Bulbarelli e la sua voce a fare da cornice inconsapevole all'ultimo capitolo della storia ciclistica di uno dei più grandi.
‘A 4 km e 800 metri dalla vetta, lo scatto del pirata’
La prima stilettata del Pirata sulla salita verso Cascate
del Toce.
I giorni prima erano stati devastanti, una montagna russa d’emozioni, tra la
gioia di aver ritrovato l’amore per la bicicletta, dopo una prova d’orgoglio e
talento sullo Zoncolan, al dolore per la caduta il giorno prima, nella discesa
del Sampeyre.
Alti e bassi, ma sempre con la voglia e il coraggio di provarci ancora.
Le gambe non erano quelle del 98 e, del resto, neppure la
testa. Gli anni di accanimento giudiziario e mediatico si erano fatti sentire,
le cadute personali anche. Marco aveva il mondo contro, lo sapeva, lo sentiva.
Tornare se stesso a 33 anni, anche se per pochi istanti, è stato il suo ultimo
regalo al mondo del ciclismo.
Pantani attacca, Simoni risponde. Gilberto era in maglia
rosa, aveva un vantaggio abissale. Poteva scegliere di lasciare andare Marco,
ma invece decise di inseguirlo. Quella motivazione, quella bava alla bocca del ‘cagnaccio’
di Palù di Giovo, forse eccessiva, non era solitaria.
Marco attacca ancora, stavolta è Dario Frigo a rispondere.
Un terzo attacco, ancora Simoni. Marco non demorde, ma non riesce a fare la
differenza, sempre stoppato dalla maglia rosa. In gruppo sono titubanti, non
hanno voglia di andarlo a prendere, sembra ci sia la paura di bruciarsi, o di
rovinare il ritorno di un mito.
‘Dovrebbe attendere’. No. Pantani riparte una quarta volta,
la bocca spalancata, la testa in aria e il cuore in mano, ma l’ingombrante
sagoma di Simoni non lo lasciava mai. Ripreso, per l’ultima volta.
Pellizzotti lancia la sfida, ma sempre il leader della
classifica si muove alle sue spalle e lo sfrutta come punto d’appoggio per
ripartire. Marco resta indietro, non rientrerà più.
Pantani, sull'ultima salita della sua carriera, ha regalato l’ennesima
emozione. Senza gambe, senza riflettere, con in gioco anche parte della propria
anima e con la voglia di dimostrare di non essere finito, prima a se stesso che
agli altri. Ci è riuscito, anche senza arrivare primo. C’era qualcosa di emozionante nel vederlo al
massimo dello sforzo, nel vedere l’insensata bellezza del suo gettare il cuore
oltre l’ostacolo. Alti e bassi, ma Marco c’era. Come uomo e come sportivo.
Negli anni, il gesto di Simoni non è piaciuto e la sua
dichiarazione è risuonata come una beffa: ‘non avrebbe comunque vinto, lo
avrebbero preso gli altri’. Purtroppo è vero e Marco non l’avrebbe voluto.
3 anni prima, Armstrong aveva tirato fuori da quel cuore ferito un lampo di
onnipotenza, l’aveva pungolato, stimolato. ‘L’ho lasciato vincere’. Troppo per
l’orgoglio di Marco. Troppo per chi aveva in se un fuoco indomito e
indomabile. L’impresa di Courchevel nacque da lì. Pantani odiava perdere, ma
odiava ancora di più sapere che qualcuno non si fosse impegnato al massimo
contro di lui. Marco non voleva vincere per pietà, ma per il suo carattere.
Simoni non ha lasciato niente, ma ha fatto capire a Pantani
di temerlo ancora. Di considerarlo ancora un rivale. Suonerà banale, forse
retoricamente ridondante, ma è motivante vedere che il più forte del gruppo non
muove la squadra, ma si muove in prima persona. C’è del rispetto, magari sotto
l’antipatia, ma c’è. Froome non si muove in prima persona neppure per Contador
se ha un compagno, Simoni aveva accettato la sfida. Forse inconsciamente, forse per l'esagerazione dell'ego, ma dichiarò pubblicamente, con ogni pedalata, di vederlo ancora come il vero avversario.
E, come ho già detto, non avere battaglia, per Marco, sarebbe stata un'onta insopportabile.
Il tempo passa velocemente, le immagini sembrano sempre più
obsolete, sgranate rispetto all’HD. Eppure, dopo 13 anni, siamo ancora qui a
ricordare Marco. Perché il ricordo di un’emozione non si conserva nelle
fotografie, ma nel cuore. E li Pantani vive ancora, tra uno scatto e un sorriso.
Avevo 7 anni quando gli vidi vincere il Giro, ora ne ho 26 e, ogni volta che
vedo una bicicletta, il mio pensiero corre sempre accanto a lui.
Ciao Marco,
ci sarà sempre una parte di te in ogni ragazzo che si alza sui pedali.
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