mercoledì 14 dicembre 2016

Musica in movimento: Sonic Youth - Daydream Nation

Pochi gruppi hanno saputo suonare e cantare il disagio giovanile dell'America reaganiana degli anni '80, inglobando le tendenze che si stavano affacciando (il grunge) sulle ceneri dei tentativi rivoluzionari (il punk) e dello sperimentalismo d'avanguardia (la musica dissonante e/o l'industrial), come i newyorkesi Sonic Youth. Il loro "Daydream Nation", del 1988, ha rappresentato uno spartiacque del rock Made in USA, ma sarebbe riduttivo citarlo solo per questa qualità. È un album fondamentale in cui il quartetto ha saluto districarsi al meglio tra le loro sonorità distorte tipiche del noise (di cui rimangono i massimi esponenti), melodie perfettamente digeribili anche da orecchie non troppo abituate a suoni atonali, e, soprattutto per chi fa sport, pulsioni ritmiche intense e costanti.


L'apertura, dopo un minuto di chitarra (Thurston Moore) e voce femminile (Kim Gordon, anche bassista), è per la potente "Teen Age Riot", perfetta nel mix di qualità prima citate, sognando un rocker come presidente degli Stati Uniti. "Silver Rocket" racchiude in meno di quattro minuti il Sonic Youth pensiero, tra chitarre distorte (Lee Ranaldo, che con Moore si divide anche alla voce), due semplici accordi, batteria senza pause (Steve Shelley), approccio punkeggiante, un intermezzo di puro rumorismo noise nella parte centrale. "The Sprawl", cantata da Kim Gordon, dopo una partenza decisa sembra rimanere in sospeso, nelle atmosfere ambigue delle dissonanze chitarristiche, soprattutto nella seconda parte. 'Cross the Breeze", mai decisa tra hardcore e puro noise, col cantato urlato di Kim, sono 7' di vera furia sonica. 

Convulsiva è "Eric's Trip", dove chitarrismo e rumorismo convivono perfettamente, in una melodia vocale non difficile da assimilare. "Talk Trash" sono altri 7' di potenza sonora e delirio strumentale, leggermente più contenuti all'inizio, prima dell'esplosione centrale. "Hey Joni" è davvero canzone precorritrice del grunge nirvaniano esploso poco tempo dopo. "Provvidence" è al primo ascolto un semplice collage sonoro-rumoristico, tra pianoforte, rumori di fondo, e un messaggio telefonico: è in realtà un fantastico esempio della capacità del gruppo di appropriarsi delle avanguardie e giocarle a proprio favore, mostrando la potenza evocativa di un semplice messaggio in segretaria con un sottofondo suggestivo. 

"Candle" (che richiama la copertina dell'album - la riproduzione di un quadro iperrealista di Gerhard Richter) è uno dei pezzi pregiati dell'album, con un arpeggio tra i più accessibili del lavoro. "Rain King" sono altri quattro minuti potenti, dissonanti, un treno in corsa tenuto abilmente a bada dalla band. "Kissability", con ancora una batteria tumultuosa, dona ancora ritmo da poter sfruttare. Si termina con "Trilogy", brano di 14 minuti, ma perfettamente diviso in 3 parti: "The Wonder", pezzo rock noise del più classico degli Sonic Youth; "Hyperstation", 7' tra il crescendo iniziale, la parte centrale più classica, e il finale rumoroso; "Eliminator, Jr.", i conclusivi due minuti e mezzo di volata, con la furia distorta e dissonanze abrasive del quartetto newyorkese.

Un album, doppio, che rimane (e rimarrà) il più importante lavoro del rock noise, una di quelle poche e memorabili opere capaci di unire musica alternativa e underground con accessibilità, senza svendersi, lasciando intatte le proprie caratteristiche peculiari.

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