In questi giorni è in tour in Italia uno dei grandi della storia della musica, una vera leggenda vivente: Neil Young. Recentemente ha avuto grande successo Bruce Springsteen con le sue date nel nostro paese, altro grande della storia del rock americano, di maggior presa sul pubblico, quindi per questo più famoso del loner canadese, che invece ha dalla sua parte una ben maggior influenza sugli altri musicisti nordamericani, e in generale di tutto il mondo, al pari di Bob Dylan (non a caso Young è uno dei più coverizzati insieme a Beatles e Dylan).
È stato difficile scegliere un suo album da consigliare durante l'attività sportiva, talmente tanti i capolavori della sua carriera, spesso costellati da ballate intimiste e canzoni malinconiche ("After The Gold Rush", "Harvest", "Zuma", "Tonight's The Night", "American Stars'n' Bars" - con le sublimi ed irripetibili "Will to Love" e "Hurricane" -, e tanti altri). "Rust Never Sleeps", uscito nell'estate del 1979, può essere riconosciuto come uno dei più adatti, soprattutto per un'attività da svolgere in progressione di intensità, grazie alla divisione tra la prima parte acustica e pacata, e la seconda più rock e tirata.
L'album, registrato dal vivo insieme ai Crazy Horse, band che lo ha accompagnato per quasi tutta la carriera a fasi alterne, si apre con una canzone che in modi diversi ha attraversato la storia del rock: "My My, Hey Hey (Out of the Blue)", versione acustica di "Hey Hey, My My (Into the Black)", che invece chiuderà l'album. Con un semplice riff di chitarra (le cui prime note possono ricordare i Rolling Stones di "Satisfaction") che introduce le semplici parole My My, Hey Hey / Rock'n'roll is here to stay, con riferimenti a Jonny Rotten (dei Sex Pistols), frasi dedicate a Elvis Presley (la cui morte ispirò la canzone a Young), e una frase tristemente famosa perché ripresa da Kurt Cobain nella sua lettera d'addio, è meglio bruciare che spegnerei lentamente. Ecco perché questo capolavoro (ripresa poi anche dagli Oasis) ha realmente attraversato la storia del rock, in tutta la sua potenza e la sua sofferenza.
La seguente "Thrasher" è un'altra bellissima ballata acustica, stavolta dai toni pacifici. "Ride My Llama" è dedicata, come la successiva "Pocahontas", ai nativi americani, tema classico di Young, mai affrontato con banalità. "Pocahontas" in particolare è diventato uno dei tanti classici del nostro caro vecchio Neil. Più dolce la melodica "Sail Away", ultimo momento di riscaldamento per la nostra attività. Ecco infatti che in "Powderfinger" entrano in gioco i Crazy Horse con il loro sound grezzo, sporco, essenziale, alzando i toni. Stesso tema per "Welfare Mothers": la batteria di Ralph Molina semplice e mai invadente, il basso oscuro di Billy Talbot, la chitarra sporca di Poncho Sampedro, con cui duetta al meglio l'altrettanto distorta chitarra di Young.
Siamo in territori quasi punk in "Sedan Delivery": d'altronde Neil si è sempre destreggiato alla grande in ogni territorio musicale americano, che fosse blues, country, hardrock, punk (ne è stato un antesignano), grunge (ne è stato il vero e proprio padre putativo, e i Pearl Jam, con cui ha anche inciso un album, lo sanno bene). Ma veniamo al finale, quella "Hey Hey, My My (Into the Black)" già citata a inizio articolo, dove la chitarra super distorta di Young si mostra realmente avanti una decina d'anni, dove la frase di apertura album diventa rock'n'roll can never die, in una canzone che potrebbe andare avanti all'infinito, citata persino da (e aggiungerei ispirativa di) Stephen King nel suo best seller "It" (tanto per dare un'idea della sua influenza).
Una vera leggenda senza tempo, poeta, scrittore, chitarrista, autore, cantante, dai mille difetti, forse meno talentuoso e geniale di altri, ma sempre coerente e sincero, che ha tirato fuori tutto quello che aveva meglio che poteva, e che ancora continua a farlo a oltre 70 anni suonati, dopo una vita sofferta (la poliomielite da piccolo, due figli gravemente malati sin dalla nascita, diversi grandi amici scomparsi tra overdos e incidenti, i suoi stessi problemi con droghe e alcool), trovando nella musica il modo per raccontarsi con genuinità e andando avanti con le sue battaglie, umane e sociali. Grazie Neil.
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