona vuole fare bene nello
sport, come nello studio, deve sapersi sacrificare, lasciando, in
alcune occasioni, da parte la vita sociale. Sotto questo aspetto,
sport di alto livello e studio sono molto simili.
Dal
percorso che ho svolto, ho potuto comprendere come serva un sostegno
sia da parte della società, che dall'università. La società deve
permetterti di avere del tempo per studiare e per dare gli esami.
Così anche le università devono mostrare una certa disponibilità,
cercando di comprendere le possibili difficoltà a cui deve far
fronte uno sportivo professionista. Far combaciare le due cose non è
sempre semplice.
Credi che avere alle
spalle un percorso universitario possa creare un bagaglio più ricco
per uno sportivo e, dall'altra parte, pensi che essere uno sportivo o
l'esserlo stato possa aiutare in qualche modo a preparare gli esami?
Diciamo
che la pressione che provi il giorno dell'esame è molto simile a
quella che provi il giorno della partita. Il cuore batte a mille e,
in parte, vivi l'ansia da prestazione. Però desideri che il giorno
dell'esame arrivi, perchè sai che ci stai arrivando preparato.
Puoi
anche provare ansia prima di un esame o di una partita, ma se sei
consapevole di essere preparato, perchè ti prepari per quel momento
da un mese, il desiderio rimane vivo e presente. Anche se non sai
cosa aspettarti da quella giornata, vivi emozioni contrastanti: da
una parte una tensione e dall'altra il voler dare il meglio di te in
campo o all'esame.
Anche tu senti la
pressione prima di una partita?
Beh,
credo sia una delle cose più belle! Sentire l'adrenalina e il cuore
battere, prima di scendere in campo, credo sia una delle cose più
belle dello sport. Gli esami danno sensazioni similari.
Quindi l'ansia
pre-partita è, per te, uno degli aspetti piacevoli dello sport?
Diciamo
che fa parte delle cose belle di una partita. Quando uno sta fuori,
per scelta tecnica o per infortunio, si rende conto quanto siano
belle quelle sensazioni.
Quando
un atleta smette non gli mancano tutti gli allenamenti fatti durante
l'anno, ma sente la mancanza dell'adrenalina e della tensione che
prova prima di scendere in campo.
Prima di scendere in
campo hai qualche strategia o qualche rituale per far rendere al
meglio questa tensione che arriva?
Ho
una mia routine. Senza una particolare scaramanzia, devo fare le cose
in un certo modo, coi miei tempi. Questo solo il giorno della
partita.
Se dovessi fare una
proporzione tra allenamento, doti fisiche innate e testa. Quale
sarebbe la proporzione di un giocatore di rugby di successo?
Credo
questa proporzione vale per il rugby, come per tutti gli sport. Tutti
quelli che sono rimasti per tanto tempo ad alto livello si sono
dovuti allenare duramente ed hanno avuto tanta testa. La testa gioca
un ruolo fondamentale, perchè se vuoi rimanere ad alto livello devi
riuscire a non farti distrarre dal successo e da tutto quello che
ruota intorno al mondo dello sport.
Il
talento e le doti naturali fisiche non bastano, anzi forse sono le
meno importanti dei tre. Direi quindi che il rapporto è 40%
allenamento, 40% testa e 20% doti fisiche.
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