lunedì 11 aprile 2016

Dialogo con campione: Alex Baldaccini

Foto di Daniele Mangini
Alex Baldaccini è un runner italiano, specializzato nella corsa in montagna.

Nel suo palmares figurano: un bronzo agli europei 2015 di corsa in montagna, un argento agli europei del 2013 di corsa in montagna; un argento ai campionati italiani del 2015 e del 2013 di corsa in montagna; un bronzo ai campionati italiani di lunghe distanze; un campionato nazionale junior e uno under 23; un campionato italiano ANA (alpini);

Alex Baldaccini ha inoltre conquistato con la nazionale italiana numerose medaglie a squadre, sia a livello mondiale, che europeo.

Ciao Alex, se dovessi descriverti come persona con tre aggettivi quali sceglieresti?

Se ne dovessi sceglierne tre, direi: determinato, razionale e costante. Questi aggettivi mi descrivono come persona, come anche anche nella corsa. 
Sono determinato, perchè quando inizio un'attività, la porto a termine. Questo vale in allenamento, in corsa o nello studio, come in altri ambiti della mia vita. Sono razionale, perchè prima di fare una cosa ci penso sempre due volte, scegliendo sempre la strada più logica. Non mi lascio guidare dall'istinto o dagli impulsi. Sono costante, perchè quando mi impegno non mollo dopo una settimana, ma ci impegno con costanza.

Anche in corsa, ti accorgi di essere determinato, costante e razionale?

Determinato credo proprio di si. La costanza credo serva maggiormente in allenamento e meno in gara. Per quanto riguarda la razionalità, in gara non è sempre possibile essere razionale. A volte devi reagire di istinto, senza calcolare o pensarci troppo. Non sempre si ha la lucidità per scegliere la cosa giusta. Quando c'è la fatica di mezzo tutto diventa più difficile e spesso, infatti, mi è capitato di sbagliare. 
A mio modo di vedere i grandi campioni dello sport hanno il pregio di saper fare la cosa giusta, al momento giusto. Riescono a mantenere la lucidità, quando gli avversari l'hanno persa, e questo molto spesso fa la differenza.

Fare la cosa giusta al momento giusto pensi sia la caratteristica che contraddistingue il campione?

Sicuramente è una delle caratteristiche specifiche dei campioni, ma non è l'unica. Se ci soffermiamo, però, sull'aspetto psicologico, questo aspetto diventa decisivo se vuoi finalizzare un risultato.

Se dovessi aggiungere altri tratti mentali al profilo del campione quali sceglieresti?

Credo che la costanza sia fondamentale, sia in allenamento, che nella gestione della vita di tutti i giorni. Non basta avere una dote per eccellere in uno sport, ma è necessario saperla fare crescere. A volte capita che chi ha meno doti, ma ha buona testa e costanza, riesca ad ottenere più risultati rispetto a chi ha più doti di base.
Un'altra caratteristica, che, in certi casi, può assumere anche dei risvolti negativi è l'avere un pizzico di egoismo. Un campione, soprattutto se pratica uno sport individuale, deve pensare principalmente a se stesso e meno agli altri. Chiaramente parlo di interesse sportivo, ma un campione deve mettersi spesso prima degli altri.

Hai vinto diverse medaglie a squadre, con la fortissima nazionale italiana. Quali credi siano gli ingredienti per creare gruppo in uno sport prevalentemente individuale? 

