lunedì 19 ottobre 2015

Dialogo col campione: Samuele Porro

Samuele Porro è un biker di spicco nel panorama nazionale e internazionale, che si dedica principalmente alla specialità MTB Marathon. Laureato campione italiano nel 2014 e nel 2015 è attualmente campione in carica. Da pochi giorni ha riportato l'Italia, dopo 32 anni senza successi, sul gradino più alto del podio alla Roc d'Azur prestigiosa competizione in territorio francese.
Ciao Samuele, in questi anni ti stai proponendo come uno degli atleti di maggiore spicco nel panorama della Mountain Bike. Quali sono, secondo te, gli aspetti caratteriali che contraddistinguono un atleta portato per questo sport? Alcuni di questi sono specifici per il biker e non per il ciclista?

Il mio sport, come anche il ciclismo, è uno sport di sacrificio, fatica e resistenza. Un atleta per farcela deve quindi avere voglia di arrivare, oltre ad essere contraddistinto dalla capacità di porsi degli obiettivi.
I tratti forse più importanti sono il saper essere un "calcolatore" e l'essere metodico nel programmare il percorso di avvicinamento ad un obiettivo. Nulla è lasciato al caso! Anche se non amo la parola "calcolatore", credo che per costruire con gradualità serva questo. Solo un lavoro contraddistinto da metodo ti permette una crescita costante.
Rispetto al ciclismo la MTB è uno sport più legato alla sfera individuale e, seppure conti lo spirito di squadra, l'individuo assume un ruolo di spicco. La squadra c'è, ma serve a supportare e a permettere che un atleta si esprima al meglio delle sue possibilità.

