Oltre ad essere autore dell'unico manuale italiano di Trail Running, Fulvio Massa dal 2003 collabora alla rivista 'Correre' con la quale ha pubblicato diversi articoli relativi alla pratica sportiva del trail.
Tra atleti elite e
normali amatori, nella tua esperienza, esistono differenze unicamente
sotto il profilo atletico o anche di natura mentale?
Ciao Fulvio, sei un
preparatore esperto e hai esperienza sia nel settore
dell'allenamento, del recupero e della cura. Nel pianificare un
programma di allenamento annuale quali credi siano le fasi più
delicate dal punto di vista mentale per un atleta? Allenamenti,
pre-gara, gara, post-gara, gestione di una sconfitta, di una vittoria
o altro?
Le
risposte che posso darti sono quattro. Una fase estremamente delicata
riguarda la macro-sezione di inizio anno, quando, nel periodo
autunnale, ci si siede, e a tavolino, si determinano gli obiettivi
della stagione futura. Secondo me la scelta delle gare “obiettivo”
è il momento più delicato per un atleta. Le gare devono essere
stimolanti, da un lato, ma perseguibili, dall'altro.
Solo
se una gara è
sufficientemente motivante dal punto di vista di cuore e testa, può
permetterti di costruire il percorso mentale e motivazionale che ti
aiuta a sostenere i carichi di lavoro stressanti, in grado, poi, di
permetterti di raggiungere il tuo obiettivo prefissato. Dall'altro
lato, se la gara obiettivo è troppo altisonante o estrema, in
confronto ai tuoi obiettivi, l'atleta di elite finirà poi per
sperimentare una forte frustrazione. Quando ti poni una gara
obiettivo in cui arrivi 12esimo e hai undici atleti davanti a te
senti di aver fallito la tua programmazione. Se da una gara obiettivo
porti a casa un podio, gara, dopo gara, si costruisce la tua
autostima e questa ti aiuta a superare sempre meglio le difficoltà
che si presentano nel corso dell'annata
Saper
scegliere con competenza le gare è un momento delicato, che
influenza il futuro per quella stagione. Da questo processo di scelta
conseguiranno poi tutte le micro-situazioni con cui si andrà a
confrontare durante la stagione. Capita così anche per un normale
lavoratore, che ha la necessità di comprendere quali saranno nella
sua “stagione” lavorativa i suoi obiettivi professionali.
La
seconda fase particolarmente delicata è il periodo del Tapering, il
momento in cui la gara si avvicina. Parlo degli ultimi 7 giorni prima
di una competizione. Questo è un momento molto delicato dal punto di
vista mentale, perchè si sommano una molteplicità di dubbi e ansie.
Ogni
atleta, indipendentemente che il suo livello sia alto, medio o basso,
in questa fase è assalito da molte incertezze. Un atleta spesso
nell'ultima settimana si domanda se è preparato a sufficienza e se è
meglio allenarsi ulteriormente o se riposare, per evitare di arrivare
stanco alla data di gara. Questa fase proprio perchè molto delicata
richiede un buon livello di feeling tra allenatore ed atleta.
Non
esiste una ricetta prefissata, una standardizzazione, che definisca
il periodo di Tapering, il periodo di scarico pre-gara. Secondo me
questo è il momento che più da adito a incertezze e insicurezze da
parte dell'atleta.
Il
terzo momento è la gestione dell'insuccesso. L'insuccesso va sempre
analizzato con razionalità, calma e auto-critica. L'insuccesso, se
analizzato proficuamente, può far nascere una volontà di rivincita
e di reazione da parte dell'atleta. Se non affrontato adeguatamente
può invece portare ad una fase di debacle, trascinando in down
psico-fisico l'atleta.
La
quarta fase di attenzione riguarda la gestione dell'infortunio. Oltre
ad essere allenatore, mi occupo soprattutto di riabilitazione
sportiva e da questo punto di vista vengono in cura nel mio Centro
molti atleti non allenati direttamente da me. La fase dell'infortunio
rappresenta per l'atleta un momento di alta importanza emozionale.
