lunedì 26 ottobre 2015

Dialogo col campione: Andrija Geric

Andrija Geric è stato un pallavolista serbo e oggi lavora come psicologo dello sport.

Da giocatore, con la nazionale serba, ha conquistato un oro olimpico a Sidney 2000 e agli europei in Repubblica Ceca nel 2001. Nel suo palmares figurano anche: 1 argento in 4 World League; 1 bronzo olimpico, 2 bronzi europei, 1 bronzo in coppa del mondo, 1 bronzo in World League e 1 Bronzo in Grand Champions Cup.

Andrija Geric ha giocato e vinto molto anche militando in squadre Italiane. Con la Lube Macerata ha conquistato: 1 Coppa Campioni, 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana e 2 Coppe CEV







La pallavolo è lo sport con più densità umana, cioè con il più alto rapporto persone/metri quadrati. Questo aumenta le variabili in gioco: fiducia, rapidità, gioco di squadra, conoscenza degli altri, dei ruoli, dei movimenti. Cosa ne pensi?!

Io penso che in ogni sport di squadra tutti questi aspetti diventino rilevanti. L'aspetto caratteristico della pallavolo consiste nell'essere separato fisicamente e spazialmente dall'avversario. Quanto tu vai a costruire nel tuo campo, a livello di gioco, non può essere influenzato dall'avversario. Quando la palla è nella tua metà campo sei tu ad avere tutto sotto controllo.
Inoltre nella pallavolo, oltre ad esserci una separazione dall'avversario, c'è un marcato contatto fisico con i compagni, perchè dopo ogni punto i componenti della squadra si dirigono al centro del campo per festeggiare e quindi si toccano.
Per quanto riguarda il gruppo e le dinamiche interne ad un gruppo sono importanti dei buoni rapporti tra gli atleti soprattutto sul piano del gioco. Nella mia esperienza mi è capitato di far parte di squadre nelle quali i rapporti personali non erano buoni al di fuori del campo, ma, essendo tutti dei professionisti, quando scendevamo in campo eravamo uniti.

Quindi c'è un importante relazione con i tuoi compagni, mentre c'è un'assenza di contatto con l'avversario...

In sport come il basket, la pallanuoto o la pallamano l'avversario ti è sempre vicino. Esistono la difesa e l'attacco, ma l'avversario sarà intorno a te in queste fasi di gioco.
Nella pallavolo invece la tua metà campo è il tuo regno, mentre l'avversario si trova nel suo di regno che si trova al di là della rete. Quanto tu andrai a fare nella tua metà del campo dipende solo da te, non dipende dall'avversario.


E' possibile entrare in rapporto con l'avversario nonostante la rete vi divide, magari attraverso lo sguardo?

Teoricamente l'avversario non andrebbe guardato, salvo che per intuire quale sarà la sua prossima mossa. Quando termina il punto, secondo la teoria, dovresti voltarti senza guardare quanto succede.
Dal punto di vista psicologico invece hai a disposizione, come strumento, alcuni urli e alcuni sguardi che tu scambi con l'avversario durante il gioco o addirittura durante le fasi di riscaldamento. Ho avuto la possibilità di giocare con un famoso pallavolista che fin dalle fasi di riscaldamento iniziava una sorta di guerra psicologica con un avversario. Prima lo sceglieva, poi lo guardava, lo fissava, ogni tanto decideva di scambiarci una parola, per metterlo in condizioni mentali negative, disfunzionali al fine del gioco.
Questo mio ex compagno era molto bravo, perchè riusciva a scegliere sempre avversari poco capaci di digerire questi stress psicologici. Se un giocatore non ha sufficiente esperienza, quando viene messo in una condizione negativa, come ad esempio questa, finisce per perdersi. Inizia a focalizzare la sua attenzione su domande come “perchè mi guarda?”, “cosa sta succedendo?”, “devo rispondere?” e smette di concentrasi sul gioco.

Hai vissuto contesti vincenti. Quali sono le caratteristiche di un gruppo vincente? Quali caratteristiche deve avere un giocatore per contribuire a far vincere il gruppo e quali caratteristiche deve avere un gruppo per migliorare un giocatore?

Sai, io ho perso anche tanto! Comunque il primo aspetto importante è che sia presente uno scopo comune. Seppure possa sembrare ovvio, in molte squadre i giocatori hanno scopi diversi. Alla stampa rilasciano sempre la dichiarazione che vogliono vincere, ma in cuor loro aspirano ad un contratto migliore, a giocare in una nuova squadra o ad avere più soldi.
Per rendere un gruppo coeso, il desiderio di vincere deve essere “respirato” da tutto il team. La presenza di questo aspetto può essere percepita nei momenti di insicurezza di un giocatore, che viene supportato dai compagni al fine di superare questa fase difficile.
Questa è la ragione del perché molte società in cui ho militato spingevano per organizzare cene di squadra e affinchè noi giocatori passassimo del tempo insieme. In questi momenti si formano delle relazioni umane anche extra-sportive.

