venerdì 16 ottobre 2020

Il calo di spettatori e i confronti col passato

Domenica 11 ottobre si è conclusa l’NBA con la vittoria dei Los Angeles Lakers contro la squadra sorpresa dei playoff, i Miami Heat. Oltre il lato sportivo (e sicuramente anche psicologico, visto che è stata completata la stagione rimanendo per 3 mesi nella cosiddetta “bolla” di Orlando negli spazi messi a disposizione da Disney World), c’è un altro argomento che ha destato curiosità e teorie varie, ovvero la diminuzione degli spettatori televisivi negli Stati Uniti.

Se le diverse teorie hanno ognuna una certa logica e possono spiegare in buona parte il calo di spettatori, alla fine ce n’è un’altra forse più semplice. Probabilmente ci saranno anche analisi statistiche che contraddicono o confermano queste ipotesi, queste sono solo considerazioni lette qua e là ampliate da altre mie personali.
Eccone quindi elencate alcune.
- L’assenza di pubblico dal vivo. Può sembrare un controsenso, visto che senza la possibilità per gli spettatori di assistere dal vivo alle partite (proprio a causa della bolla creata per salvaguardare giocatori e staff) si potrebbe pensare che più persone avrebbero potuto godere della visione in tv. In realtà poche migliaia di persone in meno sugli spalti non avrebbero cambiato di molto il pubblico davanti agli schermi, mentre invece potrebbe aver influito sul creare meno quel senso di spettacolo che agli americani piace tanto. Persino lo stesso fatto di non poter assistere a partite dal vivo per tanti mesi può aver tolto interesse: se si guarda una partita NBA dal vivo, anche senza essere tifosi, è più probabile che poi la curiosità rimanga per il resto della stagione seguendo altre partite, in particolare le Finals.
- La concomitanza con altri campionati professionistici americani. Negli Stati Uniti in genere i principali campionati degli sport di squadra sono distribuiti durante l’anno in modo da non farsi troppa concorrenza. Ad esempio nel periodo di tra fine estate e inizio autunno si svolgono i playoff di baseball (la MLB). A causa dei mesi di lockdown e del ritardo nel completare il campionato di basket, i playoff dei due sport sono finiti per combaciare togliendosi qualche spettatore a vicenda. Anche l’inizio della stagione NFL, il campionato di football, può aver spostato qualche numero. Quando normalmente l’NBA si trova a giocare playoff e finals tra fine aprile e giugno l’NFL è in pausa.
- Le prese di posizioni sociali e politiche di giocatori, allenatori e proprietari. Al netto delle polemiche e delle accuse sulle proteste (ma tutto è politica, e così come ognuno può sentirsi libero di scrivere la propria idea su internet e sui social media, così possono farlo i giocatori, che attraverso il proprio megafono possono raggiungere porzioni di popolazione solitamente lontane da certe questioni), ciò può aver influito, ma forse meno di quanto si possa pensare. Il basket, e l’NBA in particolare, non è uno sport che attrae particolarmente repubblicani conservatori. Se qualche spettatore è stato perso, di certo non è stato il motivo principale.
- Il diverso periodo e gli orari degli incontri. Partite che finiscono quasi a mezzanotte sono sicuramente più semplici da guardare a giugno, con scuole chiuse e notti più “vive” che ad ottobre.
- L’incredibile vastità delle proposte in tv o su internet. Se qualche decina di anni fa i canali erano relativamente pochi e le proposte decisamente minori, ora c’è una babilonia di proposte diverse. Inoltre sempre più giovani seguono più altri canali, come ad esempio video su YouTube, anziché rimanere davanti alla tv.
- Un normale e fisiologico calo di interesse dovuto proprio dalla particolarità della stagione. Non poche persone hanno visto come “falsato” il campionato, per il semplice fatto di non aver completato tutte le partite della regular season e di aver giocato in “campo neutro” e senza pubblico.

L’ultima ipotesi, del tutto personale, è che semplicemente i tempi cambiano e questa morbosa e allo stesso tempo normale abitudine dell’essere umano di fare confronti tra epoche diverse lascia sempre il tempo che trova. È stato così per il cinema, che ovviamente ha patito l’arrivo prima della tv, poi dei videoregistratori, infine di internet, per cui è impossibile paragonare gli spettatori di oggi in sala (almeno fino a prima della pandemia) con quelli di quasi un secolo fa. Ma può essere lo stesso per gli spettatori nel calcio, o per la vendita di album musicali (cd o vinili che siano), o il fascino che possono aver gli sport motoristici. Ogni attività ha avuto il proprio periodo d’oro, un tempo in cui per diverse concause l’interesse è stato maggiore, a cui segue un periodo di fisiologico calo a causa dei motivi più diversi. Ciò non significa che prima erano tutti bravi in quell’attività e poi sono tutti peggiorati, fa solo parte dei continui cambiamenti della società, che mai come in questo periodo sta cambiando tanto repentinamente.
L’NBA ha fatto qualcosa di incredibile riuscendo a portare a termine la stagione mantenendo in sicurezza giocatori e staff, i quali hanno offerto un grande spettacolo agonistico nonostante le enormi difficoltà. Ridurre il giudizio del successo solo in base al numero degli spettatori in tv è davvero fuorviante, riduttivo, e non dà il giusto merito a questo splendido campionato.


(Articolo a cura di Stefano Ruzza, trail coach e ultratrailrunner)

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