Andrija Geric è
stato un pallavolista serbo e oggi lavora come psicologo dello sport.
Da
giocatore, con la nazionale serba, ha conquistato un oro olimpico a
Sidney 2000 e agli europei in Repubblica Ceca nel 2001. Nel suo
palmares figurano anche: 1 argento in 4 World League; 1 bronzo
olimpico, 2 bronzi europei, 1 bronzo in coppa del mondo, 1 bronzo in
World League e 1 Bronzo in Grand Champions Cup.
Andrija Geric
ha giocato e vinto molto anche militando in squadre Italiane. Con la
Lube Macerata ha conquistato: 1 Coppa Campioni, 1 Scudetto, 1 Coppa
Italia, 1 Supercoppa Italiana e 2 Coppe CEV
La pallavolo è lo
sport con più densità umana, cioè con il più alto rapporto
persone/metri quadrati. Questo aumenta le variabili in gioco:
fiducia, rapidità, gioco di squadra, conoscenza degli altri, dei
ruoli, dei movimenti. Cosa ne pensi?!
Io penso che in ogni
sport di squadra tutti questi aspetti diventino rilevanti. L'aspetto
caratteristico della pallavolo consiste nell'essere separato
fisicamente e spazialmente dall'avversario. Quanto tu vai a costruire
nel tuo campo, a livello di gioco, non può essere influenzato
dall'avversario. Quando la palla è nella tua metà campo sei tu ad
avere tutto sotto controllo.
Inoltre nella pallavolo,
oltre ad esserci una separazione dall'avversario, c'è un marcato
contatto fisico con i compagni, perchè dopo ogni punto i componenti
della squadra si dirigono al centro del campo per festeggiare e
quindi si toccano.
Per quanto riguarda il
gruppo e le dinamiche interne ad un gruppo sono importanti dei buoni
rapporti tra gli atleti soprattutto sul piano del gioco. Nella mia
esperienza mi è capitato di far parte di squadre nelle quali i
rapporti personali non erano buoni al di fuori del campo, ma, essendo
tutti dei professionisti, quando scendevamo in campo eravamo uniti.
Quindi c'è un
importante relazione con i tuoi compagni, mentre c'è un'assenza di
contatto con l'avversario...
In
sport come il basket, la pallanuoto o la pallamano l'avversario ti è
sempre vicino. Esistono la difesa e l'attacco, ma l'avversario sarà
intorno a te in queste fasi di gioco.
Nella
pallavolo invece la tua metà campo è il tuo regno, mentre
l'avversario si trova nel suo di regno che si trova al di là della
rete. Quanto tu andrai a fare nella tua metà del campo dipende solo
da te, non dipende dall'avversario.
E' possibile entrare
in rapporto con l'avversario nonostante la rete vi divide, magari
attraverso lo sguardo?
Teoricamente
l'avversario non andrebbe guardato, salvo che per intuire quale sarà
la sua prossima mossa. Quando termina il punto, secondo la teoria,
dovresti voltarti senza guardare quanto succede.
Dal
punto di vista psicologico invece hai a disposizione, come strumento,
alcuni urli e alcuni sguardi che tu scambi con l'avversario durante
il gioco o addirittura durante le fasi di riscaldamento. Ho avuto la
possibilità di giocare con un famoso pallavolista che fin dalle fasi
di riscaldamento iniziava una sorta di guerra psicologica con un
avversario. Prima lo sceglieva, poi lo guardava, lo fissava, ogni
tanto decideva di scambiarci una parola, per metterlo in condizioni
mentali negative, disfunzionali al fine del gioco.
Questo
mio ex compagno era molto bravo, perchè riusciva a scegliere sempre
avversari poco capaci di digerire questi stress psicologici. Se un
giocatore non ha sufficiente esperienza, quando viene messo in una
condizione negativa, come ad esempio questa, finisce per perdersi.
Inizia a focalizzare la sua attenzione su domande come “perchè mi
guarda?”, “cosa sta succedendo?”, “devo rispondere?” e
smette di concentrasi sul gioco.
Hai vissuto contesti
vincenti. Quali sono le caratteristiche di un gruppo vincente? Quali
caratteristiche deve avere un giocatore per contribuire a far vincere
il gruppo e quali caratteristiche deve avere un gruppo per migliorare
un giocatore?
Sai,
io ho perso anche tanto! Comunque il primo aspetto importante è che
sia presente uno scopo comune. Seppure possa sembrare ovvio, in molte
squadre i giocatori hanno scopi diversi. Alla stampa rilasciano
sempre la dichiarazione che vogliono vincere, ma in cuor loro
aspirano ad un contratto migliore, a giocare in una nuova squadra o
ad avere più soldi.
Per
rendere un gruppo coeso, il desiderio di vincere deve essere
“respirato” da tutto il team. La presenza di questo aspetto può
essere percepita nei momenti di insicurezza di un giocatore, che
viene supportato dai compagni al fine di superare questa fase
difficile.
Questa
è la ragione del perché molte società in cui ho militato
spingevano per organizzare cene di squadra e affinchè noi giocatori
passassimo del tempo insieme. In questi momenti si formano delle
relazioni umane anche extra-sportive.
