lunedì 3 agosto 2015

Dialogo col campione - Ivan Cudin

Ivan Cudin è un ultramaratoneta italiano.

Tre volte vincitore alla Spartathlon (2010, 2011, 2014), gara podistica conosciuta per essere una delle più impegnative del panorama mondiale. Il percorso si snoda per 246km collegando Atene e Sparta.

Tra i suoi principali successi anche un campionato europeo nella 24 ore, ottenuto nel 2010.




Ciao Ivan, in un’intervista tempo fa rilasciata hai dichiarato che per un atleta da lunghe distanze è importante l’equilibrio. Puoi farci capire meglio in cosa consista per te l’equilibrio in corsa e magari provare a fornire una tua definizione?

Dal mio punto di vista, la serenità è fondamentale per il raggiungimento dell’equilibrio e questo vale tanto nell’ambito sportivo quanto nella vita quotidiana. E’ inoltre importantissimo essere consapevoli della propria condizione psico-fisica, delle proprie caratteristiche e della difficoltà che si possono incontrare nell’affrontare le lunghe distanze.
E’ importante poter contare su grandi spinte motivazionali per poter gestire al meglio i momenti no e non lasciarsi sopraffare da pensieri negativi e dalla sfiducia.

Ci sono delle caratteristiche che ti fanno pensare “questo atleta ha un buon equilibrio?”

Sicuramente la consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Un eccessivo ed esclusivo desiderio di raggiungere una prestazione sportiva può invece essere molto destabilizzante, in particolare nelle prime fasi delle gare lunghe.


Quindi l’equilibrio si oppone al desiderio di fare una perfomance, ho ben compreso?

No, non si oppongono, ma un eccessivo desiderio di performance può condurre ad un’errata gestione del passo in gara. Il più grosso rischio in una gara di endurance è proprio quello di eccedere nella fase iniziale. Errore che non può essere recuperato.

So che dedichi molto del tuo tempo al sociale con ragazzi diversamente abili e in progetti di cooperazione in Africa. Credi che l’impegno per l’altro e l’apertura “umana” all’altro possano contribuire a formare un atleta e in che modo?

E' difficile risponderti e generalizzare questo aspetto. Posso solo cercare di far comprendere quanto vale per me. Per prima cosa mi ha reso consapevole di essere fortunato, mi ha fatto apprezzare tanti aspetti della mia vita che davo per scontati. In ambito sportivo mi ha portato a vivere le corse come un puro piacere e non come una sfida.
Queste opportunità mi hanno sicuramente completato, non mi hanno sicuramente rubato del tempo togliendolo alla pratica sportiva. Credo mi abbiano piuttosto permesso di vivere lo sport nel modo migliore. Collaborare in questi ambiti mi ha anche aiutato ad affrontare diversamente i momenti di crisi in gara e i ritiri, dando loro un valore molto relativo. Sono certo questa sia una grande ricchezza.

Ti è mai capitato in gara o in allenamenti particolari di pensare a queste esperienze?

Si assolutamente. Soprattutto quando mi trovo ad affrontare momenti difficili mi scorrono tantissime immagini di quei momenti.

Mi hai detto che la mente divaga. Tu la lasci andare dove vuole o la guidi in una direzione?

L’importante per me è guidarla lontano dal dolore, dal malessere, dalla crisi. Quando rimani concentrato sulla tua condizione non ottimale, partono pensieri demotivanti. In quei momenti è sbagliatissimo pensare alle aspettative iniziali ed invece è fondamentale riformulare gli obiettivi. Questi pensieri mi permettono di recuperare lucidità e, dopo aver fatto una sorta di “tabula rasa”, concentrarmi su aspettative realistiche.

Ci sono scene di film, spezzoni di libri/racconti o canzoni che ti ritrovi spesso a rivivere durante gli allenamenti o in gara? C’è qualcosa che ti accompagna durante le ore di corsa?

Non guardo molto la televisione e ultimamente leggere mi è difficile perché ho veramente poco tempo libero. Quando corro mi perdo nel paesaggio; mi estraneo dalla gara conversando con i volontari della corsa e cercando, per quanto possibile, un dialogo con loro. Penso inoltre a persone care e luoghi a cui sono affezionato, soprattutto legati alla mia infanzia. Quando mi trovo ad affrontare la notte, le ore si fanno lunghe e non passano mai, la mente vola ancora di più lontano.

Alcuni paracadutisti raccontano che i tempi in caduta si dilatano, sembrano essere più lunghi di quanto l’orologio misuri in realtà? Come scorre il tempo in una ultramaratona? Senti che sia più lento, più veloce o in linea con quanto dice l’orologio?

Assolutamente, lo stato emozionale fa percepire in modo diverso lo scorrere del tempo. Quando sono in buone condizioni o quando sto correndo con un’altra persona scorre rapidamente, mentre quando affronto situazioni difficili i tempi si dilatano parecchio e sembrano lunghissimi. Lo scorrere del tempo fluisce in modo variabile in relazione di quello che è il mio stato.

Credi che le ultramaratone o le lunghe distanze possano aiutare in qualche modo le persone che vivono la nostra contemporaneità? Quali sono gli aspetti principali di cambiamento e crescita che producono?

Credo che uno sport come l’ultramaratona possa essere d’aiuto per trovare una adeguato bilanciamento interiore nell’affrontare situazioni non facili della vita. Sicuramente è uno sport che consiglierei, ma richiede anche una predisposizione per evitare che una gara divenga un’inutile sofferenza. Non riesco ad affermare che questa sia un’attività consigliabile a chiunque.
Sicuramente alcune tecniche che ci vengono insegnate, come quelle di cui parla Pietro Trabucchi, credo sarebbero utilissime anche nella vita quotidiana per tenere lontani da sé certi momenti di stress o certi disordini mentali che possono originarsi nella vita quotidiana.