Nella pallavolo esistono ruoli molto diversi. A tuo parere ce ne sono di alcuni in cui l'aspetto mentale è più importante? Chi fa Il tuo ruolo, il centrale, che caratteristiche caratteriali deve avere per avere una marcia in più?

Per essere un buon centrale devi essere capace di gestire i momenti in cui non tocchi la palla, riuscendo a rimanere nel gioco. Un centrale per ottenere dei punti ha la possibilità di murare o attaccare, ma se la fase di ricezione non va bene lui non può ricevere palla anche per diverso tempo.
Molti centrali dipendono invece molto dalla fase di attacco e se la squadra non attacca finisce per non giocare nemmeno gli altri fondamentali. Questo secondo me non va bene. Un centrale deve godere della sicurezza e della calma soprattutto nei momenti in cui non attacca e nei momenti in cui non viene percepito dal pubblico. In queste fasi dietro le quinte, deve comunque giocare e fare il suo dovere.
Dal punto di vista mentale va però detto che ogni ruolo ha delle sue caratteristiche specifiche. Il palleggiatore, visto che fa girare la squadra, deve avere la calma e la consapevolezza di comprendere in quale momento del gioco si trova il gruppo, cosa sta facendo la squadra e cosa serve alla squadra. Il ricevitore ha bisogno di un alto livello di concentrazione, perchè molto dipende da lui. I ricevitori sono sempre in contatto con la palla e questo gli richiede che siano capaci di mantenere un buon livello di gioco lungo tutto il corso della gara.
Un allenatore deve invece conoscere i pregi e i difetti dei suoi giocatori, in modo da mescolare al meglio gli atleti e saperli sostituire efficacemente. Alcuni giocatori, ad esempio, si trovano in difficoltà nelle fasi finali della gara o nei momenti salienti di un match e finiscono per commettere più errori. L'utilità, per un allenatore, di lavorare con un Mental Coach consiste proprio nell'avere un supporto nel comprendere i lati personali degli atleti e quindi di saperli utilizzare al meglio.

Mi stai dicendo che un allenatore per essere un vincente deve essere un buono psicologo o deve essere capace di farsi aiutare da un professionista che sappia comprendere al meglio gli schemi mentali degli atleti?

Esattamente, perchè il ruolo dell'allenatore consiste nel prendere delle decisioni. Purtroppo molti allenatori hanno esperienza professionale, ma non conoscono gli aspetti legati alla psicologia. Hanno delle loro credenze, che magari hanno funzionato in passato, ma che non puoi sapere se funzioneranno anche con un gruppo completamente diverso dai precedenti. Quando gli aspetti caratteriali degli atleti cambiano non è garantito che quello che in passato ha funzionato, funzionerà ancora.

La pallavolo é conosciuta per la bravura di alcuni giocatori, ma anche per alcuni allenatori che hanno fatto la storia di questo sport. Quali caratteristiche personali deve avere un allenatore vincente?

Credo che uno degli aspetti più importanti consista nell'avere dei buoni rapporti con i propri giocatori e che sia capace di far sentire tutti i giocatori importanti per la squadra, indipendentemente da quale sia il loro ruolo.
Un altro aspetto importante consiste nello spiegare ad ogni giocatore qual'è il suo ruolo all'interno della squadra e fare in modo che riesca a trovare un accordo rispetto a quello che ogni atleta dovrà fare.
In tutte le squadre esisteranno sempre i giocatori che pensano di aver giocato troppo poco, a cui non è stata data ancora una chance e che l'allenatore non li vuole far giocare. Se un allenatore è però capace di chiarire i ruoli dall'inizio e ha trovato un accordo da parte dei giocatori, ha già compiuto la metà del lavoro da fare.

Uno degli allenatori più vincenti è sicuramente Julio Velasco, che dice di aver allenato più che giocatori, cervelli. Cosa ne pensi?

Io non ho mai lavorato con Julio Velasco. So però che i giocatori appartenenti alla vostra generazione dei fenomeni avevano un grande carisma come atleti e hanno, ancora oggi, un grande carisma, indipendentemente dal lavoro che svolgono. Velasco è stato capace di trasmettergli molto a livello umano e di carisma.
Bernardi, Giani, Gardini, Cantagalli, Papi, Zorzi, Bracci, Pasinato, Gravina, Pippi, Bovolenta, Lucchetta, Tofoli, Vullo, Meoni, Sartoretti, Galli, De Giorgi, Martinelli e tutti gli altri componenti di quel gruppo, sono diventati delle persone complete. In pochi, dopo di loro, hanno avuto lo stesso carisma.
Da quello che ho sentito, Velasco gioca a scacchi e pensa che i giocatori siano come i pezzi degli scacchi. Non sono certo che questa sia la migliore metafora per pensare alla pallavolo, ma è indubbio che Velasco abbia permesso che venisse fatto un grande passo in avanti per la pallavolo mondiale.
Ogni squadra che ha allenato ha iniziato a crescere! E' successo con l'Italia e poi anche con l'Iran. E' stato capace di portare un modello di gioco e un sistema di gioco. Molti allenatori venuti dopo di lui hanno cercato semplicemente di copiare quanto da lui già fatto.