Una piccola parte del suo corpo si infortuna, ed anche se si tratta
di traumi di scarsa rilevanza patologica, ecco che il giocattolo si
rompe e di colpo si infrangono aspettative e sogni, e c'è la
impossibilità di esprimere le energie in funzione degli
allenamenti e gare. E' forse il momento in cui la mia figura diventa
veramente rilevante per l'atleta, di qualsiasi livello, ma ancora più
per l'atleta di elite che fa dello sport competitivo il suo stile di
vita. Per lui è un momento di incertezza, di paura e ha veramente
necessità di una guida che lo conduca verso la ottimale gestione del
recupero, dettando modi e tempi e fornendogli sicurezza e
affidabilità.
Un
aspetto sul quale non ci possono essere dubbi è che esistono
differenze di motore, tra atleti elite e amatori. Se non hai il
motore non puoi essere un atleta elite, perchè il motore è il
motore! Oltre a questo credo esistano anche importantissime
differenze sotto il profilo mentale. In uno sport d'endurance come il
trail, se non hai le capacità mentali per gestire un durissimo
percorso d'allenamento, non riuscirai a conseguire i tuoi obiettivi.
Allenando
anche atleti di medio livello, mi accorgo che questi possono fare un
salto di qualità semplicemente prendendo consapevolezza che quello
raggiunto fino a quel momento non è il loro limite, ma è solo il
70% del loro potenziale. Spesso atleti di medio o basso livello non
hanno la capacità di sapersi spremere al massimo.
Sei l'autore
dell'unico manuale esistente per il trail-running in Italia. Quali
pensi siano le qualità mentali e caratteriali del forte atleta di
trail?
Partendo
dal presupposto che il Trail è una disciplina di estrema durezza,
una capacità estremamente importante consiste nel sapersi dare degli
obiettivi e nel volerli conseguire. La spinta motivazionale è
fondamentale! Questa è lo stimolo che spinge l'atleta a fare tutto
il resto.
La
motivazione è l'elemento che regge il percorso di allenamento. I
mezzi attraverso i quali riuscire a far fruttare gli effetti della
motivazione sono: la tenacia, la capacità e la resilienza. Queste
sono capacità in grado di sostenerti nel processo di raggiungimento
dell'obiettivo, che ti sei proposto e verso il quale, la motivazione,
ti spinge.
In un programma di
allenamento sei solito inserire anche esercizi che coprono il lato
mentale o preferisci concentrarti unicamente sulla parte atletica?
All'interno
della mia esperienza ho trovato alcune difficoltà nel proporre, ad
atleti già di alto livello, esercizi prettamente di natura mentale.
Questo forse per incapacità mia o forse perchè ognuno di loro
esprime già in un certo modo le proprie capacità.
Per
questa ragione, normalmente preferisco non dividere allenamento
mentale e fisico. Sono solito inserire nella preparazione dei blocchi
di lavoro, volutamente organizzati e strutturati in modo tale da
provocare un elemento stressogeno nell'atleta. L'evento stressogeno
va a toccare sia la componente fisica, sia la componente mentale.
Queste sono le situazioni da cui ho colto le maggiori soddisfazioni,
perchè non vai a staccare la parte mentale da quella fisica. Se ci
pensi, in gara o in allenamento mente e corpo non sono mai separate.
Il
blocco di allenamento, se ben strutturato, ti permette di lavorare
sia sulla parte atletica, sia rispetto alla gestione mentale delle
difficoltà fisiche.
Cosa intendi per
blocco di allenamento?
Per
blocco di allenamento intendo da 5 a 10 allenamenti successivi, che
coprono altrettanti giorni di lavoro.
Un preparatore deve
essere sicuramente molto competente dal punto di vista tecnico. Credi
ci siano delle competenze umani e caratteriali che possano
contraddistinguerlo positivamente?
In
questo caso, anche se possono sembrare sinonimi, dividerei la figura
di preparatore atletico e di coach.
