Oliviero Bosatelli è un runner specializzato nelle ultra distanze e negli ultra Trail.
Vincitore dell'edizione 2016 del Tor des Geants, Endurance Trail che si snoda per 330km in Valle D'Aosta.
Negli ultimi mesi sei
stato spesso sotto i riflettori mediatici. Se dovessi descrivere la
persona che sta dietro all'atleta con tre aggettivi, quali
sceglieresti?
Io
mi sento ancora la persona che c'era il giorno prima di diventare
protagonista a livello mediatico. Per me non è cambiato nulla, ma
preferisco lasciare giudicare gli altri.
E se dovessi scegliere
3 aggettivi?
Dicono
che sono: disponibile, umile e simpatico.
Credi di essere
disponibile, umile e simpatico anche in corsa?
Penso
proprio di si, perchè, in fondo, il mio il carattere è così. Di
base sono così.
Cosa significa essere
un atleta umile?
E'
un atleta che non si esalta e che non esalta le proprie capacità
facendole così pesare sugli altri. Chiaramente quando c'è la gara
si gareggia, però quando si vive la vita quotidiana si rimane una
persona normale.
Ho avuto modo di
constatare che l'umiltà è una dote diffusa e ricercata tra chi si
rivolge alla corsa in montagna o alle ultra-distanze. Anche secondo
te è una caratteristica apprezzata?
E'
vero. Molte persone sono umili. Io credo l'umiltà faccia parte di
questa tipologia di sport.
Non
credo che queste discipline sportive creino il carattere, rendendo
umili. Penso, però, che se sei umile sei attirato da queste
discipline e in parte ne sei anche avvantaggiato.
Hai chiuso il Tor in
75,10 ore. Se dovessi suddividere il tempo trascorso in percentuali
relative alle 4 principali emozioni provate in corsa (gioia, rabbia,
tristezza, paura), quali potrebbero essere?
Non
ho mai provato ne rabbia, ne tristezza. La paura mi ha accompagnato
per 5 ore, nel periodo in cui sono stato stato avvisato di come Perez che
avesse riguadagnato. La gioia, seppure relativa è stata con me per 70
ore, e per 10 minuti è stata assoluta.
Nella
fase iniziale sei fresco, tieni il tuo passo, sai chi hai davanti e
chi hai dietro. Da quando sono passato al comando, non ho mai
guardato più di tanto indietro e ho tenuto il mio passo. Non ci sono
state rabbia e tristezza. Non avevo motivo per arrabbiarmi o per
rattristarmi.
Essendo
sempre stato davanti, ho potuto provare molta gioia. La gente ti
aspetta ai rifugi, fai le foto, hai la possibilità di trascorrere
momenti piacevoli e di vivere belle emozioni. Anche se non fossi
arrivato al traguardo, stavo vivendo dei bei momenti.
Gli
ultimi 10 minuti la gioia è stata decisamente più forte. Dal
momento in cui ho imboccato l'asfalto per arrivare nel centro di
Courmayeur, acquisendo la consapevolezza di aver vinto, la gioa è
diventata assoluta e questa sensazione mi ha accompagnato anche dopo
il traguardo. Sai, finchè non arrivi sotto il traguardo non puoi mai
sapere di aver vinto.
La
paura l'ho invece provata, come ti dicevo, quando mi hanno avviato
che Perez aveva recuperato qualche minuto. Non so se sia stata
proprio paura, forse è stata più ansia.
Prima mi dicevi che
finchè non passi sotto il traguardo non hai vinto. Quando ti sei
reso conto che stavi portando a casa il Tor? Sotto il traguardo o
prima?
Inizi
a realizzarlo prima, inizi anche a pensare a cosa dire al traguardo.
Immagini chi ti accoglierà al traguardo, immagini le persone che ci
saranno. Inizi a pensare a come sarà la tua vittoria.
Bisogna
però mettere in conto che la sicurezza la puoi avere solo al
traguardo. L'imprevisto è sempre dietro l'angolo. E' un'incognita, e
può sempre capitare.
Oggi hai 47 anni.
Credi la maturità sia una risorsa nelle ultra-distanze? La trovi più
o meno importante rispetto al “motore”?
Prima
degli ultimi 2 anni non avevo maturato molta esperienza sulle lunghe
distanze. Non so quindi dire se da giovane non avrei saputo gestire
l'aspetto mentale connesso alle lunghe distanze o se l'avrei gestito
in maniera diversa rispetto ai miei attuali 47 anni.
Dicono
che chi ha qualche anno in più ha un passo più conservativo, è più
cauto, più cosciente, mentre il giovane è più impulsivo, ha voglia
di arrivare al traguardo e magari salta.
Per
quanto mi riguarda, io uso molto la forza fisica, ma cerco sempre di
abbinare la strategia e l'aspetto mentale. Io prendo ogni gara con il
mio ritmo. Non sono mai arrivato distrutto all'arrivo, anche se in
futuro potrebbe succedere.
Fino
a questo punto mi è andata bene, ma anche se non dovessi arrivare
primo non sarebbe un problema.
Quindi non arrivi mai
distrutto al traguardo?
Si,
se non consideriamo le corse di inizio anno. Durante l'inverno mi
fermo per molto tempo. Ho altre cose a cui dedicare attenzione, la
voglia un po' mi passa e quando a inizio stagione faccio una 40 km,
non avendo allenamenti sui lunghi, mi vengono i crampi.