Nella pallavolo
esistono ruoli molto diversi. A tuo parere ce ne sono di alcuni in
cui l'aspetto mentale è più importante? Chi fa Il tuo ruolo, il
centrale, che caratteristiche caratteriali deve avere per avere una
marcia in più?
Per essere un buon
centrale devi essere capace di gestire i momenti in cui non tocchi la
palla, riuscendo a rimanere nel gioco. Un centrale per ottenere dei
punti ha la possibilità di murare o attaccare, ma se la fase di
ricezione non va bene lui non può ricevere palla anche per diverso
tempo.
Molti centrali dipendono
invece molto dalla fase di attacco e se la squadra non attacca
finisce per non giocare nemmeno gli altri fondamentali. Questo
secondo me non va bene. Un centrale deve godere della sicurezza e
della calma soprattutto nei momenti in cui non attacca e nei momenti
in cui non viene percepito dal pubblico. In queste fasi dietro le
quinte, deve comunque giocare e fare il suo dovere.
Dal punto di vista
mentale va però detto che ogni ruolo ha delle sue caratteristiche
specifiche. Il palleggiatore, visto che fa girare la squadra, deve
avere la calma e la consapevolezza di comprendere in quale momento
del gioco si trova il gruppo, cosa sta facendo la squadra e cosa
serve alla squadra. Il ricevitore ha bisogno di un alto livello di
concentrazione, perchè molto dipende da lui. I ricevitori sono
sempre in contatto con la palla e questo gli richiede che siano
capaci di mantenere un buon livello di gioco lungo tutto il corso
della gara.
Un allenatore deve invece
conoscere i pregi e i difetti dei suoi giocatori, in modo da
mescolare al meglio gli atleti e saperli sostituire efficacemente.
Alcuni giocatori, ad esempio, si trovano in difficoltà nelle fasi
finali della gara o nei momenti salienti di un match e finiscono per
commettere più errori. L'utilità, per un allenatore, di lavorare
con un Mental Coach consiste proprio nell'avere un supporto nel
comprendere i lati personali degli atleti e quindi di saperli
utilizzare al meglio.
Mi stai dicendo che un
allenatore per essere un vincente deve essere un buono psicologo o
deve essere capace di farsi aiutare da un professionista che sappia
comprendere al meglio gli schemi mentali degli atleti?
Esattamente, perchè il
ruolo dell'allenatore consiste nel prendere delle decisioni.
Purtroppo molti allenatori hanno esperienza professionale, ma non
conoscono gli aspetti legati alla psicologia. Hanno delle loro
credenze, che magari hanno funzionato in passato, ma che non puoi
sapere se funzioneranno anche con un gruppo completamente diverso dai
precedenti. Quando gli aspetti caratteriali degli atleti cambiano non
è garantito che quello che in passato ha funzionato, funzionerà
ancora.
La pallavolo é
conosciuta per la bravura di alcuni giocatori, ma anche per alcuni
allenatori che hanno fatto la storia di questo sport. Quali
caratteristiche personali deve avere un allenatore vincente?
Credo
che uno degli aspetti più importanti consista nell'avere dei buoni
rapporti con i propri giocatori e che sia capace di far sentire tutti
i giocatori importanti per la squadra, indipendentemente da quale sia
il loro ruolo.
Un
altro aspetto importante consiste nello spiegare ad ogni giocatore
qual'è il suo ruolo all'interno della squadra e fare in modo che
riesca a trovare un accordo rispetto a quello che ogni atleta dovrà
fare.
In
tutte le squadre esisteranno sempre i giocatori che pensano di aver
giocato troppo poco, a cui non è stata data ancora una chance e che
l'allenatore non li vuole far giocare. Se un allenatore è però
capace di chiarire i ruoli dall'inizio e ha trovato un accordo da
parte dei giocatori, ha già compiuto la metà del lavoro da fare.
Uno degli allenatori
più vincenti è sicuramente Julio Velasco, che dice di aver allenato
più che giocatori, cervelli. Cosa ne pensi?
Io
non ho mai lavorato con Julio Velasco. So però che i giocatori
appartenenti alla vostra generazione dei fenomeni avevano un grande
carisma come atleti e hanno, ancora oggi, un grande carisma,
indipendentemente dal lavoro che svolgono. Velasco è stato capace di
trasmettergli molto a livello umano e di carisma.
Bernardi,
Giani, Gardini, Cantagalli, Papi, Zorzi, Bracci, Pasinato, Gravina,
Pippi, Bovolenta, Lucchetta, Tofoli, Vullo, Meoni, Sartoretti, Galli,
De Giorgi, Martinelli e tutti gli altri componenti di quel gruppo, sono diventati delle persone complete. In pochi, dopo di loro, hanno
avuto lo stesso carisma.
Da
quello che ho sentito, Velasco gioca a scacchi e pensa che i
giocatori siano come i pezzi degli scacchi. Non sono certo che questa
sia la migliore metafora per pensare alla pallavolo, ma è indubbio
che Velasco abbia permesso che venisse fatto un grande passo in
avanti per la pallavolo mondiale.