Un
buon preparatore atletico deve essere competente dal punto di vista
teorico, nozionistico ed esperienziale. Un buon coach, oltre a questi
aspetti, deve anche saper interagire con l'atleta in nella sua
completezza. Un coach capace di lavorare sull'interezza dell'atleta,
diventa un mentore, una sorta di guida, e ha la possibilità di
trarre dagli atleti il massimo delle loro potenzialità.
Un
preparatore atletico ha la possibilità di affinare le proprie
competenze, attraverso lo studio. Il carisma richiesto ad un coach
non può, invece, essere appreso. Non bastano i libri e i titoli non
sono sufficienti. Il carisma di un coach, in tutte le discipline, è
però fondamentale. Questo è la leva che permette di spremere al
massimo un atleta, facendolo esprimere al massimo delle sue
potenzialità.
Da cosa posso
riconoscere un coach carismatico?
Ogni
condottiero, che guida un esercito, emana ed ha intorno a sé
un'aurea percepibile. Accade così anche per un allenatore che riesce
a farsi seguire da 15 giocatori.
Non
è una questione di attestati di studio. E' una questione di pelle!
Sono imprinting caratteriali e fisici che un condottiero ha nel
proprio bagaglio.
Anche se potresti
essere di parte, secondo te nella costruzione di un successo quanto
contano in termini percentuali: talento naturale, testa e
allenamento?
Se
parliamo di sport di situazione, sport di breve durata, con
una grande componente tecnica, ti rispondo che il talento copre la
quasi totalità. In uno sport come il Trail Running, sport di lunga
durata, di alta intensità e di grande spirito di sacrificio, posso
dire che la testa e l'allenamento sono più che sufficienti per
costruire un ottimo trailer. Quando questo trailer ha anche il
talento, allora stiamo parlando di un campione.
Quindi testa e
allenamento contano parecchio nel Trail?
Dal
mio punto di vista testa e allenamento costruiscono un ottimo
trailer. Quando a questi due aspetti associ anche il talento, allora
hai un campione.
C'è qualcosa di cui
non abbiamo parlato in precedenza, che ti piacerebbe approfondire?
Credo
che il Trail Running, per tutti i motivi di cui abbiamo parlato in
precedenza, sia uno sport estremamente complesso. Molto più
complesso della corsa su strada o in pista. Nel Trail Running si
creano situazioni contingenti, che devono essere via via analizzate.
Un
atleta deve essere capace di interpretare situazioni sempre nuove e
variabili. Non esiste monotonia in preparazione, come nello
svolgimento di una gara di Trail. La variabilità di questo sport
richiede di avere costantemente il cervello in fase “on”. La
caratteristica dote di abnegazione, tipica di tutti gli sport di
durata, nel Trail non è sufficiente.
Se
consideriamo una 24 ore su strada troviamo il bisogno di una forte
spinta motivazionale, la capacità di fare sacrifici, di saper
soffrire, la necessità di essere tenaci e caparbi, ma stiamo
parlando di una corsa da mulo con una carota posta davanti. In una
gara di Trail da 20 ore questi aspetti sono necessari. Le condizioni
di sofferenza, abnegazione, caparbietà e tenacia sono le medesime,
ma al tuo cervello è richiesto di ragionare per tutta la durata
della competizione.
Per
diventare un buon Trailer è sia importante creare un'esperienza
personale, ma è altrettanto importante saperti confrontare con gli
altri ed il saper sviluppare una cultura attraverso la lettura.
Questo ti permette di utilizzare la tua testa nella maniera migliore.
Puoi anche avere un ottimo motore, un ottimo talento, ma se non sai
gestirlo e non ti sai gestire, vanifichi quanto fatto e non raccogli
quello che potresti raccogliere.
Mi stai dicendo che
una importante caratteristica per il trailer è l'adattabilità e la
flessibilità ai diversi contesti e alle diverse situazioni che una
gara presenta?
Si,
è indispensabile.
Nessun commento:
Posta un commento