Alle
Orobie e al Tor non ero distrutto al traguardo e credo avessi ancora
delle energie. Diciamo che riesco a gestire le energie e avere sempre
un po' di riserva.
Mi pare di capire che
in corsa hai sempre un po' di gioco. Ti capita mai di dover gestire
delle crisi sulle lunghe distanze?
Ripeto,
al Tor sono stato benissimo. Non ho mai avuto crisi o dolori. Alle
Orobie probabilmente avevo sbagliato i sali e sono andato un po' in
crisi alimentare. Non riuscivo più a mangiare e bere nulla.
Se
bevevo qualcosa che non fosse acqua mi veniva il vomito.
Probabilmente un mio errore che mi ha portato a giocare male la gara,
anche se sono arrivato bene. Mi sono però gestito e non ho vomitato,
come a molti accade.
Un parere diffuso tra
gli atleti di ultra distanze che ho intervistato riguarda l'importanza
della gestione della crisi. Ascoltandoti mi sembra invece più
importante saper scegliere un ritmo a portata delle proprie
possibilità. Cosa ne pensi?
Sono
d'accordo. Come ti ho detto non ho mai intaccato il mio organismo al
punto da andare in crisi. Fino ad ora, mantenendo la mia andatura e
la mia alimentazione sono riuscito sempre ad andare abbastanza bene.
Se
mi arrivasse una crisi forse non saprei nemmeno come fare, dato che
non mi è mai capitato di dover star fermo un quarto d'ora o mezz'ora
prima di ripartire.
Tante persone guardano
alle ultra-distanze con curiosità, ammirazione, ma considerandole un
mondo “fuori dal comune”. Nella tua esperienza cosa cambia al
progressivo crescere delle distanze?
Seppure
mi sia fermato qualche anno, ho sempre corso. Prima praticavo corsa
in montagna, qualche maratona, ma sfidare me stesso per vedere fino a
che punto il mio organismo era in grado di arrivare è stata una
nuova avventura.
Il
mio obiettivo non era arrivare primo. La sfida era terminare una data
gara e completare una determinata distanza. L'essere abbastanza forte
l'ho scoperto solo in un secondo momento.
Credo
che quello che cambia, con l'aumentare delle distanze, consista
innanzitutto nella tipologia di sfida che noi proponiamo al nostro
organismo. C'è poi un fattore mentale. La volontà è una
discriminante importante. Non è patrimonio di tutti, ma solo di
alcuni. Se preferisci fare allenamenti di 1 ora è meglio
indirizzarsi su gare più corte. Se hai caparbietà, resistenza e
testardaggine, forse diventa più semplice essere disponibili a fare
allenamenti di 6/7 ore.
Mi hai raccontato di
aver iniziato a praticare lunghe distanze per una sfida con te
stesso...
Quando
si sono inventati le Orobie Ultra Trail sui nostri sentieri, ho
pensato fosse una bella occasione poter partecipare ad una gara così
lunga su sentieri che conosco. Mi sono detto: “lancio una sfida a
me stesso e vedo se riesco a terminarla”. La prima volta che l'ho
corsa, ho poi scoperto che oltre a finirla quasi riuscivo a vincerla.
Come ultima domanda
vorrei domandarti quando è stata la prima volta dove, in tutta la
tua vita, fin da quando eri un bambino, ti sei accorto di essere
particolarmente resistente?
Uno
degli sport che ho praticato da piccolo è stato il calcio. Quando,
nei pulcini, facevamo la corsa intorno al campo, i miei compagni mi
dicevano di stare in fondo al gruppo altrimenti facevo alzare
l'andatura e li facevo scoppiare. Sai sono frasi a cui non dai peso,
però già in quel momento vedevo come avevo più resistenza di tutti
i miei compagni di squadra.
I pulcini hanno 6/7
anni?
Si,
6-8 anni.
Quindi eri il
ragazzino che correva più di tutti?
Si,
io andavo avanti e indietro sul campo. Mi trovavi sia in attacco
che in difesa e non mi pesava.
In che ruolo giocavi?
Facevo
il difensore, ma non ero molto bravo. Non avendo problemi di fiato,
andavo su e giù e alla fine facevo sia il difensore, il
centrocampista, che l'attaccante.
C'è una domanda che
non ti ho fatto a cui vorresti rispondere? Qualcosa che vorresti dire
e di cui non hai ancora parlato?
Molti
vedono l'ultratrail come uno sforzo esagerato che va contro il nostro
fisico, ma se una persona sceglie questo sport è perchè trova
gratificazioni mentali e soddisfazioni che vanno oltre allo sforzo
fisico che si compie.
Da
parte mia penso che se uno vuole provare questa esperienza è giusto
che la faccia, anche se il giorno dopo è distrutto. A volte bisogna
saper ascoltare la propria mente, anche a discapito dei possibili
problemi fisici. Per stare bene credo sia importante saper
accontentare la mente.
Quali sono i benefici
che ti porta l'ultratrail?
Ti
permette di scaricare la tensione, vai in posti mai visitati in
precedenza, stai in mezzo alla natura e in mezzo alle montagne,
conosci altre persone ed esperienze diverse dalla tua. Scopri un
nuovo mondo.
Io
ad aggi non dovrei correre perchè ho il legamento laterale del
ginocchio che mi fa male, ho la schiena malconcia, ma a livello
mentale e psicologico mi trovo meglio così e vado allora avanti
così.
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