Una risposta semplice alla domanda posta nel titolo, può essere trovata nella teoria della dissonanza cognitiva, sviluppata da Leon Festinger (1957).
Cos'è la dissonanza cognitiva e di cosa parla questa teoria?
Ogni persona ha la necessità di mantenere un senso di coerenza tra opinioni e credenze rispetto a se stesso, il proprio ambiente e il proprio comportamento.
Quando capita che due opinioni o credenze non siano coerenti tra loro allora una persona percepirà un disagio emotivo, che vorrà rimuovere ristabilendo un equilibrio.
Per ridurre questo stato di tensione un individuo dovrà modificare l'elemento meno resistente al cambiamento tra le opzioni che generano conflitto.
La teoria della dissonanza cognitiva è molto usata all'interno delle discrepanze tra atteggiamenti e comportamenti. Capita infatti molto spesso che ciò che vorremmo fare e quello che facciamo sono siano due cose completamente differenti e questo genera in noi uno stato di tensione. Per ridurre questo spiacevole disagio emotivo dovremo modificare il nostro comportamento o il nostro atteggiamento e ci rivolgeremo, secondo la teoria, all'aspetto più semplice da modificare. Una volta completato il cambiamento potremo continuare felici e meno scossi emotivamente.
Ecco un esempio legato al mondo dello sport. Marco è tornato dalle vacanze al mare e ha deciso di iniziare a correre. Non è più un adolescente e si è accorto che ha messo su qualche chilo, perché il suo metabolismo si è rallentato. Il primo settembre Marco si reca in un negozio di abbigliamento sportivo, compra un paio di scarpe da running e dell'abbigliamento tecnico. Il giorno seguente si prepara per uscire a correre, ma prima decide di controllare la posta elettronica. Una volta vista la mail, apre facebook e lentamente si accomoda sul divano dove rimane per un'ora fino a quando pensa "vado domani a correre, tanto non devo mica diventare un professionista!". Allora si alza, va nuovamente a cambiarsi e decide di rimanere a casa.
Marco in questo esempio ha sperimentato la dissonanza cognitiva. Il suo atteggiamento era propenso alla corsa, ma il suo comportamento ha preso una piega diversa. In quel momento i suoi pensieri e i suoi comportamenti erano in conflitto e questo generava in lui uno stato di tensione, che per essere risolto richiedeva un cambiamento dell'atteggiamento (quanto è importante l'attività fisica per me) o del comportamento (esco o non esco a correre).
La teoria della dissonanza cognitiva presuppone che gli atteggiamenti siano più facili da modificare rispetto ai comportamenti e questo ci porta a scegliere con più frequenza di non uscire a correre e di modificare i nostri pensieri, proprio come ha fatto Marco "vado domani a correre, tanto non devo mica diventare un professionista!".
Ora qualcuno potrebbe chiedersi perché solitamente cambiamo i nostri atteggiamenti e non i nostri comportamenti?
Principalmente per 2 motivi:
1) Spesso quando sperimentiamo uno stato di tensione tra ciò che non abbiamo fatto e ciò che avremmo voluto fare, il comportamento (o il non comportamento) è già stato messo in atto. In pratica, quando mi sento in colpa perché non sono uscito a correre e sto pensando che avrei dovuto farlo, ho già optato per rimanere a casa ed è più semplice mutare il mio atteggiamento rispetto alle motivazioni che mi avrebbero dovuto spingere a farlo.
2) Tendiamo normalmente per optare per il principio di minimo sforzo. Tra due alternative scegliamo la meno faticosa e mutare i nostri atteggiamenti è decisamente meno faticoso che alzarci e metterci in tenuta sportiva ed uscire di casa.
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Edizioni: Psiconline
Autore: Cesare Picco - psicologo/psicoterapeuta e psicologo dello sport
Argomento: esistono 5 tipologie di motori mentali. Ognuno di essi ha bisogno e funziona al meglio con uno specifico livello di stress.
Conoscere il proprio motore mentale permette di comprendere cosa fare e come ottenere gli obiettivi sportivi che ci prefiggiamo.
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Interessantissima riflessione che ci riguarda spesso :)
RispondiEliminaTi riadotto!