venerdì 18 novembre 2016

Differenze di performance in gruppo e in solitaria: parte 2

In un precedente articolo (parte 1) abbiamo potuto comprendere come la presenza di compagni di allenamento o di un pubblico possa essere un importante stimolo, per aumentare le nostre performance.

In un noto esperimento, Norman Triplett, psicologo appassionato di sport, dimostrò come alcuni bambini riuscissero ad essere più veloci ed accurati nell'arrotolare una lenza su un rocchetto se vi era la presenza di un gruppo o di osservatori, rispetto a quanto realizzato in solitaria.

Questo esperimento può portarci a credere che le nostre performace sportive saranno di qualità superiore quando avremo intorno a noi degli avversari, compagni di allenamento o un pubblico. Quanto detto è vero in buona parte delle competizioni a cui prendiamo parte e per la maggior parte degli atleti, ma non è così in senso assoluto. Sono infatti presenti alcune variabili da considerare.

Zajonc notò che la presenza di altre persone poteva sia migliorare (facilitare), sia peggiorare (inibire) la prestazione e questo dipendeva dalla tipologia di compito affrontato. Secondo Zajonc lo svolgimento di un compito in presenza di altri innalza il nostro stato di attivazione (aumento del battito cardiaco, della respirazione, della contrazione muscolare, dell'attenzione e della concentrazione). Oltre a questi aspetti fisiologici, un aumento dello stato di attivazione, tende a portare l'individuo a riproporre risposte e stili di comportamento dominanti (ovvero già sedimentati, routinari e sperimentati come semplici), mentre riduce la probabilità di utilizzare stili di comportamento nuovi o complessi.

Un compito percepito come semplice, in cui la risposta giusta, o il comportamento corretto da intraprendere, è quasi scontato diviene ancora più facile da affrontare se svolto in gruppo. Il mio livello di attivazione aumenta, aumenta la probabilità di scegliere l'opzione già seguita in precedenza e aumenta di conseguenza anche la prestazione (scelgo più velocemente la risposta giusta).

Un compito percepito come difficile, in cui la risposta giusta o il  comportamento corretto da intraprendere, richiede un processo di pensiero e valutazione (non so già cosa fare), porterà alla riduzione della prestatività se svolto in presenza di un pubblico, perchè io tenderò per optare per quanto per me è routinario e già sedimentato. 

Baron evidenzia inoltre come la presenza di un pubblico porti una parte della nostra attenzione sulla presenza del pubblico, detraendola dallo svolgimento dell'attività. Si può supporre quindi che la prestazione possa peggiorare, una volta che parte dell'attenzione venga tolta dal compito. A questo riguardo anche Cottrll evidenzia come la possibilità di essere valutati e il sentirsi giudicati dalle persone intorno a noi sia un ulteriore fattore che distoglie l'attenzione dal compito e che quindi può portare ad un peggioramento della prestazione.

Possiamo quindi concludere che la presenza di un pubblico possa sia portare ad un aumento sia ad un peggioramento della prestazione e questo dipenda da due fattori:
  • Difficoltà del compito: se il compito è semplice la presenza del pubblico ci porta a migliorare la nostra prestazione; se il compito è difficile la prestazione tende a diminuire in presenza di un pubblico. Un atleta che percepisce quindi il compito come semplice e percepisce se stesso come in grado di raggiungere l'obiettivo prefissato tenderà a massimizzare le proprie potenzialità in presenza di altri, mentre in caso contrario le prestazioni andranno a peggiorare.
  • Aspetti di personalità: ci possono essere alcuni fattori di personalità, trattati in molti precedenti articoli come l'auto-efficacia, l'ansia di tratto competitiva, la vigoria psicologica che influenzano lo stato di attivazione di un atleta e il modo in cui viene percepita la presenza di un pubblico, influenzando di conseguenza anche la stessa performance.


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