Uno scatto. L’ennesimo.
Via l’orecchino, via la bandana. La borraccia è solo un peso. Tutto è stato
rasato.
Solo in due, alla resa dei conti, sotto un cielo limpido e un caldo soffocante.
4 Giugno 1998. La quartultima tappa del Giro d’Italia, da
Cavalese a Montecampione. Un crocevia nella corsa rosa. Pantani contro Tonkov,
la maglia rosa contro lo sfidante.
Marco è in testa, dopo anni di vittorie parziali, gloria, sfortuna e incidenti,
una carriera divisa tra il podio del Tour de France e un letto d’ospedale.
Convinto di poter salire sul gradino più alto, prima o poi.
Il Giro del 1998 è stato segnato dalla crescita esponenziale del ‘Pirata’,
partito, come sempre, in sordina e salito di colpi regolarmente. Gotti e Zulle,
Savoldelli e Guerini, Bettini e Clavero. Tutti caduti sotto i suoi scatti.
Zulle, da grande favorito, il dominatore svizzero che, per caratteristiche,
veniva accostato a Indurain, era stato abbattuto solo due giorni prima, in crisi
verso Selva di Valgardena, mentre il Pirata otteneva il secondo posto più lieto
della sua carriera.
Tutti crollati, eccetto il russo Pavel Tonkov, già vincitore del Giro nel 1996.
27” li separano, 4 tappe li dividono da Milano. Al russo non serve attaccare, ‘basta’
lasciare invariato il distacco, per poter sperare di vincere, data la sua
superiorità nelle prove contro il tempo. Difesa contro attacco. Come sempre.
Pantani attacca fin da subito, dopo essersi liberato di
qualunque minimo peso. Dalla bandana all’orecchino, fino alla borraccia.
Scatti brucianti diventano progressioni. Rasoi nelle gambe del russo.
Il cesenate non molla, continua a provarci, anche se il rivale sembrava in
buone condizioni, tanto da spingere Davide Cassani, in cabina di commento, a
esporsi in valutazioni molto favorevoli al corridore della Mapei.
Marco insiste, si volta pochissime volte, non vuole guardarlo in faccia. Non
serve. Lo sente alle sue spalle, il respiro sempre più pesante di un guerriero
dal sangue freddo.
Un altro attacco, un’altra progressione. Tonkov si siede, gli lascia qualche
centimetro.
I centimetri diventano metri, i millesimi diventano secondi.
Il traguardo si avvicina, dopo l’ennesima sfida al destino.
Un ghigno, lo sbuffo di chi ha raschiato dal barile ogni barlume di energia. Arriva
facendo la volata. A tutta. Per non perdere tempo, per chiudere al più presto
la sua agonia e poter fare i conti con se stesso, con una sensazione,
finalmente, di soddisfazione.
1’01” il guadagno del campione di Cesenatico, 1’28” il vantaggio da gestire
nell’ultima cronometro.
Il finale era già scritto, tutti lo conosciamo.
In maglia rosa, ad abbracciare la felicità.
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