Quando sei in un momento di sforzo massimale, ci sono dei pensieri, dei ricordi o delle immagini a cui cerchi di accedere attivamente per far fronte alla fatica? Ci sono differenze se sei da solo o con un avversario?
Sicuramente dipende molto se sono da solo nel momento di sforzo massimale o se siamo in tre in testa alla gara.
Quando sono da solo tendo a viaggiare molto con la mente. Penso alla quotidianità, la mia mente vaga ed è incredibile quali film sia capace di creare. Posso ripensare a qualcosa che ho visto al mattino, rivivo un'esperienza di un paio di giorni prima, un episodio della colazione o penso a qualcosa che andrò a fare la domenica sera per svagarmi. Credo che in quei momenti la mia mente sia talmente libera che non sia io a concentrarmi su cosa devi pensare, ma che sia lei a scegliere. Quando invece sono in compagnia di altri atleti percepisco meno la fatica.
Un momento in cui la concentrazione deve essere massima è senza dubbio la discesa,  soprattutto quando sono in testa con un po' di vantaggio. In quelle fasi so che devo liberare la mente stando lucido e concentrato. Mi balena sempre in mente una frase, che mi ripeto continuamente: "non far cazzate, non far cazzate".
Un'importante competenza è il saper andare lineare, senza rischiare troppo. Nella Mountain Bike anche le forature e i guasti non sono dovuti al caso, ma possono essere ricondotti al 90% ad un errore che fa il pilota. Se riesci a stare concentrato e fare delle linee pulite, senza rischiare più del dovuto puoi portare a casa la corsa. Se invece ti fai prendere dalla foga del momento e sei sovrappensiero finisci per sbagliare una linea perdendo la corsa.
Mentre ti ascoltavo mi sono chiesto cos'è per te la paura e che componente riveste nelle tue gare...
In MTB ci sono il Singol Track,  che significa bosco, sentiero stretto, radici, sassi, curve e controcurve e ci sono le tipiche strade dolomitiche, dove si corrono le gare più famose nei mesi di Giugno, Luglio e Agosto. Le strade Dolomitiche sono strade larghe, lastricate di ghiaia bianca. Quelle sono le più pericolose al mondo perché raggiungiamo velocità altissime, senza avere mai la sicurezza del tuo mezzo. Se cadi a 60 Km/h chiaramente può diventare un problema. Non conta quanto è larga la strada, se quando cadi la velocità è sostenuta e ci può essere un burrone o una scarpata. E' la velocità il più grosso problema nella MTB.
Su quelle strade, quando sei in gruppo e davanti a te ci sono 2 o 3 persone, che devi seguire. non riesci a fare le tue linee pulite, non riesci a vedere nitidamente gli ostacoli e quello che fanno gli altri. In quei frangenti un po' di rischio secondo me c'è e conseguentemente c'è anche la paura.
Nelle discese tecniche invece quando cadi vai a 20 o 30 Km/h. In questo ultimo caso anche se ti scontri con un albero, nella peggiore delle ipotesi, ti rompi una clavicola
Se dovessi spiegarmi chi è per te l'avversario in una gara di MTB (Mountain Bike) marathon, cosa mi diresti? E' come nel rugby dove finita la partita inizia il terzo tempo o è come il pugilato dove l'avversario va annientato?
Nella MTB l'ambiente  è molto simile al rugby. C'è un rispetto incredibile tra avversari. Seppure siano passati molti anni da quando ho iniziato a correre, non ho memoria di uno sgarbo o di una scorrettezza, come potrebbe essere l'allargare il gomito. 
L'ambiente è rilassato ed è molto bello soprattutto nel dopo gara. Tra di noi ci conosciamo tutti sia a livello italiano che internazionale. Abbiamo la possibilità di riunirci durante i ritiri con la nazionale e quindi di conoscerci. A Livigno, in ritiro, sono presenti quasi la metà dei corridori italiani. Usciamo, parliamo e beviamo una birra insieme. Questa secondo me è una differenza importante con il ciclismo su strada, dove il gruppo è decisamente più numeroso ed è quindi difficile che gli atleti si conoscano tutti.
Questo aspetto amicale è presente anche durante le competizioni?
Quando si corre si tende a non parlare. Credo che il non parlare in corsa sia una modalità per rispettare sia gli avversari, che la loro fatica. In corsa non si ride e non si scherza, ma ce le diamo di santa ragione. Quando c'è da scattarsi in faccia, ci si scatta in faccia, ma sempre con correttezza e senza nessuno sgarbo.
Per farti capire quanto è presente il rispetto tra noi, pensa che  mi è capitato di vedere atleti rimanere senza borraccia in gara e gli avversari gliela prestavano, unicamente per fargli un favore.
Il livello di attenzione in competizioni di Mountain Bike deve essere particolarmente alto. Quando sei in griglia o nelle fasi precedenti una gara, ci sono delle tecniche o dei rituali che sei solito adottare?
Parlando di me, posso dire che prima di una gara sono libero e mentalmente leggero. Addirittura provo a non pensarci, perché la gara la si fa in gara. Inoltre, nelle gare a cui partecipo, le Marathon, la partenza non è un momento così importante, come lo può essere in gare Sprint o di Cross Country.La partenza per me è sempre un momento molto rilassato. In griglia preferisco ridere e scherzare con gli amici e con gli avversari.
Molto diverso è il cambiamento mentale richiesto in corsa. Bisogna avere quell'aggressività che ti porta a competere in salita e la capacità di concentrarti in discesa, per non commettere errori. In discesa ti giochi la gara, non tanto perché stacchi l'avversario, ma perché se commetti degli errori rischi di farti male o semplicemente di buttare via quanto fatto fino a quel momento. Va inoltre detto che quando inizi una discesa hai appena terminato una salita, sei completamente fuori giri ed è più difficile concentrarti. Bisogna fare due respiri profondi, sgranare gli occhi e andar giù. Tutto qua!
Di solito la discesa è intesa come un momento di respiro dopo la salita, mentre nella MTB la discesa fa spesso la differenza. Bisogna mantenere la concentrazione e avere tecnica. Ci sono stati momenti nella vita in cui hai questa sensazione? Situazioni apparentemente facili, ma in cui è necessario un alto livello di attenzione?
Sai è difficile risponderti, forse perché sono ancora relativamente giovane. Ho 27 anni e vivo con i miei genitori. Forse la vita non mi ha messo ancora sufficientemente alla prova.
La discesa come ti raccontavo è particolarmente complicata. Per quanto appaia facile è una delle parti di percorso in cui si decide maggiormente la gara. Al momento non so dire se esistano situazioni di vita che per quanto appaiano facili possano decidere il tuo futuro, credo quindi di aver bisogno di rifletterci ancora prima di poter darti una risposta.
C'è una frase, un pensiero o un motto detto da una persona per te importante (genitore, insegnate, allenatore; ecc.) che ti è rimasta impressa e che ti caratterizza come atleta e che senti particolarmente tuo?
C'è una frase che mi è rimasta particolarmente impressa, seppure generi l'effetto contrario rispetto a quanto consigli.
Io ho iniziato a correre a circa 14 anni e i miei genitori venivano spesso a vedermi correre. Mia madre, grande urlatrice e capace di farsi sentire a distanza, mi urlava sempre "Samu, vai piano!". Questo accadeva in gara, quando le passavo davanti. Lei temeva che potessi farmi male in discesa e mi ripeteva in continuazione di andare piano. Chiaramente dopo qualche anno le ho spiegato che era meglio cambiare la frase "Samu, vai piano" in "Samu, vai forte!".
Questa frase mi torna in mente quando affronto le discese e la sento vera, perché devo ragionare su quanto sto facendo. Molti corridori finiscono per ritirarsi, incappando in miriadi di problemi come può essere una foratura, perché vanno un po' oltre quando vedono l'avversario avanti 200m o a 20 secondi. Molli un po' troppo e la frittata è fatta. Credo invece sia importante riconoscere i propri limiti e prenderne atto.
Sembra una caratteristica vincente da come me l'hai spiegata...
Può essere... Certo non è una caratteristica che ti permette di vincere quando sei spalla a spalla con un avversario. Sul lungo periodo credo però ti permetta di migliorarti facendo le cose passo dopo passo, senza il desiderio di bruciare le tappe, rischiando il meno possibile.
Questo aspetto credo sia quello che più mi contraddistingue. Io sono un atleta che ogni anno fa un piccolo miglioramento, riconfermando quanto fatto l'anno prima e facendo un ulteriore step in avanti. A volte si vedono atleti che a 20 anni vincono molto, ma poi dopo 2 anni spariscono, mentre credo che crescere con gradualità sia molto importante.

Nessun commento:

Posta un commento