mercoledì 29 luglio 2015

Musica in movimento: Tool - Lateralus

Ascoltare musica attraverso le cuffie: una cosa che per me era eresia fino a pochi anni fa, e che sotto alcuni aspetti ancora lo è. Uno dei piaceri degli sport di fatica è per me quello di ascoltarsi, e ascoltare il silenzio della natura (quando si fa sport in natura). Ma quando ci si trova in palestra, costretti per la buona riuscita di una preparazione atletica, oppure quando allenarsi pare molto difficile, in momenti in cui la stanchezza mentale sembra prendere il sopravvento sulla stanchezza fisica, ecco che una buona musica ha un ottimo effetto sulla prestazione. Doping psicologico? Forse, ma mentre a differenza del doping chimico, che sposta i limiti fisici oltre i limiti naturali, questa pratica della musica nelle orecchie non fa altro che aiutare la mente ad avvicinarsi a quei limiti di resistenza psicologica che sono semplicemente nascosti dentro la mente stessa.


Passiamo quindi alla musica. Con cosa posso aprire questa serie di “recensioni”? Bè, parto con un album che è stata una vera sorpresa per me quando ho provato ad ascoltarlo durante un allenamento in palestra: parliamo di "Lateralus", album del 2001 dei californiani Tool. Un mix perfetto di energia e ipnosi, perfetti per aiutare il fattore mentale durante lo sforzo.



Decifrare lo stile di questo fondamentale gruppo musicale è difficile. Ritmiche non abituali, passaggi da atmosfere cupe e quasi sornione a deflagranti raptus elettrici dal sapore metallaro, tutto rivoltato in un incedere progressive.
Dalla partenza degli 8 minuti di "The grudge", è subito chiaro il motivo della potenza di questa musica sulla testa dell'atletico ascoltare. Ritmo martellante e sottofondi ipnotici, perfetta per entrare in una sorta di trance prestazionale.
Qualche minuto di calma apparente con "Eon Blue Apocalypse" e la prima parte di "The patient" (che però rimane anche nel finale come in attesa di un'esplosione che non avverrà del tutto), e il minuto di "Mantra", ed ecco entrare nel cuore dell'album, dalle ritmiche ipnotiche e potenti di "Schism", al nuovo passaggio tra calma ed energia di "Parabol/Parabola", alla furia di "Ticks&Leeches" (con all'interno la classica calma apparente tooliana di metà canzone, prima dell'esplosione finale con la voce di Maynard James Keenan a inseguire la pazzesca batteria di Danny Carey), alla meravigliosa "Lateralus", una travolgente cavalcata di 9', quasi una preghiera tra rock e matematica (ma questo è un discorso che tralasciamo), per spingere il corpo in quel momento stanco dallo sforzo fisico ad una nuova e diversa percezione della fatica, sublimandola in un'alternativa dimensione dal gusto potente.



Cinque minuti di respiro, sempre dal sapore ipnotico, nella psichedelica e morbida "Disposition", che prepara il terreno al nuovo viaggio di 11' della fantastica "Reflection", con la chitarra di Adam Jones e il basso di Justin Chancellor a formare un altro incredibile tappeto ipnotico in cui perdersi e lasciarsi andare ("crofiggi l'ego", dice il testo, ed è quello a cui a volte viene spinto il corpo nel momento di massimo sforzo).
La strumentale "Triad" continua nel potente incedere ritmico il discorso presentato durante tutto l'album, prima di salutare l'ascoltatore con il delirio tra parlato e suoni claustrofobici di "Faap de Oiad", dove la fatica sin qui accumulata nei quasi 80' di ascolto (e sforzo, sempre che non si siano usate solo poche canzoni e non l'album intero - ma il consiglio è di approfittare dell'interezza dell'opera) terminano con probabili visioni mistiche.
Insomma, nonostante l'intento dei Tool non fosse evidentemente quello di fare della musica da ascoltare durante un'attività sportiva, l'album "Lateralus" risulta davvero perfetto come aiuto psicofisico.

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