mercoledì 5 agosto 2015

Musica in movimento: AcDc - Higway to Hell

Nel ciclismo professionistico vengono usate cuffie e radioline. Ma non per ascoltare musica, solo per decidere tattiche, avvertire di pericoli sulla strada, e sì, anche per incitamenti da parte del direttore sportivo verso il corridore, specialmente se è in fuga, a pochi chilometri dall’arrivo, e con inseguitori agguerriti. Ma sicuri che il direttore sportivo non inserisca anche un po’ di musica durante le scalate o durante un attacco? Una bella botta di Ac/Dc potrebbe tornare utile. Qualcosa che venga dall’album “Higway to hell”, del 1979, il secondo del gruppo australiano.



Si apre subito con l’immortale “Highway to hell”: il riff di Angus Young, destinato a fare la storia del rock, la voce di Bon Scott a esaltare l’ascoltare, il ritornale semplice ma trascinante. Se la si ascolta per una gara, si rischia di tirare subito troppo e compromettere tutto, ma chi se ne frega, questo è rock puro. Girls got rhythm” dice tutto sin dal titolo, e le gambe sono portate in modo naturale a muoversi, come comandate da messaggi subliminali. 



Walk all over you” è una delle canzoni meno forti dell’album, e alla faccia del meno forte, qua si continua a saltare (in concerto) e a muoversi, qualsiasi cosa voi facciate, persino sdraiati nel letto. “Touch too much” non è altro che il solito grande incedere rockeggiante, e con quel memorabile riff del ritornello…  “Beating around the bush” è ancora più dinamica delle prime, grazie alle chitarre di Angus e Malcom, che sembrano fare a gara con la batteria di Phil Rudd e il basso di Cliff Williams. Arrivati a “Shot down in flames”, un critico musicale, o una persona che ami ascoltare abbondanza di idee e diversi stili, potrebbe iniziare a storcere il naso: lo stile è sempre quello di un hard rock essenziale, i riff, pur nelle loro differenze, non cambiano molto in tonalità o in fantasia, ma come detto precedentemente, chissenefrega (questa volta attaccato); se stiamo facendo sport, a noi non interessano queste cose, interessa il ritmo, l’energia che si propaga dalle chitarre elettriche e dalla voce di Bon Scott, e in questo “Shot down in flames” non risparmia nulla. Come la successiva “Get it hot”, che anzi, risulta come una delle più adatte dell’album. “If you want blood (You’ve got it)” ha un titolo forse non troppo rassicurante, ma si sta sputando sangue, almeno metaforicamente, nel muoversi con questa musica di sottofondo. Ma sta arrivando il momento del finale, e sono le ultime gocce grondanti dalla fronte, perché con “Love hungry man” si inizia a rallentare i ritmi, anche se in fondo ci si muove anche qua, solo un poco meno rispetto a prima. In “Night Prowler” c’è il vero finale, la buonanotte (come può esserlo per gli Ac/Dc), un blues pur sempre elettrico e tagliente, che accompagna l’ascoltare al termine di una bella sgroppata con un tasso di adrenalina decisamente alto. Un album fatto apposta per muoversi e sudare.

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