mercoledì 12 aprile 2017

Musica in Movimento: Eminem - Curtain Call (the hits)

Tutti conoscono Michael Phelps, “lo squalo di Baltimora”, nuotatore tra i più grandi sportivi di tutti i tempi, vincitore del maggior numero di medaglie d’oro nella storia delle Olimpiadi, che proprio grazie al nuoto, alle grandi doti fisiche, e in misura ancora maggiore, ad una smisurata ambizione agonistica, è uscito da enormi difficoltà famigliari, sociali e umane. Qualcuno ricorderà di averlo vista prima di una delle sue gare di nuoto intento a concentrarsi con le cuffie sulle orecchie. E che musica ascoltava? Semplice, ascoltava un altro grande personaggio uscito da mille difficoltà (anche se talvolta ricadutoci in malo modo) grazie ad una passione, stavolta la musica: stiamo parlando di Eminem, rapper di Detroit che a inizio 2000 conquistò le vette delle classifiche di tutto il mondo, rivoluzionando completamente la musica rap e l’hip-hop grazie ad una fantasia sfrenata, a una penna mirabolante (in suo favore si sono scomodati anche premi Nobel e il più grande songwriter di sempre, Bob Dylan) e un gusto per la provocazione a volte esagerata, nonché dalla particolarità di essersi impossessato, da bianco, di una musica tipicamente caratterizzante i neri d’America.
È certo però che questa provocazione, questo suo ribellarsi ai benpensanti americani, allo show business (di cui però faceva parte con enorme furbizia e bravura), e alla società americana, con i suoi testi colmi di rabbia e perfida ironia, può essere ben adatta per caricarsi in vista di svariate attività sportive, non solo finali olimpiche in piscina.

Nel consigliare un album, rimane però difficile trovare solo uno. Sono pregevoli tutti i suoi primi lavori (escludendo l’esordiente “Infinite”, quindi si parla di “The Slim Shady LP”, “The Marshall Mathers LP”, “Eminem Show“, “Encore”), quindi forse la cosa migliore è considerare “Curtain Call”, vero Greatest Hits dei suoi primi lavori, il migliore a riguardo, specialmente per chi ha difficoltà ad assorbire la canzoni rap più ricercate.

L’ironico “Intro” apre le porte allo show, con l’inedita “FACK”, sarcastico pezzo con il sesso come protagonista, che porta nei territori pop-rap magistralmente esplorati da Eminem. “The Way I Am”, sopra una semplice base di pianoforte e campane, mostra il rappare di Eminem nella sua veste più arrabbiata e urlata. Ironica e irresistibile è “My Name Is”, primo singolo di successo di Eminem, che presenta il suo alter ego cattivo Slim Shady. Memorabile è “Stan”, forse il maggior successo del rapper di Detroit, dove il ritornello pop di Dido si sposa perfettamente con l’ambientazione cinematografica della storia raccontata sotto forma di scambio epistolare. 

“Lose Yourself”, un invito a non perdere mai le opportunità che si incontrano, potente, trascinante, grintosa, ha permesso a Eminem di vincere il Premio Oscar nel 2003 come miglior canzone, colonna sonora di “8 mile”, film dal successo planetario con lo stesso rapper come protagonista. “Shake That” è la più ballabile e trascurabile del lotto. “Sing For The Moment” approfitta del ritornello trascinante degli Aerosmith di “Dream On” per salire ancora dal livello già alto del flow rappante. Fenomenale e coinvolgente (e con un videoclip eccezionale) è “Without Me”, dove Eminem gioca con tutto il repertorio a sua disposizione, coniugando perfettamente rap e melodia, senza pause. 

“Like Toy Soldiers”, utilizzando il ritornello di una canzone della cantante Martika, parla delle faide tra i rappers americani che lo vedevano protagonista, invitando tutti ad abbassare i toni. “The Real Slim Shady” si pone ancora tra le canzoni più sarcastiche e surreali del suo repertorio, utilizzando nuovamente tutta la fantasia a sua disposizione. ”Mockingbird”, dove parla del rapporto con le sue figlie e la sua ex moglie, è uno dei suoi pezzi più belli, anche se di minor successo. “Guilty Conscience” è un botta/risposta con il socio di Eminem, ovvero Dr. Dre, la mente musicale. In “Cleanin’ Out My Closet” Eminem torna a vangare nella sua storia famigliare, per raccontarne tutte le difficoltà. Ritmi ballabili e toni sarcastici in “Just Lose It”. “When I’m Gone”, cruda e stupenda, racconta ancora del labile confine tra la vita di Marshall Mathers (vero nome di Eminem) e il suo alter ego Slim Shady, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Conclude l’album una versione live di “Stan” in collaborazione con Elton John (nel tentativo di chiudere una volta per tutte le voci sulla omofobia di Eminem.

Nella versione deluxe dell’album sono presenti altri pezzi: “Dead Wrong”, con The Notorious B.I.G., “Role Model”, “Kill You”, “Shit On You”, con D12 (gruppo rap di Detroit nel quale Eminem ha fatto parte in alcuni progetti), “Criminal”, “Renegade”, con Jay Z, e “Just Don’t Give a Fuck”, il tutto utile per comprendere meglio l’universo musicale di Eminem al di fuori dei successi da classifica.

Può considerarsi l’hip-hop come la musica post-moderna per antonomasia?, almeno riguardo il mondo americano? Forse, probabilmente. E potrà non piacere a tutti, ma è innegabile che Eminem abbia fornito con le sue canzoni uno spaccato non trascurabile delle contraddizioni della società americana, e non solo.

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