lunedì 29 febbraio 2016

SportivaMente - Enrico Brizzi

Enrico Brizzi è uno dei maggiori scrittori italiani.

Autore del Best Seller Jack Frusciante è uscito dal gruppo, tradotto in 24 paesi e divenuto film nel 1996.

Enrico Brizzi è un appassionato camminatore e fondatore della società "Psicoatleti ASD".

Lo sport ricopre un ruolo importante nelle pubblicazioni di Enrico Brizzi. Oltre a dare un ruolo da protagonista, nei suoi libri, ad atleti come all'ormai famoso Lorenzo Pellegrini, ha da poco curato la biografia del ciclista Vincenzo Nibali.









Sei un appassionato camminatore, un tifoso del Bologna e alcuni protagonisti dei tuoi libri, come Lorenzo Pellegrini, hanno una importante componente sportiva. Qual'è il tuo rapporto con lo sport?

Come molti italiani, sono un praticante passivo del calcio. Visti i risultati come calciatore del martedì sera, mi limito a sostenere la squadra della mia città.

In prima persona, invece, pratico con moderazione il ciclismo e con grande intensità l’escursionismo. Ogni anno cammino fra i 1500 e i 2500 chilometri, di solito ripartiti in uscite da un weekend nella brutta stagione e viaggi lunghi (fino a 12 settimane) in primavera-estate. Non sono sicuro che il viaggiare a piedi possa essere definito uno sport, ma di certo si tratta di un’attività all'aria aperta. E non penso che coinvolga solo piedi e polpacci. Basti pensare che l’associazione di camminatori che ho fondato ormai 12 anni fa, e ho l’onore di presiedere tuttora, si chiama “Psicoatleti ASD".


Alcune persone sostengono che sport come la corsa, il ciclismo e l'alpinismo siano forme di meditazioni occidentali. Cosa ne pensi?


Ad alto livello, lo sono sicuramente.

Per la mia esperienza, nel corso di una tappa a piedi si comincia a entrare nella dimensione mentale giusta dopo 2-3 ore di cammino.

E, valutando la dimensione di un viaggio, i primi tre giorni non sono che un riscaldamento; dal quarto si entra in uno “stato di grazia” che annulla la fatica ed esalta la gioia, o meglio le rende esattamente la stessa cosa. 
D'altronde, nella stessa tradizione cristiana, camminare verso una destinazione sacra nel corso di un pellegrinaggio equivale a una forma di preghiera.

Ci sono intellettuali che sono tifosi sfigatati o atleti praticanti, mentre altri guardano lo sport con diffidenza. Pensi che l'amore per lo sport differenzi gli intellettuali?



Onestamente non credo che, nel XXI secolo, si possa parlare degli intellettuali come categoria.  

A livello sportivo quali sono le tue qualità a livello caratteriale? Sono le stesse che risconti nella tua vita quotidiana o sono differenti?



Credo che le mie uniche qualità siano resistenza e tenacia. Con gli anni, impari a “durare", a dosare le forze e a sapere che, se devi camminare 10 ore, non puoi partire lancia in resta, né prenderti troppe pause. La tappa ideale, per me, è quella in cui alla decima ora hai ancora "la gamba" e non arrivi sui gomiti. 

Per certi versi sono qualità non dissimili a quelle che servono per scrivere un romanzo. 
Occorre avere "la visione" complessiva e quella locale, fare continuamente delle scelte che ridisegnano il percorso, avvicinarsi all'obiettivo senza fretta ma anche senza inutili giri a vuoto.

Molti professionisti, a scopo lavorativo, usano in modo quasi esclusivo la propria mente. In che modo credi lo sport e l'attività fisica possano giovare al lavoro? Ci sono differenze se lo sport è praticato in modo agonistico o amatoriale?



Posso dirti soltanto che, se usassi solamente la mia mente e non uscissi mai "là fuori" con uno zaino in spalla, sarei morto di noia da un pezzo.

Il mio lavoro prevede isolamento, sessioni di 8-12 ore seduto davanti al computer, cellulare staccato.
Se, a lavoro ultimato, non potessi concedermi settimane a zonzo per l’Italia e l’Europa non ne varrebbe la pena.
E forse non saprei nemmeno cosa raccontare.

Molte teorie psicologiche eleggono la narrazione a metodo elettivo per la comprensione di se stessi, per la cura di traumi e per la crescita personale. Da scrittore, pensi questa possa avere un'utilità anche per uno sportivo? Secondo te quale?



La narrazione - come la musica - è una forma molto più antica della scrittura, e la capacità di astrarre, porsi degli obiettivi a lungo termine, pensare alla propria vita come a una storia, è uno degli aspetti che ci differenzia dagli animali.

E, dato che uno sportivo è prima di tutto un essere umano, e segnatamente un essere umano altamente specializzato, credo che la narrazione non possa che giovare. 

Cosa pensi dal rapporto tra mente e corpo? Credi la mente guidi il corpo, che la mente pensi perchè il corpo sente o che non sia possibile porre una linea di demarcazione tra questi due aspetti?   



Credo che mente, corpo e ciò che chiamiamo spirito formino un meraviglioso “tutt’uno”.

Considerare una di queste dimensioni separata dalle altre due è causa di squilibri, infelicità e dolore.
L’obiettivo di ognuno di noi, io credo, dovrebbe essere quello di trovare ciò che le mantiene in armonia il più a lungo possibile, e individuare la nostra particolare via per reagire alle difficoltà “tornando in quota”.

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