Nella sua autobiografia, "Open", il tennista André Agassi racconta di come venisse indicato come un punk, per via della sua capigliatura ad inizio carriera e della sua indole ribelle, mentre in realtà lui non aveva particolari gusti musicali, se non per la musica pop. Si cerca troppo spesso, forse sempre, di catalogare, crearsi immagini distorte rispetto a come le cose sono realmente.
Al contrario di Agassi, nella musica esiste un personaggio di grandezza smisurata, spesso accostato al mondo pop, mentre è stato invece un incredibile sperimentatore che non ha mai smesso di cercare strade nuove. Peter Gabriel.
Il suo album "So" è una vera pietra miliare della musica. Uscito nel 1986, definirlo pop o rock è una disquisizione che lascia il tempo che trova, anche se la definizione più appropriata che è stata data allo stile è world music. La sua orecchiabilità non toglie nulla alla ricerca musicale, donando anche gran ritmo adatto ad allenamenti con lunghe variazioni di intensità.
L'album parte con la evocativa "Red Rain", ispirata da un sogno di Peter Gabriel. Una batteria originale (con la partecipazione del Police Stuart Copeland), suoni tipici da ambient, una voce potente, un senso di visionarietà sempre presente, e il gioco è fatto.
La seguente "Sledgehammer" è molto ritmica, uno dei maggiori successi dell'album, dove il bassista Tony Levin, uno dei grandi di questo strumento, dona un suono incredibile, fungendo da vero motore dinamico. "Don't Give Up", co-scritta e co-interpretata insieme a Kate Bush, è più calma e morbida, con atmosfere rarefatte, ma con un messaggio diventato tipico nel mondo dello sport "non mollare".
La successiva "That Voice Again" ridona una eccellente performance al basso di Tony Levin, ancora ritmo per aumentare velocità e dinamismo. Ancora qualche minuto di recupero con la bellissima "Mercy Street", in primo piano i sintetizzatori a creare un'atmosfera onirica. Si torna a ritmo intensi con "Big Time", la canzone più pop dell'album, con il solito fantastico Tony Levin. I toni da qua alla fine si fanno più cauti, con "We Do What We're Told (Milgram's 37)", brano molto sperimentale con musicalità ambient, ispirato all'esperimento sull'obbedienza dello psicologo Stuart Milgram.
La successiva "This Is the Picture (Excelent Birds)", con la partecipazione di Laurie Anderson, mantiene ritmi più bassi. La splendida "In Your Eyes" è la perfetta conclusione di ampio respiro, un po' la summa dell'album, adatta come defaticamento anche dal vortice di suoni e richiami stilistici dell'opera.
Un album andato sopra ogni classificazione, ideale da ascoltare più o meno in ogni momento, entrato di diritto nella storia della musica.
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