Impossibile non consigliare un album dei più grandi di sempre, i Beatles. Se "Sgt. Pepper's" è quasi sempre indicato come il più influente album pop-rock di sempre, non troppo da meno si può dire per il suo predecessore, "Revolver", uscito nell'agosto del 1966. Non erano più i Beatles degli esordi: la loro musica era sempre più ricercata ed evoluta, di facile intuizione per le splendide melodie, ma geniali per le soluzioni sempre più ardite nelle composizioni e negli arrangiamenti. Di sicuro "Revolver" è anche (probabilmente) il più adatto da usare come accompagnamento durante lo sport.
L'album si apre con "Taxman", tagliente pezzo scritto e cantato da George Harrison, non solo eccellente chitarrista solista dei Fab Four, ma anche l'anima più inquieta e il compositore più sottovalutato della band di Liverpool. "Eleanor Rigby" è il primo successo pop della storia della musica suonato soltanto da strumenti ad arco, grazie allo splendido arrangiamento di George Martin, produttore e riconosciuto da tutto il mondo come il quinto Beatles, sulla sofferta melodia di Paul McCartney.
"I'm Only Sleeping" è una riuscitissima ballata sbilenca di stampo lennoniano, un modo per riprendere fiato. "Love You To" è un altro tassello verso quella innovazione sonora del gruppo: composta e cantata da George Harrison, sopra una melodia orientaleggiante, impreziosita da diversi assolo di sitar, strumento che Harrison impararò a suonare dal Maestro Ravi Shankar.
Pacata e con melodia tipicamente maccartyana è "Here, There and Everywhere", momento di respiro prima della filastrocca di "Yellow Submarine", cantata da Ringo Starr e infarcita di suoni e cori vari. Decisamente più rock e con un grosso lavoro di chitarre elettriche (eccolo di nuovo George Harrison, a lanciare lampi di classe immensa) è "She Said She Said", un momento per noi adatto per tenere alto il ritmo.
Altra melodia maccartyana in "Good Day Sunshine", mai troppo lenta e che desta comunque attenzione, prima della movimentata "And Your Birds Can Sing", scritta e cantata da John Lennon, ma ancora con Harrison protagonista. Ballata melodica di McCartney è "For No One", sempre nei suoi tipici territori armonici.
Di Lennon e con il suo classico incedere claudicante è "Doctor Robert". Il ritmo rimane buono, così come nelle ultime canzoni dell'album: "I Want To Tell You", di Harrison, "Got to Get You Into My Life", di un McCartney più rockeggiante (e con dei fiati piuttosto inediti e ben riusciti), e per la finale "Tomorrow Never Knows", vero capolavoro dell'album, basata su un accordo solo, un andamento di batteria ossessivo, suoni al contrario ed effetti vari, e una melodia in acido di Lennon, in acido non solo in senso figurato, essendo la canzone una sorta di inno non troppo celato alle droghe allucinogene.
Un album che ha fatto storia, non invecchiato troppo, e che mostrava una volta per tutte i Beatles quali grandi compositori e musicisti, e non solo quattro capelloni inseguiti da ragazzine urlanti.
ARTICOLO A CURA DI:
Nessun commento:
Posta un commento