La nazionale italiana della corsa in montagna è più o meno la stessa, ormai da qualche anno. Ci sono stati degli innesti, ma la base è rimasta la stessa.
Il nostro ingrediente vincente, e che crea squadra, è che siamo tutti amici. Questo aspetto diventa molto importante quando ci troviamo in raduno con la squadra, prima di un evento importante. In questi casi, essendo amici, tutto viene più facile, a partire dagli allenamenti in gruppo a quello che viene dopo gli allenamenti.
Se ci ritroviamo al Sestriere, in un periodo in cui non ci sono turisti e persone in giro, l'essere amici ci permette di rendere il tempo pieno e piacevole. Essendo, inoltre, tutti persone che a casa svolgono diverse attività e non unicamente la corsa, riuscire a riempire la giornata diventa per noi importante. Non è un grosso segreto che siamo amici, questo cementa il gruppo e, per quanto possibile, cerchiamo di darci una mano anche in gara. 
Una medaglia individuale ha il suo fascino, ha la sua importanza e la senti tua. Ho avuto la fortuna di poterne vincere un paio a livello individuale, ma quella di gruppo ha un'altra emozione ed è bello condividerla con gli altri. Salire tutti insieme sul podio, quando hai vinto e hai battuto tutti è un'emozione condivisa molto bella da provare.
Pensa se all'interno del gruppo ci fossero persone con pensieri divergenti o se ci fossero piccole invidie. In passato è anche accaduto. In questi casi l'ambiente sarebbe decisamente più teso e sarebbe meglio che ogni atleta passasse il tempo che precede la gara a casa propria, preparandosi in solitaria.

Nel 2015 sei ripartito dopo un infortunio, quali credi siano gli aspetti più importanti da coltivare quando si è fermi atleticamente e che possono dare nuova energia quando si ricomincia?

Fortunatamente non mi era mai capitato di incappare in infortuni seri e non ero quindi abituato a fermarmi per molto tempo. Non sapevo nemmeno bene come gestire questo periodo.
Per mia fortuna nella vita non sono unicamente un corridore e mi sono quindi concentrato maggiormente su altre cose, lasciando da parte la corsa. Devo però ammettere, che, essendo abituato ormai da anni a correre, quando non lo fai hai sempre la sensazione che ti manchi qualcosa. Ti manca l'abitudine di organizzare la tua giornata in funzione dell'allenamento. Ad esempio quando mi posso allenare il pomeriggio so che non posso fare merenda alle 4. Nel periodo dell'infortunio, non avevo il pensiero costante dell'allenamento.
Se ci fosse una cosa che mi ha insegnato l'infortunio è stato lo staccare dalla corsa, ricaricando così le batterie. Penso che a volte il fisico ti mandi dei segnali e non credo sia un caso che sia arrivato un'infortunio. Probabilmente in quel momento il mio fisico aveva bisogno di un periodo per rigenerarsi.
Probabilmente se fossi stato un professionista sarebbe stato più difficile, perchè quando ti viene a mancare la corsa non hai altre cose da fare e finisci per pensare e ripensare sempre a quello. Credo sia quindi importante avere altri interessi. Io, ad esempio, studiando fisioterapia a Varese, ho concentrato le mie energie su quello.

Mi raccontavi che l'infortunio a tuo avviso non è stato casuale, perchè il fisico ti stava mandando dei segnali. Ci sono dei momenti in cui per te è più facile comprendere il linguaggio del tuo corpo? Credi ti parli più chiaramente quando sei a riposo, quando ti alleni o quando sei in gara? 

Si, certo. Il problema è che quando stai bene, dialoghi bene con il tuo corpo. Capisci cosa ti dice e capisci cosa puoi fare. Quando hai dei periodi di calo, non stai bene o sei più stanco del solito, diventa però più difficile ascoltare il corpo. Ad esempio quando sei stanco e fai un allenamento, non sai se il tuo corpo ti sta mandando dei segnali negativi o se sei tu che gli presti troppa attenzione. Diventa quindi difficile distinguere se è il corpo a parlare o se sei tu a interpretare in un dato modo.
Rispetto a se è più semplice ascoltare il corpo quando ti stai riposando, in allenamento o in gara, penso per me sia abbastanza facile entrarci in contatto quando sono fermo. Anche in allenamento, non essendo sempre sotto sforzo, presto molta attenzione a tutti i segnali che mi invia il corpo e sono sufficientemente lucido per coglierli. Questo non so se sia sempre un bene, perchè a volte c'è il rischio di pensarci troppo, mentre a volte è meglio correre senza assilli cronometrici, a mente libera. Quando fai corsa lenta è controproducente chiederti se corri a 4'15 o a 4'22.
In gara è per me invece è più semplice staccare la testa. Sento meno la fatica rispetto agli allenamenti. Mi pensa meno gareggiare, che fare un allenamento pesante in solitaria. Seppure la fatica sia maggiore in gara, quella che percepisco è inferiore. Probabilmente ,visto che sono un agonista, mi piace competere e mi piacciono le gare e in questo contesto riesco a dare tutto quello che ho, senza lasciarmi fregare dalla testa. In allenamento, invece, non sempre mi è possibile dare il massimo, perchè la testa mi pone un freno.
Mi sono accorto che nella settimana che precede una manifestazione importante, provo spesso sensazioni negative in allenamento. Credo che queste siano effetti della mente sul corpo. La mia mente prova a rallentarmi, per preservare le energie del mio corpo per la gara che ci sarà a breve. Essere consapevole che normalmente l'iter che precede una gara è questo mi aiuta, perchè cerco di non prestare eccessiva attenzione a queste sensazioni negative.

