venerdì 12 maggio 2017

Perchè spero non venga abbattuto il muro delle 2h in maratona

Sabato 6 Maggio alle 5.45 all'autodromo di Monza si è tenuto l'evento "Breaking2", organizzato dalla Nike, dove 3 atleti hanno provato ad abbattere il muro delle 2 ore in maratona. I protagonisti di questa sfida sono stati il keniano Eliud Kipchoge, l'etiope Lelisa Desisa e l'eritreo Zersenay Tedese.
 


Scorrendo Facebook, e leggendo le notifiche presenti sulla mia bacheca, ho percepito un notevole fermento sia tra gli appassionati di atletica, sia tra gli sportivi in generale. L'immaginario umano si è acceso per questa possibile impresa. L'uomo sarebbe stato capace ancora una volta di ridefinire i propri limiti? 


Bene, vi confido che, in cuor mio, ho sperato che la domanda precedente potesse avere una risposta negativa. In questo articolo, voglio provare a spiegare le motivazioni che mi hanno portato a sperare nel fallimento di questo tentativo e che il muro delle 2 ore in maratona possa resistere ancora per diversi anni. So che questa riflessione mi richiederebbe ben più tempo ed attenzione di quella che posso dedicargli, ma il tempi di lavoro sono serrati. Ho però il desiderio e il bisogno di esporre il mio pensiero. In queste righe mi concedo di essere complicato, spero di non esserlo troppo.

Guardandomi intorno noto come esista un bisogno profondo di abbattere i limiti. Credo sia un bisogno sociale, che caratterizza la società occidentale ed il momento storico che stiamo vivendo. Come esseri umani mettiamo in discussione il limite dell'età. La maternità viene protratta fino a momenti della vita fino a poco tempo fa impensabili. La giovinezza viene sedotta per rimanerci il più vicino possibile con creme antiage, botox e bisturi. La maturità viene posticipata riempiendo locali serali e notturni. Ogni regola e ogni ritmo della natura viene messo in discussione.

Così accade anche nello sport. I limiti umani vengono spesso aggirati con pratiche dopanti, ma anche senza ricorrere a sostanze illecite, molti atleti cercano in continuazione di spostare la propria asticella qualche cm più lontana. Abbassare i propri tempi o allungare le distanze percorse sono desideri che accomunano tutti gli sportivi. Io sono uno sportivo e comprendo questo movimento dell'animo anche a partire da un'analisi introspettiva.

Oltrepassare il limite è un'asse portante della natura umana, ma non significa che sia privo di rischi. Ulisse, l'eroe della Metis, dopo anni in battaglia, dopo numerose imprese che lo tennero lontano da casa, torna in patria con stemmi da Eroe. La sua terra non lo desiderava e dovette compiere una nuova impresa. Riconquistare il suo regno, sconfiggere i Proci, e giacere nuovamente con la sua amata Penelope. 

Ulisse aveva tutto e il mondo antico lo osannava, ma questo non bastò a placare la sua sete di conoscenza. Riprese il mare e volle superare le colonne d'Ercole, per scoprire cosa si celasse oltre il confine. Lo accolse la morte. Per questo motivo Dante Alighieri lo colloca nell'ottava bolgia dell'Inferno. Il viaggio di Ulisse simboleggia per Dante il proposito di oltrepassare i limiti della conoscenza umana e dell'umana natura. Ulisse dimentica di essere umano e cerca di avvicinarsi a Dio, trovando però la morte. Cosa centra tutto questo con lo sport e con la maratona? Oggi il muro delle 2 ore rappresenta le nostre colonne d'Ercole. 

I limiti per gli uomini non solo vanno rispettati, ma assumono un valore necessario alla costruzione identitaria. E' la bottiglia, il limite, che da forma all'acqua. Abbattere questo limite porta alla perdita identitaria. La postmodernità, fase storica presente a cui fanno riferimento molti sociologi, non a caso identifica la nostra società come liquida e le nostre identità come liquide.

Cercando di costruire la nostra struttura identitaria, identificandola in colui che supera il finito, noi perdiamo il nostro essere. Hannah Arendt associa la presenza di un limite nell'aspetto costituente la possibilità di scegliere e la possibilità di scegliere come un aspetto costituente l'identità dell'uomo. Se la mia casa non avesse dei muri di confine, io non avrei la reale possibilità di scegliere se stare a casa o uscire. Tutto sarebbe un continuo indistinto, in cui io non andrei mai a scartare una delle ipotesi. Il limite ha anche questa funzione.

Nell'Aleph, Luis Borges ci mostra il senso di smarrimento e bruttezza che accompagna un luogo senza limiti e senza fine. La meraviglia dell'essere umano nasce, infatti, dalla finitezza e da ciò che non è ancora capace di fare. 

Ho imparato ad apprezzare i miei difetti ed i miei limiti. Ho imparato ad accettare i limiti delle persone che mi stanno intorno e provare per loro affetto. Questo credo sia stato il più grande arricchimento ottenuto nei miei ultimi 15 anni. 

So che lo sport poco ama i limiti e gli atleti che hanno dei limiti, mentre osanna coloro i quali superano le barriere e salgono sulla vetta dell'Olimpo. Credo però che colui superi le barriere si troverà solo. Chi sale sull'Olimpo non potrà godere la compagnia degli altri esseri umani e sarà colpito dalla solitudine. Io sull'Olimpo non ho desiderio di salirci e per amore della mia specie, spero che quel luogo venga lasciato agli dei. Spero che i terrestri rimangano sulla terra. Per questo sono felice che il muro delle 2 ore in maratona è ancora saldo e senza crepe.




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Autore: Cesare Picco - psicologo/psicoterapeuta e psicologo dello sport
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