venerdì 8 aprile 2016

La gestione della crisi in corsa: parola agli atleti


Il week-end del 2 e 3 aprile ha visto il team di PsicheSport impegnato al MareMontana Trail a Loano.

Stefano Ruzza ha ottenuto una prestigiosa quarta posizione sul percorso di 60 km e 3481 metri di dislivello, mentre Cesare Picco ha avuto l'occasione di moderare uno spazio di riflessione sul tema della "crisi e della gestione della crisi in corsa", accompagnato da un pubblico interessato e da alcuni atleti "elite".

Gli atleti che hanno preso parte a questo momento sono stati: Stefano Ruzza e Marco Zanchi del team Vibram, Katia Fori del team Kinomana -Tecnica e Ivan Zufferli del team X-Bionic.


Il pubblico presente è stato numeroso e ha manifestato un vivo interesse. Molte sono state le domande rivolte agli atleti, permettendo così un buon grado di approfondimento del tema del giorno.

In questo post, metteremo ordine ai numerosi spunti emersi. Definiremo, in questo modo, come gli atleti di ultra-distanze si rappresentano la crisi e su quali risorse fanno leva per affrontarla.

Un aspetto comune emerso riguarda uno stretto legame tra lunghe distanze e crisi. Tutti gli atleti hanno evidenziato come la crisi sia un aspetto intimamente connesso a queste specialità, una sorta di "battesimo" obbligato, da cui passare. La prima crisi importante è spesso avvenuta in concomitanza con la prima lunga distanza affrontata dagli atleti. Aspetto singolare e curioso è che per due dei quattro atleti presenti, la prima crisi è avvenuta alla LUT (Lavaredo Ultra Trail) tra il 60esimo e il 70esimo kilometro.


Con il procedere dell'attività, il passare degli anni, e con il miglioramento della condizione atletica, le crisi non scompaiono. Si sviluppa, però, una maggiore competenza nella loro gestione e nel saperle riconoscere.

Un passaggio importante, che matura con l'acquisizione d'esperienza, coincide con una
ristrutturazione della rappresentazione mentale di ciò che è la crisi nell'economia di una competizione. La crisi inizia ad essere concepita come un tassello costituente delle lunghe distanza, una parte strutturale ed ineliminabile. In questa cornice di senso, la crisi smette di essere un aspetto capace di compromettere inequivocabilmente una prestazione. La crisi non generando più uno spettro di ansie e angosce, non richiede di comprendere come si possa evitarla in modo assoluto, ma apre a domande differenti. Come riconoscere il suo arrivo? Esistono diverse tipologie di crisi? Posso sempre superare le crisi? Cosa posso fare durante una crisi? Come posso superare una crisi? Cosa non devo fare durante una crisi? Cosa rimane dopo una crisi? Esiste qualcosa di positivo in una crisi?

Come riconoscere l'arrivo della crisi? Attraverso l'esperienza, gli atleti imparano a conoscere più nitidamente il linguaggio del loro corpo e della loro mente in corsa, acquisendo maggiore consapevolezza sui possibili indicatori di un suo possibile arrivo. Gli atleti coinvolti, a Loano, nella giornata di sabato hanno indicato sia fattori di natura fisica, come la difficoltà ad idratarsi ed alimentarsi, dolori o un'eccessiva stanchezza, ma soprattutto di natura mentale. Quando il pensiero diventa annebbiato o assume sfumature negative, quando si perde il piacere di correre e si assume una disposizione alla tristezza, perdendo la capacità di cogliere il contesto naturale in cui si è inseriti, la crisi è alle porte.

Esistono diverse tipologie di crisi? Posso sempre superare le crisi? Gli atleti evidenziano come, durante una ultra-distanza, sia possibile passare attraverso più crisi e come queste non siano tutte uguali. Uno degli atleti, raccontando un'esperienza personale, ricorda come gli sia capitato di affrontare 20 crisi durante una corsa, prima di optare per il ritiro. Le prime prime non avevano un impatto dannoso sulla prestazione; le successive, una volta superate, lasciavano strascichi e riducevano marcatamente l'efficacia atletica; le ultime implicavano, per superarle, un possibile danno alla salute. Emerge quindi che le crisi non sono tutte uguali e una competenza che matura un ultra-runner consiste nel saperle riconoscere e distinguere. Alcune possono essere affrontate e superate, ritornando ad essere prestativi come in precedenza; altre possono essere superate, ma con una performance ridotta; altre implicano di fermarsi, perchè fronteggiarle significa rischiare di danneggiare la propria salute. Una qualità che gli atleti indicano come positiva, e che connotano intimamente legata all'esperienza, consiste nell'umiltà e nel coraggio di saper fermarsi e ritirarsi quando la crisi può danneggiare il proprio corpo.

Cosa posso fare durante una crisi? Come posso superare una crisi? Soffermandoci sulle prime due tipologie di crisi, quelle superabili, le risorse su cui gli atleti fanno leva sono le seguenti:
- Concentrarsi sugli aspetti positivi presenti nella propria corsa ed essere ottimisti;
- Mantenere la calma;
- Stringere i denti, pensando che la determinazione paga;
- Intraprendere attività che distraggono la mente come cantare o contare;
- Portare l'attenzione fuori da sè e dalle proprie sensazioni, concentrandosi sull'ambiente circostante.

Cosa non devo fare durante una crisi? i possibili tranelli, indicati dagli atleti, in cui non cadere
quando si presenta una crisi e che fanno da controparte alle risorse precedenti sono i seguenti:
- Non saper essere pazienti, intraprendendo azioni sbagliate e che possono peggiorare la situazione;
- Concentrarsi sulle proprie sensazioni e sul flusso dei propri pensieri;
- Portare l'attenzione al proprio interno.

Esiste qualcosa di positivo in una crisi? Seppure la crisi venga spesso connotata negativamente nel mondo occidentale, esistono culture che la connotano differentemente. La parola giapponese che indica la crisi è infatti composto da due ideogrammi, uno significa pericolo e uno opportunità. Gli atleti coinvolti nella giornata di sabato evidenziano come, grazie alle esperienze di crisi fatte in corsa, abbiano imparato a saper attendere; a non mollare, perchè i momenti negativi passano; che le corse terminano sulla linea del traguardo e che l'ottimismo è l'ingrediente principe a cui è attingere.

Per concludere questo lungo post, desidero ringraziare Stefano Ruzza, Marco Zanchi, Katia Fori, Ivan Zufferli, che hanno partecipato dal palco; le persone che hanno assistito alla riflessione e che sono intervenute; il gruppo di Maremontana che ha organizzato e monitorato questo momento. Penso e credo che tutti gli aspetti emersi e su cui ci siamo soffermati in questo post sono il frutto di un lavoro condiviso e partecipato.


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Autore: Cesare Picco - psicologo/psicoterapeuta e psicologo dello sport
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