Katia Fori è un'atleta e runner italiana, del team Kinomana Tecnica, specializzata nell'ultratrail,.
Vincitrice in numerose competizioni italiane è una delle pedine della nazionale.
Katia Fori inizia la sua avventura da runner nel 2007 e da subito iniziano ad arrivare i primi risultati, fino a diventare una delle atlete di maggiore spicco nel panorama nazionale.
Ciao Katia, quando ci
siamo incontrati mi hai trasmesso una sensazione di “delicatezza”.
Quando gareggi credi emergano delle parti di te che rimangono sullo
sfondo nella vita quotidiana o credi invece ci sia una sorta di
continuità?
Delicatezza…. veramente
me lo hai fatto notare tu, comunque anche io penso di trasmettere
delicatezza. Il mio approccio alla corsa, prima, durante e dopo la
gara, non è un approccio aggressivo. Credo questo accada, perchè io
mi sento un amatore della corsa e non una professionista.
Detto questo sono una
persona determinata che ama fare bene ciò che fa, in ogni ambito
della sua vita, sia che si parli di lavoro, sport o negli hobby. Non
ho molte mezze misure, quando intraprendo un'attività mi piace farla
al 100%.
Cosa significa per te
correre al 100%?
Che all'interno dei
limiti, delineati dalla mia vita quotidiana e dei miei impegni, cerco
di dare il massimo. Devo ammettere che il meglio di me lo riesco a
dare in gara, dove riesco a essere molto concentrata e dove la novità
e il paesaggio mi aiutano a non sentire la fatica.
Quali sono a tuo
parere le risorse mentali che ti permettono di dare il 100% in gara?
Credo l'ottimismo, la
determinazione e la passione nel fare ciò che mi piace.
In diverse interviste
hai dichiarato di avere un approccio ottimista in corsa. Questo
significa che i pensieri negativi non attraversano la tua mente o che
quando questi arrivano li contrasti, attivamente, con l'ottimismo?
Ne arrivano pochi e
quelli che arrivano li respingo. Cerco sempre di cogliere il lato
positivo in ciò che mi accade. Se sto partecipando ad una 100km e
sono al 50° km, non penso “ne ho fatti solo 50”. Penso “ne
mancano solo 50”. Il soffermarmi sul lato positivo delle situazioni
è una cosa che mi riesce naturale.
Inoltre, in un'ultra, mi
trovo spesso ad affrontare dei problemi di diversa natura:
alimentazione, stanchezza fisica o altro. Avendo un approccio molto
pragmatico, non sto a fare tragedie che potrebbero compromettere la
gara, ma cerco di trovare il prima possibile una soluzione a ciò che
mi è accaduto.
Certo, quando arriva un
problema ho anche io un attimo di sconforto, ma poi torno subito in
me e trovo una soluzione o comunque lo affronto. Penso che, visto che
sta accadendo ciò che sta accadendo, tanto vale viverlo a pieno quel
momento.
Penso che essere
ottimista e pragmatica, mi permetta di non buttare via gare ed
allenamenti in cui si presentano dei problemi o delle difficoltà.
“Lo sport non
costruisce la personalità. La rivela.” Questa è una frase
pronunciata da Heywood Hale Broun, un giornalista sportivo. Ti trovi
d'accordo o no con questo pensiero?
Penso che sport e vita di
tutti i giorni siano molto interconnessi. Lo sport senza dubbio ti
aiuta a rafforzare il carattere e la personalità, però di base
almeno un po' di carattere già lo devi avere.
In discipline come la
corsa in montagna o l'ultratrail, anche solo per concludere una gara
è necessario avere del carattere. Ottenere risultati di prestigio,
forse è ancora più difficile, ma anche il concludere la gara
richiede che una persona abbia carattere.
Credi che una persona
con poco carattere non possa finire un'ultra?
Un'ultra dura molte ore e
un atleta può attraversare climi caldi, freddi, pioggia, notte e
giorno. Se intendiamo carattere come determinazione e capacità di
fare fatica, credo un atleta con poco carattere farà molta più
fatica e le difficoltà aumenteranno notevolmente.
Oltre ad essere
un'atleta sei anche una lavoratrice. Credi ci siano delle competenze
maturate sul lavorato che possano aiutare uno sportivo e viceversa?
Non so se sia possibile
parlare proprio di competenze. Credo sia meglio parlare di
comportamenti. Nella mia vita professionale lavoro come direttrice di
banca e i comportamenti che metto in atto sul lavoro e nello sport
sono sempre gli stessi.
Per raggiungere la mia
posizione attuale ho da sempre dovuto essere determinata, tenace,
appassionata, oltre che corretta ed onesta. Associando a tutto questo
molto impegno. Nella corsa, per raggiungere dei risultati, credo che
i comportamenti da mettere in atto siano gli stessi.
Credi che lo sport
possa essere una sorta di formazione alla vita professionale?
Lo sport da una
formazione per tutta la vita e non solo esclusivamente professionale.
Ti insegna che se vuoi ottenere dei risultati devi saperci mettere
impegno. Ti insegna ad essere leale, corretto ed onesto verso gli
altri concorrenti e verso gli organizzatori. Credo che lo sport sia
una scuola di vita, non solo in riferimento all'ambito professionale.
Dai il meglio di te
sulle lunghe distanze e sei sicuramente un'atleta resistente. Se
pensi alla tua vita fin da quando eri bambina, credi ci sia stato un
momento in cui ti sei accorta di essere una donna resistente?
