mercoledì 23 novembre 2016

Musica in Movimento: Saint Motel - Voyeur

Piccola premessa: non ascolto il gruppo di cui parlerò in questo articolo, non mi piace particolarmente, e non mi piace il loro tipo di musica. Ma c'è un ma. Tra tutta la musica pop commerciale degli ultimi anni, quella dei Saint Motel è tra le poche che riesco a tollerare. D'altronde c'è musica pop e musica pop, e la loro, proveniente dal rock, ha un tocco di intelligenza e onestà difficilmente riscontrabile altrove recentemente.

Il loro album di debutto, "Voyeur", sembra fatto apposta per far saltare e ballare, e allora perché non utilizzarlo durante lo sport? Uscito nel 2012, "Voyeur" racchiude perfettamente tutte le idee del giovane quartetto californiano, poi esplose due anni dopo con il tormentone "My Type"

"Feed Me Now" si apre con un semplice e accattivante riff di chitarra dal richiamo latino, atmosfera da festa, e fiati che accompagnano il ritornello trascinante. "Benny Goodman" prosegue con ritmo, sound perfetto e un altro ritornello orecchiabile ma non per questo scontato. "Puzzle Pieces" si apre con un giro di piano a ritmo salsa latina, per poi andare avanti con la solita miscela di melodia e ritornello seducente, con l'ottima voce di A/J Jackson. In "Daydream/Wetdream/Nightmare" ecco un tocco di originalità, data la divisione in tre parti della canzone: il vero protagonista stavolta è il chitarrista solista Aaron Sharp. 



"1997" è fin troppo melodica e poco trascinante, la minore del lotto, ben diversa da "Honesty Feedback", con Greg Erwin a tenere alto il ritmo della batteria, sempre ben coadiuvato dal basso di Dak. "At Least I Have Nothing" parte sognante, dando la sensazione di non esplodere mai, se non nei pochi secondi del ritornello. "You Do It Well" è molto più rock delle precedenti canzoni, da non sottovalutare, e ancora più rock è "Hands Up Robert", con ritornello da tutto volume e riffoni di chitarra. Si continua su questa linea più rock con "Stories", esplosioni di potenza e momenti di respiro, e Sharp a sparare assoloni alla Brian May. La finale "Balsa Wood Bones" è la classica canzone di commiato, una ballata chitarra e voce, l'ideale per defaticare.

Insomma, tutto sommato non un album da sottovalutare. Quanto meno i ragazzi suonano davvero e non ballano. Che poi sia per donare solo divertimento e ritmo senza eccessi intellettualistici, poco male, per una volta.



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