Mi parlavi di predisposizione, secondo te quali sono le caratteristiche caratteriali di un buon ultra-runner?

La tenacia, la caparbietà, la positività nell’affrontare ogni situazione, assieme ad un fisico adeguato che possa reggere a stress così intensi.

Seppure il ciclismo sia uno sport diverso dall’ultramaratona, si possono trovare nomi di spicco con vissuti interiori fortemente tormentati. Pantani forse è il più famoso. Ci hai raccontato che l’equilibrio invece è un’importante caratteristica per un buon ultra-runner….

Credo siano sport diversi, comunque le persone che ho avuto la fortuna di conoscere e che hanno ottenuto buoni risultati nelle ultramaratone sono persone molto equilibrate e molto forti dal punto di vista mentale.

La tua capacità di resistere al dolore è molto conosciuta nell’ambiente. È una qualità innata che pensi di aver sempre avuto? O l'hai coltivata in qualche modo, con esercizi di rilassamento, o di concentrazione?

Da ragazzo ero molto più fragile e insicuro, ma comunque resistente al dolore. Credo che le prime due caratteristiche siano molto migliorate anche grazie alla corsa di endurance, ma la capacità di resistere al dolore non credo possa migliorare. Esistono però dei metodi efficaci per allontanare pensieri negativi legati alla percezione del dolore.
La differenza tra un ultramaratoneta e un maratoneta o una persona che fa corse brevi è che la prestazione nasce dal giusto approccio alla crisi. Spiegandomi meglio, nelle altre corse, se arriva la crisi ti giochi la prestazione, nelle nostre gare si susseguono diverse crisi e la volontà di tenere duro in quei momenti ti permette di ottenere una prestazione valida.

In Africa sono molto importanti i riti, perché segnano il passaggio da una fase della vita a quella successiva. Credi nella tua carriera sportiva ci sia stato un momento che ha segnato una svolta, che ti ha permesso di fare un passo in avanti dal punto di vista mentale?

Da un punto di vista sportivo sicuramente si, perché in passato ho vissuto lo sport in un modo per nulla agonistico, per poi decidere di mettermi in gioco vivendo la mia carriera con un approccio più metodico e serio.
Dal punto di vista mentale credo ci siano situazioni nella vita che mi hanno aiutato ad avere un approccio diverso. Non ho mai avuto la spinta motivazionale del dover far risultato ad ogni costo, ma ho raggiunto una maggiore determinazione e convinzione di me stesso. Ciò non significa voler primeggiare, ma cercare di terminare le gare dando il meglio di me stesso.

Anche le tue rimonte sono ormai famose. Nelle 24 ore o nelle tue vittorie alla Spartathlon, sei sempre partito con un ritmo costante, navigando in posizioni di rincalzo, senza lasciarti influenzare dalle partenze più rapide degli altri atleti, per poi rimontare prepotentemente. Trovi difficile resistere alla tentazione di seguirli? Oppure ti concentri semplicemente sul tuo ritmo, senza tenere conto dei ritmi di gara altrui?

In gara sono abbastanza cosciente dei ritmi che posso gestire e non mi interesso alla gara degli altri. Faccio la mia gara. Quando ho provato a seguire il ritmo degli altri, ho ecceduto e non ho potuto dare il meglio.

La decisione di procedere con il tuo ritmo è maturata con il tempo?

Si, ovviamente ho provato a fare dei test andando più forte di quanto potevo e ho finito per avere delle crisi o incappare in problemi. Logico comprendere che per rendere al meglio è opportuno tenere un ritmo adeguato. Chiaramente prima che trovassi il passo giusto c’è voluto un po’ di tempo. Bisogna inoltre dire che non è scontato che sia sempre lo stesso perché le condizioni atletiche di una persona cambiano con l’età e sono influenzate da altri fattori fisici. E’ importante accettarlo.

Ti capita, o ti è capitato, di pensare che ti sarebbe piaciuto avere altre caratteristiche fisiche, per poter competere ad altissimi livelli ad esempio in gare più brevi e veloci?

No, come ti dicevo il fatto di primeggiare non è mai stato per me importante. Ho iniziato partecipando a corse non competitive poi un giorno mi sono detto “proviamo a metterci in gioco e vedere fin dove posso arrivare”, guardando me stesso e senza dare rilevanza alle prestazioni degli altri.
Mi capita di partecipare anche a qualche corsa breve assieme agli amici. Ad alcune partecipo per crescere dal punto di vista aerobico, ma non ho mai avuto un particolare desiderio di migliorarmi. Al di la dell’aspetto fisico, sono portato mentalmente per gioire e soffrire in gare di endurance e non ho mai avuto il desiderio di avere caratteristiche fisiche diverse per avere buoni riisultati in altri tipi di gare podistiche o in altri sport. Penso di essere già stato fin troppo fortunato.

All’interno di Psiche&Sport una rubrica presenterà alcune storie di ragazzi con disabilità di diversa natura, che praticano sport. E’ attivo sul territorio milanese un progetto che si chiama Sportabilia che si propone di fare una mappatura delle strutture che propongono la possibilità di svolgere un’attività sportiva accessibile a tutti. Cosa pensi di questo progetto?

Il giudizio è senza dubbio positivo. Vivo i contesti di diversa abilità da ormai vent’anni quindi conosco bene realtà di questo tipo. All’interno delle associazioni ci è capitato di proporre ai ragazzi alcune attività sportive che li hanno coinvolti ed hanno permesso loro di trovare un modo diverso di comunicare e di integrarsi. Sono esperienze molto formative, sono convito sia un’attività utile e interessante.

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