No, mi sono accorta di
quest'aspetto solo quando ho iniziato seriamente a fare sport e a
correre. Ho iniziato a cavallo tra il 2007 e il 2008, partendo
subito dalle ultra. Prima di quel momento non mi ero mai accorta di
essere resistente.
Ti posso chiedere cosa
pensavi di te, rispetto al tema della resistenza, prima del 2007?
Pensavi a te stessa come a una donna resistente o come a una donna
che mollava?
Non mi sono mai pensata
come ad una donna che molla. L'idea che ho sempre avuto di me è di
una persona con caratteristiche positive. Proprio per questa ragione
ho sempre dato il massimo, cercando con i fatti di non disconfermare
quanto io pensavo di me stessa.
Prima del 2007/2008 non
ho mai dato peso all'essere resistente, ma ho sempre pensato che
posso riuscire in ciò che faccio. Nello studio, come nel lavoro,
sono sempre riuscita ad ottenere quanto mi ero prefissata (quasi!!)
Penso che questa sia
una risorsa importante per ogni sportivo e in particolare per chi si
rivolge alle ultra. Pensare di potercela fare è già metà del
lavoro...
La prima ultra seria a
cui ho partecipato è stata l'UTMB. Io ho iniziato a correre per
finire l'UTMB e prima di allora avevo partecipato solo a due ultra
che assegnavano dei punti. Nonostante la mia poca esperienza, quando
sono partita dal via non ho mai avuto un dubbio che sarei riuscita a
finirla.
In corsa pensavo ai
messaggi che avrei inviato alle mie amiche per comunicare che avevo
finito l'UTMB. Questo per chiarire come non ho mai avuto un dubbio su
come si sarebbe conclusa la gara. Penso che anche questo sia
ottimismo.
Molti atleti mi hanno
raccontato come in momenti di difficoltà si prefigurino l'arrivo o
il traguardo...
Non mi sono mai forzata a
pensare queste cose, le immagini arrivavano da sole. Non mi sono mai
imposta di pensare alla gioia finale o a elementi positivi, mi è
sempre venuto naturale.
Ultratrail sport da
veri duri. Credi esistano delle differenze mentali tra uomo e donna
nello sport e credi, inoltre, ci siano degli aspetti che
avvantaggiano le donne?
Ho notato che i divari
cronometrici tra uomini e donne sulle lunghe distanze non sono
esagerati. Dato che non c'è molta differenza tra le prestazioni di
uomini e donne sulle lunghe distanze, questo significa che le donne
se la cavano bene nelle ultra.
Mi sono spiegata questi
risultati con il fatto che le donne hanno da sempre una soglia del
dolore più elevata. Forse potrà sembrare una banalità, ma credo
che le donne siano più adatte allo sport di endurance.
Le donne sono poi
abituate da sempre a dover lottare maggiormente per avere gli stessi
risultati di un uomo. Se penso al mondo del lavoro, la parità tra
uomo e donna esiste più sulla carta che nella realtà. Visto che una
donna deve faticare di più per acquisire la stessa posizione, credo
sia in un certo modo abituata a faticare.
Credi che le donne
siano predisposte all'endurance?
Non credo che tutte siano
predisposte, ma quelle che lo fanno ci credono molto di più rispetto
agli uomini che partecipano a gare di endurance.
Le donne presenti nel
mondo dell'endurance non sono molte, ma sono estremamente motivate.
Se prendono parte ad un'ultra è per finirla.
Mi hai raccontato i
vantaggi che una donna, che prende parte a un'ultra, ha dal punto di
vista mentale. Pensi invece ci possano essere degli svantaggi?
Mi hai un po'
spiazzato... pensandoci, però, non me ne vengono in mente.
Se dovessi suddividere
in percentuali relative a testa, allenamento e talento naturale, le
componenti che costituiscono un successo in un'ultra, quali
sceglieresti?
Penso che la più
importante sia il talento naturale, che incide moltissimo. A seguire
la testa e poi l'allenamento. Non dico che l'allenamento non sia
importante, perchè è la base necessaria per fare bene, ma la
differenza la fa il talento naturale e a questo segue poi la testa.
Per me è sicuramente così.
E se dovessi darmi
delle percentuali?
Potremmo fare 50% talento
naturale, 30% testa e 20% allenamento. Credo che per ottenere
determinanti risultati devi avere una predisposizione. L'allenamento
ti permette di divertirti, ma solo con questo non potrai raggiungere
certi livelli. Se bastasse l'allenamento tutti sarebbero forti.
Questo vale nelle ultra, come anche in sport come l'atletica leggera.
Anche la testa fa tanto,
però, anche in questo caso, senza il talento naturale non puoi
emergere. Con l'allenamento e la testa puoi divertirti.
C'è qualcosa che non
ti ho chiesto e che ti piacerebbe aggiungere?
Rispetto all'ottimismo
credo che chi si rivolge alle ultra o alle corse in montagna è
aiutato da quello che lo circonda. Affrontare dei momenti difficili
quando sei immerso in panorami bellissimi e posti nuovi è
sicuramente più semplice rispetto a quando corri sull'asfalto.
Penso non riuscirei a
correre su strada. Io corro perchè mi piace la montagna, non amo la
corsa fine a se stessa. Mi piace stare in montagna e in mezzo alla
natura e credo sia l'aspetto che lega le persone che praticano questi
sport.
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