Musica in Movimento: Muse - Absolution

Reduci da 6 date consecutive al Forum di Assago, i Muse proseguiranno a portare in giro per il mondo il loro rock barocco, sempre più commerciale, sempre più fanfarone, a tratti persino un po' kitsch, dopo aver preso, anni fa, la parte sbagliata in un bivio dal quale tantissimi amanti del rock sognavano un futuro radioso. 

Il futuro radioso i 3 musicisti britannici lo hanno avuto, hanno riempito stadi, venduto milioni di copie, vinto miriadi di premi, lontani però dai primi due album con cui sorpresero il mondo e diedero di nuovo speranza e vitalità a chi credeva che ci fosse ancora poco da dare nel mondo della chitarra elettrica. Dopo "Showbiz" e "Origin of Simmerty", oltre all'album di live e b-sides "Hullabaloo", tutti aspettavano con trepidazione il loro terzo album in studio, quello della consacrazione. Fu invece la loro prima strizzatina d'occhio al pop più orecchiabile e di facile approccio, pur con la loro destrezza strumentale e compositiva. "Absolution", uscito nel 2004, è stato lo spartiacque della loro carriera, un po' più accessibile dei due predecessori e un po' più ricercato e fresco dei successivi. Nel suo continuo passaggio tra canzoni rock spinte e ballate intimiste, rimane ottimo e gradevole da ascoltare durante lo sport, grazie alle numerose variazioni di intensità.

Dopo "Intro", pochi secondi di una marcia militare, parte "Apocalypse Please", pianoforte in primo piano, e un tema oscuro e pessimista, centrale in tutto l'album, con un ritmo cadenzato in cui Matthew Bellamy dichiara la sua sfiducia nel futuro dell'umanità. 

"Time Is Running Out" è il corpo del delitto, la canzone che per prima ha spinto i Muse in testa alle classifiche, con una strofa dal ritmo accattivante e un ritornello trascinante. Una ballata in crescendo è "Sing For Absolution", che lascia spazio ancora alla melodia, pur senza strafare, e lasciando intatti il retrogusto gotico tanto caro al gruppo. 

Trascinante e rockettara al punto giusto è "Stockholm Syndrome", che mostra come i 3 ci sappiano fare davvero se vogliono: Bellamy ha una voce con cui può fare quello che vuole, oltre ad una grande capacità strumentale a chitarra e pianoforte, Chris Wolstenholme al basso crea una sezione ritmica forsennata insieme alla batteria di Dominic Howard. "Falling Away With You" parte come una dolce ballata chitarra voce, prima dell'ingresso di tutto il gruppo, tornando a dinamiche più intense, lasciando però la sensazione di qualcosa di incompleto. 

"Interlude" è un semplice passaggio di chitarre elettriche di mezzo minuto, preludio di "Hysteria", un vertiginoso giro di basso di Wolstenholme, un incedere quasi ballabile, un ritornello ancora una volta trascinante, l'essenza dei nuovi Muse. "Blackout" è un lento maestoso, con violini a tessere una dolce atmosfera sulla quale si posano le note soavi di Bellamy: i Muse più romantici. 

In "Butterflies and Hurricanes" ritorna la sezione ritmica devastante del gruppo, un'altra canzone trascinante su cui far andare le gambe, pur con un intermezzo da musica classica nella parte centrale della canzone. Siamo dalle parti del punk in "The Small Print", e quando i Muse spingono così forte, ragazzi, ci sanno davvero fare. 

Un'andatura più pop, grazie soprattutto alle tastiere, in "Endlessly", senza però lasciar troppa possibilità di frenata. Ecco che con "Thoughts of a Dying Atheist" tornano i Muse più rockettari, nonostante un ritornello più melodico. Il finale è il nostro classico defaticamento, un altro brano che prende direttamente dalla musica classica: "Ruled by Secrecy" infatti è giocata sopra un semplice giro di pianoforte, con atmosfere sempre piuttosto dark e gotiche, per poi esplodere nel classico barocchismo alla Muse, dove i tre ragazzi danno sempre del loro meglio.

Chissà se i Muse avessero preso la strada alternativa cosa sarebbe successo. Chissà davvero. D'altro canto, dal loro punto di vista, non si può dire che abbiano sbagliato. Rimane il dubbio. E delle ottime canzoni rimangono comunque, nonostante tutto.

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