Prima parlavi di fatica e la corsa implica e richiede di fare fatica. Esistono degli aspetti nella fatica che ti piacciono o che senti possano servirti?  

La corsa in montagna, come credo tutti gli sport fatti con una certa intensità e con una certa costanza, credo aiutino nella vita di tutti i giorni. Sportivamente, se una persona ha imparato a soffrire, a superare i momenti di difficoltà, a portare a termine ciò che persegui dopo aver lavorato per dei mesi, senza sapere se raggiungerai il risultato atteso, credo sia una grande risorsa nella vita quotidiana.
Per me non è possibile iniziare un'attività senza portarla a termine e anche nei momenti di alti e bassi, che accadono nella vita, sono abituato a tener duro. Ho imparato a stringere i denti anche nei momenti di "basso", consapevole che prima o poi ritorneranno momenti positivi.
Se poi mi chiedi se mi piace la fatica in sé, ti dico di no! Diciamo però che quella sensazione che provi quando raggiungi un obiettivo per il quale hai lavorato tanto, facendo tanta fatica, ecco, quella è una sensazione impagabile, per cui vale la pena far fatica!

Tuo padre è il tuo allenatore, quale credi siano i vantaggi di collaborare con un famigliare in ambito sportivo?

Nel mio caso penso siano decisamente maggiori gli aspetti positivi. In uno sport come la corsa è importante avere una tabella da seguire, ma credo sia ancora più importante avere una relazione quotidiana con il tuo allenatore, decidendo step by step come procedere. Questo perchè quando non sei al top è difficile seguire quanto scritto sulla tabella e devi quindi adattarla.
Inoltre, per me non è semplice esprimere il mio disaccordo a una persona con cui non sono in stretta relazione. Con mio padre possiamo anche alzare i toni e dopo 5 minuti tornare ad essere tranquilli. Ci possiamo parlare apertamente e senza particolari remore. Questo per me è un grande lato positivo.
Negli anni successivi alle scuole superiori, anni in cui mi allenavo dopo il lavoro, mio padre mi ha molto motivato. Mi aspettava a casa la sera e veniva a correre tutti i giorni con me. La mia vita in quel periodo era notevolmente cambiata e mio padre ha ricoperto un ruolo decisivo.
Inizi a lavorare, passi dalle categorie giovanili alle seniores, i cambiamenti sono notevoli e inizi a prendere molte bastonate. In quei momenti, se non hai una grande motivazione per andare avanti rischi di perderti, finendo per fermarti. Io, anche quando tornavo stanco dal lavoro, sapevo che mio padre mi aspettava. Automaticamente mi cambiavo e uscivo a correre. Da solo questo passaggio sarebbe stato più difficile. Mio padre per me non è solo un allenatore, ma è anche altro. E' anche la persona che mi ha trasmesso la passione per la corsa.
Seguendomi inoltre di persona in allenamento, può anche dirmi in tempo reale cosa funziona e cosa funziona meno. A partire dal gesto di corsa a tutto il resto.







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