Nella tua carriera hai vinto molto. Ti ricordi una vittoria in particolare? Quali caratteristiche deve avere un successo per cambiare in modo positivo e sostanziale un giocatore?

Mi ricordo la finale di World League del 2005 giocata contro la Polonia a Belgrado. Eravamo sotto 2 a 0 e il punteggio del terzo set era 21 a 17, ma siamo riusciti a girare le sorti della Match e alla fine abbiamo vinto. L'allenatore ha fatto un cambio, noi abbiamo continuato a crederci e ci siamo detti “ora gli facciamo vedere che ce la facciamo!”
Credo però che all'interno della mia carriera mi abbiano cambiato maggiormente le sconfitte. Queste mi hanno permesso di migliorare perchè mi hanno dato la possibilità di vedere i miei difetti e mi hanno fatto capire su cosa dovevo lavorare. Quando vinci tutto va bene, anche quanto non funziona viene in parte nascosto, mentre se perdi inizi a pensare molto di più a cosa puoi fare per migliorare.
Una delle sconfitte che più mi ha bruciato è stata in una partita contro il Brasile giocata in Argentina nel 2006. Vincevamo 2 set a 0 e 13 a 8, ma abbiamo perso la partita, finendo quarti nel torneo. Tutti noi pensavamo “Abbiamo vinto, la partita è chiusa” ed è stato un grande errore.

Cosa ti ha insegnato questa sconfitta?

Come dice Vujadin Boskov “non è finita fino a quando arbitro non fischia”

So che ti sei laureato in psicologia e ora affianchi degli atleti per allenare l'aspetto mentale. La tua esperienza di atleta come influenza la tua professione da Mental Coach e da psicologo sportivo?

Ho maturato molta esperienza in ambito sportivo e questa mi ha permesso di comprendere quale approccio psicologico non piace agli sportivi. Molti psicologi prediligono un approccio incentrato sulla testistica, hanno una grande attenzione teorica, ma pochi di loro hanno alle spalle un'esperienza nel mondo dello sport. Quando ti avvicini a uno sportivo, proponendoti, anche tu, nelle vesti di uno sportivo, riesci a fare in modo che ci sia una maggiore apertura e che si crei una buona fiducia di base.
Ti racconto una mia esperienza recente, che fa capire quanto in Serbia sia diffusa la cultura dei test. Ho lavorato con una tennista e alla prima sessione di lavoro, lei si è presentata con una penna. Mentre parlavamo sentivo che qualcosa non stava andando bene, allora ho deciso di chiederle se ci fosse qualche problema. Lei mi ha risposto con una domanda: “Quando iniziamo a fare i test?”. In passato aveva già lavorato con due psicologi che le avevano somministrato dei test, ma probabilmente non l'aveva gradito.
Credo che i test siano utili in ambito scientifico, ma non funzionino con gli sportivi, perchè questi non li amano e non gli dedicano attenzione. Alcuni miei compagni di squadra quando rispondevano alle domande vedevo che non le leggevano neanche e mettevano delle crocette a caso.
L'essere stato sportivo mi ha permesso di vedere dove sbagliavano gli psicologi sportivi, di comprendere quali approcci non funzionavano con me e quali non funzionavano con i miei colleghi. Io ora cerco di non ripetere gli stessi errori.

Per concludere mi piacerebbe chiederti in che modo l'essere stato uno sportivo professionista ti può aiutare nella carriera lavorativa?

Lo sport ti insegna che ci sono dei doveri, ti insegna ad organizzare il tuo tempo e a rispettare il compagno e l'avversario. Credo però che l'aspetto principale che lo sport ti insegna è di essere onesto. Quando prendi un impegno con una persona rispetti la parola presa. Nella mia esperienza ho avuto modo di vedere che gli sportivi hanno una maggiore attenzione al rispetto e all'onestà.
Se guardo alla mia esperienza lavorativa, ho potuto constatare che se prendo un appuntamento con una persona e quella deve disdire, uno sportivo con buona probabilità mi chiamerà per avvisarmi, mentre un non sportivo sarà più facile che farà finta di nulla. A volte essendo stato un uomo di sport do per scontato che per gli altri, come per me, l'onestà sia un aspetto fondamentale, ma purtroppo nel mondo lavorativo non è sempre così.
Nello sport ci sono delle regole e seppure tu abbia la possibilità di fare a tuo modo, devi comunque rimanere in queste regole. Nella vita questo aspetto viene in parte meno.



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