sabato 4 novembre 2017

Cosa fanno i nuovi manager? Corrono!

Sono un giovane professionista di 35 e da più di 10 anni sono ormai nel mercato del lavoro.
Ho avuto la sfortuna di uscire dall'università in un periodo storico di profonda trasformazione. Il 2005 ha visto l'avvento della crisi economica, che è cresciuta fino ad esplodere nel 2008 e che tutt'oggi fa sentire la sua presenza. 

Ho visto in questo periodo il mondo del lavoro modificarsi fin nelle sue più profonde fondamenta e con lui i desideri e le aspettative dei giovani che guardano al futuro. L'idea del posto fisso, di un contratto a tempo indeterminato, della sicurezza, della stabilità, della continuità, della progettualità, sono state spazzate via da un lavoro sempre più frammentato e da una precarietà ontologica.
Anche nell'ipotesi di un contratto a lungo respiro la formazione e la crescita continua minano la possibilità di non mutare. Il lavoratore moderno è un lavoratore che deve saper mutare, crescere e mettersi continuamente in discussione.
Potrei raccontare numerosi aneddoti per parlare di questo passaggio, ma ne scelgo uno. Scelgo quello che più mi ha colpito e che mi rese visibile lo shock economico-culturale in corso. Eravamo nei primi anni della crisi. Mi ero da poco laureato e avevo iniziato una piccola collaborazione con un servizio universitario di orientamento. Quando lavori in ambito in questo settore hai a che fare con dubbi e possibili scelte delle persone.

Mi ricordo come fosse ieri i giovani diplomandi che si accomodavano di fronte a me e si domandavano cosa volessero fare da grandi. Nei primi mesi di questa esperienza professionale ho vivida la memoria di ragazze e ragazze che si interrogavano su cosa più amassero e che trasmettevano l'idea di potercela fare nella vita solo nel momento in cui avessero compreso i loro talenti e i loro desideri. Così proseguì per qualche mese, poi queste domande sparirono e arrivarono richieste legate all'occupabilità dei vari corsi di laurea. Nel tempo di poche settimane il futuro raffigurato negli occhi dei diciottenni e dei loro genitori era cambiato. Di colpo e radicalmente.

Cosa centra tutto questo con un sito di psicologia sportiva? Non solo il mondo del lavoro è mutato, ma sono mutati i lavoratori, le loro passioni ed i loro svaghi. Così sono cambiati anche gli sport praticati da chi il mondo del lavoro lo popola. Sono cambiati soprattutto i lavori di chi il mondo del lavoro lo indirizza: i manager e i ruoli decisionali.

Chi non ricorda i docenti universitari uscire in pausa pranzo con il borsone da cui spuntava una racchetta da tennis? Chi non ha conosciuto un manager che parlando del suo tempo libero raccontava le sue immemorabili gesta su di un campo di terra rossa o di erba verde con 18 buche? Smessa la giacca e la cravatta il manager prototipico si dedicava ad uno sport più o meno intenso a livello aerobico, contraddistinto soprattutto da una spiccata componente strategica e tecnica. 

Il tennis e il golf sono rappresentati come sport elitari, praticati da un pubblico con una certa disponibilità economica. Sicuramente il costo dell'attrezzatura è una barriera all'accesso che limita la possibilità di intraprenderli, ma la forte associazione tra questi sport e la classe dirigente ha rafforzato l'idea che siano sport per pochi.

Mi domando e vi domando se il manager odierno è ancora un tennista o un golfista. Non credo. Sempre più facile è infatti trovare lavoratori con compiti di responsabilità nelle griglie di partenza di una maratona, di un ironman, di una granfondo o di un ultratrail. Il manager odierno è uno sportivo che sa e ama resistere.

Sport e lavoro sono connessi con un filo molto stretto. In Stress&Performance Atletica presento infatti un modello nato in azienda che applico al mondo dello sport. Anche per questa ragione possiamo leggere le trasformazioni del lavoro attraverso le lenti dello sport, proponendo alcune ipotesi:
  • Una competenza chiave per i nuovi profili decisionali non sia la bontà strategica, ma la capacità di saper resistere e di saper dosare lo sforzo nel modo più efficace possibile. 
  • I risultati vincenti non derivano più da una buona preparazione associata a doti peculiari di lettura della situazione in svolgimento, ma sono principalmente connessi alla bontà nel pianificare e nel costruire mattone dopo mattone l'esito atteso. 
  • Il gesto ammirato non è più il colpo di classe, ma saper resistere quando il tuo avversario è allo strenuo delle forze.
Il nuovo manager è uno sportivo di endurance!




STRESS e PERFORMANCE ATLETICA

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Autore: Cesare Picco - psicologo/psicoterapeuta e psicologo dello sport
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