Rifiuto l’offerta e vado avanti.
Una frase degna di Affari tuoi. Non la pronunciò esattamente
così, Antonio Cassano, quando nel Novembre del 2005 decise di non apporre la
sua firma sul nuovo contratto propostogli dalla Roma, ma il senso non fu molto
diverso. 3,2 milioni annui per 5 anni, tanto gli offrì la Roma dei Sensi per
poterlo tenere ancora nella capitale. Non bastò. Fantantonio voleva di più. Più
soldi, più vittorie, più clamore.
Nel gennaio 2006 Cassano passa al Real Madrid per l’irrisoria
cifra di 5 milioni di euro. Nulla se paragonata alle cifre che girano adesso
sul mercato, poco anche se confrontato con le cifre di allora, ma sufficiente
per convincere la Roma a lasciarlo andare, pur di non perderlo a parametro zero
a fine stagione. Pagato 60 miliardi di lire a soli 20 anni, lasciato andare per
4 spiccioli pochi anni dopo. Una minusvalenza clamorosa, per un giocatore
clamoroso. Incontrollabile, bipolare, folle, ma tecnicamente clamoroso.
Da Bari Vecchia alla capitale, accarezzando il pallone
dolcemente. L’amico più sincero. Cassano lascia Totti, non senza polemiche e
approda alla corte di Lopez Caro, in un Real Madrid ancora Galactico, ma in
fase calante a causa dell’età crescente dei suoi giocatori. Ronaldo (il
Fenomeno), Figo, Zidane, Beckham. Nomi altisonanti tra cui il barese poteva
inserire il suo. Alla pari.
Cassano si presenta alla firma del contratto con un
pellicciotto sulle spalle molto appariscente, quasi in grado di distogliere l’attenzione
da quella prominenza sul ventre e da quel viso tondo. Curve troppo accennate
per poter essere solo dovute all’effetto ingrassante della telecamera. Antonio
è in sovrappeso, fuori forma, dopo aver passato in panchina i primi mesi della
stagione 2005-2006. Il pubblico lo nota, lo irride e gli affibbia un soprannome
che si porterà dietro per tutta la sua avventura in terra iberica: ‘El Gordito’,
il grassottello. Una versione in tono minore di quello dato all’altro giocatore
fuori forma dei galacticos, Ronaldo,
definito ‘El Gordo’, il grasso. ‘Un attacco di peso’. Marca non perdonava.
Tra il clamore dell’acquisto e i dubbi dei tifosi Antonio
comincia a giocare e segna subito, 3 minuti dopo il suo ingresso, contro il
Betis. Un inizio da sogno, un proseguimento da incubo. Fantantonio non s’impone,
non riesce a recuperare al meglio. Acciaccato, triste, scontroso. Nella prima
stagione a Madrid gioca solo 16 spezzoni di partita. Un mezzo fallimento.
Non solo Cassano, a non rendere è l’intero Real, chiudendo
la stagione al secondo posto a ben 12 punti dal Barcellona di Ronaldinho. Un
disastro che porta al cambio in panchina, con Capello subentrato.
Proprio l’arrivo di don Fabio sembrò
poter rilanciare la carriera del barese. Quel Capello, che a Roma fu tanto
importante per la sua crescita, fu, invece, l’ultimo chiodo di una bara che l’attaccante
italiano si costruì da solo. L’inizio di stagione, in realtà, fu positivo.
Cassano era sotto controllo, a volte era stato anche schierato da titolare, ma
in un istante tutto svanì.
Una telecamera a bordocampo lo inquadrò durante uno dei
classici sopralluoghi prepartita. Lui, in giacca e cravatta, parlava con i
compagni, tra cui Cannavaro e Ronaldo, divertiti. Cassano stava imitando (anche in maniera convincente) il suo allenatore. Una goliardata.
Tutti ridevano, ma non Capello che, dopo la partita, vide le
immagini.
La fine del gioco. Cassano cade nel dimenticatoio e a fine stagione deve
lasciare Madrid.
Una cassanata, magari in tono minore, ma sufficiente a obbligarlo a fare le
valigie.
Di Cassano a Madrid resta il rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere e non è
stato. Un fuoriclasse immenso, ma senza il giusto approccio. Un dolore intenso per chi, come me, ha sempre tifato per la sua follia.
'Saluda Andonio', un tormentone che sarebbe stato adeguato anche allora.
Certe persone
possiedono il talento. Altre ne sono possedute. Quand'è così, il talento
diventa una maledizione.
Ai confini della realtà, oltre i limiti della sua mente.
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