Chitarre rock per far ballare? Si può, soprattutto se ci si chiama Franz Ferdinand. No, non l'arciduca d'Austria il cui assassinio scatenò la Prima Guerra Mondiale, ma il gruppo scozzese esploso a inizio 2000. Anche se sarebbe riduttivo indicarli come autori di musica solo per far ballare. Sanno comporre, suonare, far divertire, ma anche riflettere. E di certo sono adattissimi come sottofondo musicale per sforzi intensi.
Il loro secondo album, "You Could Have It So Much", del 2005, è pieno di grandi singoli di successo, di ritmiche intense e melodie profonde, variazioni di ritmo che possiamo sfruttare al meglio.
Si apre con "The Fallen", ritmo trascinante, ma si può anche ben notare la voce di Alex Kapronos, decisamente ispirata dalla new wave, eppure ben personalizzata e perfetta per il contesto. "Do You Want To" è senza dubbio ballabile, se non proprio da discoteca, diciamo più britannicamente da dancefloor: la batteria di Paul Thomson dà il tempo, il basso di Bob Hardy pompa, e le chitarre di Kapranos e McCarthy fanno il resto, per questa canzone che è tra i loro più grandi successi.
"This Boy" ha un riff a cui gli Arctic Monkeys devono molto, e le bpm si mantengono alte. Puro pop all'inglese, diciamo pure brit-pop, in "Walk Away", in cui si può sentire la pioggia britannica scendere per dare la giusta dose di malinconia, senza che si diventi melensi e senza rallentare troppo: altro successo in classifica per la band.
Si torna ben presto a saltare con "Evil And A Heathen", quasi dalle parti del punk (quello soft). Altra canzone perfettamente incastrabile nella nuova new wave targata british è "You're The Reason I'm Leaving". Melodie beatlesiane in "Eleanor Put Your Boots On", dove le doti compositive di Kapranos e soci vengono a galla ben più riconoscibili del solito. Grandi capacità di cambi di ritmo in "Well That Wash Easy", lasciando sempre spazio al (possibile) ballo e alla voglia di divertirsi.
Le doti del gruppo saltano fuori una volta di più in "What You Meant", dove gli strumenti legano al meglio, e dove la melodia vocale di Kapranos è sempre perfetta. "I'm Your Villain" ha una strofa che sembra tipica della decadente new wave anni '80, prima del ritornello trascinante e del finale in crescendo.
Rock, ancora vicino al punk (ma non troppo) nella titletrack, "You Could Have It So Much": rimaniamo in intensà. Ballata che lascia respiro invece è "Fade Togheter", splendide melodie su un efficace lavoro in sinergia di pianoforte e chitarra acustica. Il finale è di nuovo per ritmi ballabili, "Outsiders", che permette ancora di concludere quasi in volata.
Un album fondamentale di inizio millennio, forse non il loro migliore o originale (ma cosa vuol dire migliore?, cosa vuol dire originale?), forse non un gruppo da storia del rock, ma senz'altro qualcosa che mancava e che si potrebbe presto rimpiangere.
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