mercoledì 18 novembre 2015

Musica in movimento: Verdena - Requiem

I gemelli Bryan sono la più grande coppia di doppio della storia del tennis, e hanno una particolarità: suonano in una pop-rock band. Ebbene sì, Bob e Mike, americani, avevano feeling non solo in campo, ma anche fuori, musica compresa. E la musica, sappiamo essere un grosso aiuto per ogni attività, non solo come distrazione, ma anche come stessa spinta creativa.

In Italia c'é un gruppo rock dalla grande vena creativa, guidata da due fratelli. Si chiamano Verdena, e sono, nell'inizio di questo secolo, la cosa migliore che il nostro paese abbia fornito a livello di musica rock indipendente. I fratelli sono Alberto e Luca Ferrari, accompagnati da Roberta Sammarelli, ormai una sorella per loro. L'album da consigliare è "Requiem", del 2007, il loro quarto, vero spartiacque della loro discografia, quello dove hanno iniziato ad esplorare territori musicali nuovi, in cui unire energia giovanile e melodia, classicismo e sperimentazione.

Fare sport non è solo ricerca di benessere o di competizione, o auto miglioramento, ma anche una forma di espressione. Essere accompagnati da una musica creativa, innovativa, multi sfaccettata, può essere un ottimo aiuto.


L'album si apre con la brevissima introduzione di "Marti in the Sky", un'esplosione che porta a "Don Callisto", pezzo dalle sonorità puramente grunge, con un suono sporco, la voce di Alberto tagliente, e un certo senso di disagio nell'aria. 

La successiva "Non prendere l'acme, Eugenio", rimane su queste sonorità, con le chitarre di Alberto non solo distorte, ma piene anche di effetti delay, un'eco dal richiamo psichedelico. Il pezzo, lungo sei minuti, cambia spesso ritmo, mostrano il lato progressive della band, caratteristica che durante l'album tornerà spesso. 

"Angie" è una canzone più breve e molto più morbida, tra chitarra acustica e pianoforte. Sequenze di accordi particolari, di matrice lennoniana, disegnano questo canzone dall'andatura sbilenca, ma non incerta. 

"Aha" è un brevissimo intermezzo di percussioni minimaliste, suonate da Luca, vero portento ritmico. "Isacco Nucleare" è ancora in chiave rock grunge, uno dei pezzi più aggressivi dell'album, uno dei migliori per far andare le gambe durante un'attività sportiva. 

"Canos" è una delle più conosciute composizioni del terzetto di Albino (Bergamo), semplice nella struttura armonica, ma capace di passare dall'acustico al chitarrismo più rockeggiante, con il basso di Roberta e la batteria di Luca a tenere la parte ritmica sempre tesa. 

"Il Gulliver" è uno dei pezzi più ambiziosi degli Verdena, quasi 12' di continui cambi di atmosfera e ritmo, tra rock duro e psichedelia. L'affiatamento dei tre è perfetto, nella fantasia sfrenata della composizione ognuno trova il proprio spazio, creando un'amalgama perfetto. La canzone è perfetta anche nel praticare sport, per i continui cambiamento di ritmo, passando dai momenti più intensi a quelli più leggeri e di respiro, soprattutto nella parte centrale, prima del finale tirato e potente. 

I pochi secondi di "Faro", intermezzo austico, permettono di assorbire la sbornia, e portarsi a "Muori Delay", dove accordi di stampo Led Zeppelin, come la voce di Alberto, molto hard rock anni '70, permettono di capire che anche in Italia, in italiano, è possibile fare le gran rock, se si ha voglia e fantasia, facendo fare anche due salti. 

"Trovami un modo semplice per uscirne" è un altro momento di calma, la canzone più pop dell'album, melodica, anch'essa di stampo lennoniano, uno dei momenti più alti di tutta la discografia dei Verdena. "Opanopono" è un piccolo esperimento sonoro, eseguita interamente da Luca al sintetizzatore, dimostrando di saperci fare non solo dietro la batteria ma anche nella ricerca di sonorità particolari. 

"Il Caos Strisciante" riporta su tematiche rock, nuovamente tra grunge e psichedelia, territorio dove il gruppo si trova a casa, e dove può arrivare una bella mano per spingere un po' di più durante lo sport. "Was?" ha per tutti i suoi due minuti una batteria frenetica, anch'essa adatta ad accompagnare un tratto impegnativo di percorso. 

Il finale è per un altro pezzo di stampo progressive, "Sotto prescrizione del dott. Huxley", 12' dove viaggiare ancora tra le diverse anime rock del gruppo, spostandosi da un posto all'altro, senza rimanere ancorati su una trama precisa, divertendosi a cercare nuove strade e nuove ispirazioni, e nuovi modi di esprimersi.

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