venerdì 23 settembre 2016

Le strategie di self-handiccaping nello sport


Poco prima di una competizione vi è mai capitato sentire un atleta presentarsi dicendo "in questo periodo mi sto allenando poco e male?", "sono sotto antibiotici, non sono stato molto bene negli ultimi giorni", "non sono molto riposato, mio figlio non mi sta proprio facendo dormire"? Se la risposta è si sapete di cosa si tratta il self-handicapping.

Berglas e Jones (1978) furono i primi ricercatori a parlare di self-handicapping, definendolo una strategia di presentazione volta alla protezione del sè e della propria autostima. Secondo questi autori, grazie al self-handicapping una persona crea, a monte, le condizioni per poter imputare un possibile fallimento o insuccesso a cause esterne o un possibile successo a cause interne. 

Poniamo che un atleta si presenti come influenzato e poco allenato. Se questo atleta dovesse perdere la sua autostima non verrebbe intaccata e nessuno potrebbe giudicarlo negativamente, perchè "era malato e poco allenato". Nel caso in cui dovesse riuscire ad ottenere un successo potrebbe affermare di essere veramente forte e potrebbe richiedere un importante processo di approvazione sociale: "nonostante fossi malato e poco allenato sono riuscito comunque a vincere, sono proprio forte!". In tal caso avrebbe l'occasione di sentirsi fiero e pieno di sè, forse anche più di quanto in realtà varrebbe.

Può quindi capitare che un atleta per evitare di ricondurre l'insuccesso alla propria incapacità o alla propria adeguatezza ricorra alla strategia di porsi in una condizione di svantaggio o di difficoltà  La finalità di tali strategie consiste quindi in un processo di proteggere la propria immagine o addirittura nel poterla migliorare ai nostri o occhi o agli occhi delle persone che ci stanno intorno (Dweck, 1991). 

Anche il concedere un leggero vantaggio all'avversario può essere considerato una strategia di self-handicapping. Se perdo penso: ho perso, perchè ti do dato troppo vantaggio/Se vinco penso: se ho vinto nonostante lo svantaggio significa che devo essere proprio forte. In caso di fallimento l’handicap mi giustifica, in caso di successo accresce il mio valore, perché sono riuscito nonostante l’handicap, e quindi sono eccezionalmente bravo.

Le situazioni in cui l'utilizzo di strategie di self-handicapping è più probabile sono ambiti a forte connotazione competitiva e di media difficoltà. Se l'obiettivo fosse molto facile non avrei bisogno di crearmi una possibile scusa, perchè sono consapevole di potercela fare. Se l'obiettivo fosse molto difficile non avrei bisogno di crearmi una scusa, perchè anche in caso di fallimento questo potrebbe essere imputato alla difficoltà del compito e non a una mia inadeguatezza. Nel caso di un obiettivo di media difficoltà l'insuccesso verrebbe imputato quasi causalmente all'atleta, che per tutelare la propria immagine di sè potrebbe sentire la necessità di crearsi un handicap in anticipo.


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