Quando nel 2013 la statunitense Rory Bosio vinse l'Ultra Trail di Mont Blanc (UTMB), l'ultratrail più importante del mondo, fece una prestazione incredibile. Non solo dominò a livello femminile, dove abbatté il record del percorso, ma arrivò persino ad un fantastico settimo posto assoluto. Di lei si conosceva poco, essendo la sua prima grande corsa in Europa. Si cercò di conoscerla meglio nell'ambiente trail, per capire che tipo fosse, e se avesse un segreto. Si scoprì che era (ed è tutt'ora) una praticante di yoga, e si pensò che le avesse dato enormi vantaggi per la gara. Vero, ma si poteva notare un'altra cosa osservando le foto dell'UTMB: aveva le cuffie, ergo, ascoltava musica.
Cosa potrebbe dare una grossa carica per tenere duro durante i momenti di crisi in una gara di 170 km a piedi, o comunque, in una qualsiasi attività fisica? Qualcosa di giovanile, potente, intenso, energico, e magari americano? Possono andare i Foo Fighters? Direi di sì. Eccome!
Parliamo dell'album della loro definitiva consacrazione, "One by One", del 2002. A dire il vero, quasi ogni loro album è stato una consacrazione, ma questo, forse per il tormento che aveva sotto (tra problemi vari e rischio di scioglimento), a me sembra il più adatto da ascoltare facendo sport.
La partenza è subito una bomba: il riff che è una semplice nota tenuta a lungo, la sussurrante voce di Dave Grohl (leggenda vivente del rock), calma parente, ma presto si esplode in una trascinante cavalcata, "All My Life", dove le diverse anime del gruppo si fondono in un'unica grande canzone.
Con "Low", si riprende da dove si aveva terminato: potenza rock, voce magnifica, chitarre che parlano tra di loro (quella di Grohl e quella solista ma umile di Chris Shiflettt), e si continua a sudare. Così come con "Have it All", dove la batteria di Taylor Hawkins e il basso di Nate Mendel sostengono perfettamente l'impianto sonoro della band.
"Time Like These" è uno dei più grandi successi dei FF, ma non per questo eccessivamente melodica, anzi: il sound è sempre caldo, la voce di Grohl che passa dal sussurro all'urlo come pochi al mondo. E fin qua, si è sudato, o si sono stretti i denti.
I toni si smorzano lievemente con l'inizio di "Disenchanted Lullaby", ma il ritornello lascia ancora la possibilità di tenere alto il ritmo. Il vero momento di respiro arriva con la morbida "Tired of You", una semplice canzone per chitarra e voce (con la partecipazione di Brian May, storico chitarrista dei Queen, a regalare un sottofondo inconfondibile), giusta per tirare il fiato a metà dell'opera.
"Halo" mantiene sempre i giusti ingredienti per passare dalla leggerezza della strofa alla potenza del ritornello. Con "Lonely as You" la partenza è calma, ma presto i toni si fanno più cupi e distorti, e l'energia del gruppo rimane. "Overdrive", nonostante sia una delle meno riuscite dell'album, tiene sempre alto il tiro: qualunque attività tu stia facendo, non è di certo il momento di mollare.
"Burn Away" ha un ritmo più lento, ma non per questo concede respiro, per quello ci sarà tempo. Il finale è tutto per i quasi 8' di "Come Back". Come l'album si apriva, l'album si chiude, con tutta l'energia e la forza dirompente del rock. A dire il vero, ad un certo punto la canzone pare finita, ma è solo l'ultimo respiro, prima della volata finale, con gli strumenti a rincorrersi nella lunga e fin quasi epica coda.
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