Go to the disco! No, non sono impazzito. Voglio solo proporre per questa settimana qualcosa di insolito. Un po' di musica che di solito si ascolta in discoteca, ma non solo. Perché i Daft Punk non fanno della semplice disco music, o techno, ma sanno essere innovativi e originali, proponendo tante e diverse sonorità.
"Discovery", album del 2001, spesso considerato tra i migliori lavori del primo decennio del millennio corrente, è probabilmente tra i loro più ballabili album, ma l'ultimo, "Random Access Memory", è forse il più adatto da proporre anche a persone con gusti nettamente diversi. Il duo francese pubblicò questo album nel 2013, raggiungendo il solito successo planetario, facendo inoltre incetta di premi come "miglior album dell'anno".
L'apertura è per un funk che richiama direttamente gli anni '80, "Give Life Back to music", ed entriamo già nel ritmo. "The Game of Love" invece ci sorprende già, una ballata melodica ma per nulla scontata. La bravura dei Daft Punk risiede anche nella capacità di proporre musica ballabile (il più delle volte) con il sottofondo di strumenti musicali veri e propri, senza usare solo campionamenti, ma anche chitarre, basso, tastiere. "Giorgio by Moroder" ha un'introduzione particolare, ovvero la presentazione a voce appunto di Giorgio Moroder, storico autore italiano di musica dance, tra i più influenti nel genere: dopodiché, la canzone si dipana per ben 9' su ritmiche ballabili, concludendosi addirittura con l'ingresso di una batteria virtuosistica che duetta con un basso.
"Within" è un altro pezzo più che sorprendente: si apre con un pianoforte struggente, prima dell'ingresso della voce (come sempre filtrata con il vocoder, ma d'altronde i Daft Punk si mostrano sempre in tenute robotiche), donando una splendida lenta ballata. "Instant Crush" ha la partecipazione di Julian Casablancas, voce degli Strokes, e ritmica e melodia sono proprio tipiche del gruppo rock newyorkese: ma i due francesi (Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter) regalano sonorità sempre originali e accattivanti allo stesso tempo.
In "Lose Yourself to Dance" altro ospite d'eccezione, Pharrell Williams, sorta di nuovo re del pop, che qualsiasi cosa tocca diventa successo immediato: ancora chitarra e ritmo funky, e un ritornello tanto semplice quanto trascinante. "Touch", con la partecipazione del semi dimenticato (ma vincitore di un Oscar) Paul Williams, è un onda impetuosa di 8' di cambi di sonorità, come se i Daft Punk avessero portato il progressive nella musica dance: un'apertura avanguardistica, poi una bella e lenta melodia vocale, quindi ritmi ballabili (con addirittura tromba e clarinetto (?), un'improvviso nuovo rallentamento, suoni tipici da sintetizzatore, coro, e uno struggente finale piano-voce.
La successiva è decisamente la canzone più conosciuta del lotto, quella "Get Lucky" che ha fatto ballare il mondo per un buon annetto, con la partecipazione sempre di Pharrell Williams, oltre a Nile Rodgers. "Beyond" è un'altra canzone dal ritmo funky anni '80, ma quello meno ritmico, dove comunque le gambe (e le chiappe) si riescono a muovere comunque.
"Motherboard" mantiene sempre un buon ritmo, ma con sonorità decisamente più sperimentali e visionarie. Torna la melodia ad accompagnare il ritmo (e viceversa) in "Fragments of Time", cantata da Todd Edwards (con presente pure una chitarra slide, o sono i sintetizzatori?). "Doin' Right", in collaborazione con Panda Bear, ha ritmiche quasi hip-hop, senza mollare troppo il freno. "Contact" parte con un'atmosfera eterea, prima di partire con ritmiche intense, con ancora una batteria in carne e ossa a tenere alte le bpm per lo sprint finale.
Un album che sorprenderà, capace di far aprire gli occhi anche a chi non ama la musica troppo ballabile.
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