Ogni
squadra che ha allenato ha iniziato a crescere! E' successo con
l'Italia e poi anche con l'Iran. E' stato capace di portare un
modello di gioco e un sistema di gioco. Molti allenatori venuti dopo
di lui hanno cercato semplicemente di copiare quanto da lui già
fatto.
Nella tua carriera hai
vinto molto. Ti ricordi una vittoria in particolare? Quali
caratteristiche deve avere un successo per cambiare in modo positivo
e sostanziale un giocatore?
Mi
ricordo la finale di World League del 2005 giocata contro la Polonia
a Belgrado. Eravamo sotto 2 a 0 e il punteggio del terzo set era 21 a
17, ma siamo riusciti a girare le sorti della Match e alla fine
abbiamo vinto. L'allenatore ha fatto un cambio, noi abbiamo
continuato a crederci e ci siamo detti “ora gli facciamo vedere che
ce la facciamo!”
Credo
però che all'interno della mia carriera mi abbiano cambiato
maggiormente le sconfitte. Queste mi hanno permesso di migliorare
perchè mi hanno dato la possibilità di vedere i miei difetti e mi
hanno fatto capire su cosa dovevo lavorare. Quando vinci tutto va
bene, anche quanto non funziona viene in parte nascosto, mentre se
perdi inizi a pensare molto di più a cosa puoi fare per migliorare.
Una
delle sconfitte che più mi ha bruciato è stata in una partita
contro il Brasile giocata in Argentina nel 2006. Vincevamo 2 set a 0
e 13 a 8, ma abbiamo perso la partita, finendo quarti nel torneo.
Tutti noi pensavamo “Abbiamo vinto, la partita è chiusa” ed è
stato un grande errore.
Cosa ti ha insegnato
questa sconfitta?
Come
dice Vujadin Boskov “non è finita fino a quando arbitro non
fischia”
So che ti sei laureato
in psicologia e ora affianchi degli atleti per allenare l'aspetto
mentale. La tua esperienza di atleta come influenza la tua
professione da Mental Coach e da psicologo sportivo?
Ho
maturato molta esperienza in ambito sportivo e questa mi ha permesso
di comprendere quale approccio psicologico non piace agli sportivi.
Molti psicologi prediligono un approccio incentrato sulla testistica,
hanno una grande attenzione teorica, ma pochi di loro hanno alle
spalle un'esperienza nel mondo dello sport. Quando ti avvicini a uno
sportivo, proponendoti, anche tu, nelle vesti di uno sportivo, riesci
a fare in modo che ci sia una maggiore apertura e che si crei una
buona fiducia di base.
Ti
racconto una mia esperienza recente, che fa capire quanto in Serbia
sia diffusa la cultura dei test. Ho lavorato con una tennista e alla
prima sessione di lavoro, lei si è presentata con una penna. Mentre
parlavamo sentivo che qualcosa non stava andando bene, allora ho
deciso di chiederle se ci fosse qualche problema. Lei mi ha risposto
con una domanda: “Quando iniziamo a fare i test?”. In passato
aveva già lavorato con due psicologi che le avevano somministrato
dei test, ma probabilmente non l'aveva gradito.
Credo
che i test siano utili in ambito scientifico, ma non funzionino con
gli sportivi, perchè questi non li amano e non gli dedicano
attenzione. Alcuni miei compagni di squadra quando rispondevano alle
domande vedevo che non le leggevano neanche e mettevano delle
crocette a caso.
L'essere
stato sportivo mi ha permesso di vedere dove sbagliavano gli
psicologi sportivi, di comprendere quali approcci non funzionavano
con me e quali non funzionavano con i miei colleghi. Io ora cerco di
non ripetere gli stessi errori.
Per concludere mi
piacerebbe chiederti in che modo l'essere stato uno sportivo
professionista ti può aiutare nella carriera lavorativa?
Lo
sport ti insegna che ci sono dei doveri, ti insegna ad organizzare il
tuo tempo e a rispettare il compagno e l'avversario. Credo però che
l'aspetto principale che lo sport ti insegna è di essere onesto.
Quando prendi un impegno con una persona rispetti la parola presa.
Nella mia esperienza ho avuto modo di vedere che gli sportivi hanno
una maggiore attenzione al rispetto e all'onestà.
Se
guardo alla mia esperienza lavorativa, ho potuto constatare che se
prendo un appuntamento con una persona e quella deve disdire, uno
sportivo con buona probabilità mi chiamerà per avvisarmi, mentre un
non sportivo sarà più facile che farà finta di nulla. A volte
essendo stato un uomo di sport do per scontato che per gli altri,
come per me, l'onestà sia un aspetto fondamentale, ma purtroppo nel
mondo lavorativo non è sempre così.
Nello
sport ci sono delle regole e seppure tu abbia la possibilità di fare
a tuo modo, devi comunque rimanere in queste regole. Nella vita
questo aspetto viene in parte meno.
Nessun commento:
Posta un commento