martedì 24 gennaio 2017

Matthias Sindelar, la storia di Mozart sotto le bombe

Mathias Sindelar era un calciatore austriaco, esile e agile, dotato di classe e di talento. L'armonia dei movimenti e la dolcezza del suo destro gli valsero il soprannome di Mozart.

Quando cominciò a giocare nella prima divisione austriaca era il 1921. L’anno in cui Hitler divenne presidente del Partito Nazionalsocialista dei lavori tedeschi, mentre in Italia venivano fondati il partito comunista e il partito fascista. Gli albori di un mondo immerso nel sangue e nella paura, l’epifania di Mozart.

Matthias aveva appena 18 anni. Suo padre era morto sull’Isonzo, durante la Prima Guerra Mondiale, e la famiglia aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile. Matthias, giovane e mingherlino, un capofamiglia da un giorno all’altro.
Impiegato in un’officina di giorno, calciatore nei ritagli di tempo. Viene notato su un campetto di periferia nel 1918 e portato all’Herta ASV Vienna. Giorni, settimane, sprazzi di talento a tempo di musica. Sindelar domina subito, ma nel 1923 il suo menisco fa crack. Carriera sull’orlo del baratro, salvata solo dalla bravura di un chirurgo austriaco.

Dire no al destino, dire no agli infortuni. Giocare sul dolore e sulla paura di dover dire addio ai propri sogni.
Sindelar gira l’Europa con una fascia sul ginocchio destro e la musica nell’interno piede. Non bastano le offerte da capogiro a fargli lasciare l’Austria, a cui è legato da un amore viscerale. Prima l’Italia, poi l’Arsenal. Il mondo del calcio lo guarda affascinato, la sua fama è pari a quella di Giuseppe Meazza. Pubblicità, offerte e…amore. Matthias lo trova a Milano, nel 1934, durante i Mondiali.
L’Austria e la Nazionale Austriaca, un cuore in biancorosso. A 35 anni e dopo una serie d’infortuni era giunto il momento di dire basta.

Nel 1938, l’anno prima dell’invasione della Polonia, Austria e Germania erano in subbuglio. Le voci di una possibile unificazione, già ipotizzata ai tempi di Otto Von Bismark, erano diventate realtà. L’Anschluss appena avvenuto andava festeggiato. Il calcio e un’amichevole tra le due nazionali sarebbero stati il sigillo posto alla pace tra due popoli così vicini, ma tanto lontani. Le dittature imperanti in entrambi i paesi, una di stampo nazista e l’altra fascista, sotto un’unica bandiera.
il 3 Aprile 1938 doveva essere l’ultima partita dell’Austria, mentre dal giorno dopo sarebbe un’unica nazionale unificata. Matthias Sindelar, benchè a fine carriera, sarebbe stato la stella ai mondiali.
'La partita della riunificazione'. Suggello alle basi dell'imperialismo, la diffusione del terrore, la giustificazione politica alla tirannia. 

‘No’

'C'è chi dice no', da Mozart a Vasco Rossi.
Patriottico e libero, anche sotto dittatura. Sindelar si rifiuta, gioca quella partita come un ventenne, segna e fa segnare. Il goal del definitivo 2-1 porta la sua firma.
Esulta sotto la tribuna dei gerarchi nazisti, più forte della paura. Ignora il protocollo dei tedeschi, non si esibisce nel saluto nazista, non onora i gerarchi. La voce nel silenzio.
Matthias e l’amico Karl Sesta, a braccia basse tra i bracci tesi e le armi alzate.

‘Il nuovo fuhrer dell’Austria Vienna, ci ha proibito di salutarla, ma io vorrò sempre dirle buongiorno, signor Schwarz, ogni volta che avrò la fortuna di incontrarla’.
La religione non muta il rispetto.

Viene trovato morto nel suo appartamento, il 23 Gennaio del 1939, con accanto la fidanzata. Sulle cause della sua morte ci sono state molte ipotesi e poche indagini, in un mondo nero, fatto di violenza e dittature.

Matthias Sindelar. Il Mozart del pallone lo chiamavano ‘cartavelina’, ma era più duro della roccia.






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