Se analizziamo la disciplina della maratona da una prospettiva psicologica, converremo nell'affermare che uno dei maggiori fattori di stress è senza dubbio il muro del trentesimo chilometro. Le aspettative di molti maratoneti si sono infatti "scontrate" con questo ostacolo, normalmente posizionato tra il 29esimo e il 34esimo chilometro.
Tradizionalmente si è soliti connettere le difficoltà incontrate in questa fase di gara con l'esaurimento delle scorte di carboidrati. Se osservato da vicino ci accorgeremo che il muro della maratona è un fenomeno complesso che va oltre alla normale stanchezza, coinvolgendo più dimensioni::
- Dimensione fisica: generale senso di stanchezza; gambe pesanti; affatticamento cardio-respiratorio;
- Dimensione comportamentale: difficoltà a correre e riduzione del passo;
- Dimensione affettiva: senso di frustrazione e forte scoraggiamento;
- Dimensione cognitiva: difficoltà nel rimanere concentrati e innalzamento dei livelli di ansia;
- Dimensione motivazionale: crollo motivazionale nel procedere e desiderio di camminare o interrompere la gara.
A livello quantitativo il muro della maratona è un fenomeno sperimentato, nell'arco della vita sportiva, dalla metà della popolazione dei maratoneti.
Importante evidenziare come il temuto muro non sia unicamente imputabile a un esaurimento delle scorte di carboidrati, ma il suo eventuale presentarsi e la sua intensità siano strettamente connessi a determinanti di natura psicologica.
Come affermato dalla nota teoria della "profezia che si auto-avvera" e come ipotizzato dalla psicologia quantistica, le nostre cognizioni influenzano gli accadimenti con cui andremo a confrontarci. Sembra infatti che il muro della maratona sia un fenomeno con un'incidenza decisamente maggiore tra i podisti che temono possa accadere. Chiaramente prefigurarsi l'eventualità di doversi confrontare con questa difficile fase di gara è legata al livello di allenamento e all'esperienza di corsa, ma non solo. Alcune variabili sono legate al profilo di personalità del maratoneta.
A tale proposito è interessante notare come il temuto muro sia genere specifico. L'incidenza è infatti superiore tra gli uomini e inferiore tra le donne. Anche in questo caso è difficile affermare se le motivazioni siano di natura organica o psicologica.
Altro elemento da considerare consiste nella percezione e nella valutazione delle risorse personali per affrontare questo fenomeno. Sembra infatti che nel campione totale dei maratoneti che riferiscono di confrontarsi spesso con il muro, circa il 30% sperimentano di avere una scarsità di abilità mentali per fronteggiare tale difficoltà.
Da queste evidenze emerge quindi come il muro della maratona sia un fenomeno imputabile sia a determinanti legate ad una mancanza di allenamento, ad un passo superiore delle proprie potenzialità, ad regime alimentare inappropriato, come a fattori psicologici quali la tendenza a prefigurarsi tale accadimento e ad un senso di auto-efficacia ridotto.
ARTICOLO A CURA DI:
Cesare Picco - psicologo/psicoterapeuta specializzato in psicologia dello sport
Autore di "Stress e Performance Atletica"
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