martedì 20 settembre 2016

Federica Pellegrini: il ritiro può attendere, la storia no


Ci sono storie scritte e storie in corso di svolgimento, medaglie vinte e record ancora da stabilire, nuotando o correndo, pedalando o calciando. Il tempo alle spalle o di fronte. 
Nessun appuntamento col passato oggi, ‘solo’ uno sguardo verso il futuro.
Da Rio 2016 a Tokyo 2020. 4 anni per rinascere.
Quando a 16 anni, con il Tempio di Zeus che incornicia il tuo volto, sconvolgi il mondo guadagnandoti con il sudore una medaglia d’argento olimpica, è evidente che scrivere la storia sia nel tuo destino, nel tuo sangue, incisa a fuoco in una bracciata. 
Medaglie, soddisfazioni, cambi di allenatori, le delusioni, gli alti e bassi di una vita trascorsa a caccia dell’oro.

Il nuoto e lo sport sono così. Una sera vai a dormire con la medaglia al collo, un’altra notte con i giornalisti che, dietro la porta della tua camera, ti chiedono insistentemente i motivi della tua sconfitta. Le cause del tuo fallimento, con la rabbia in corpo e le batterie scariche.
La storia di Federica Pellegrini è nota a tutti e per lei basta guardare il palmares.
2 medaglie olimpiche, 13 medaglie ai mondiali, 29 agli europei e 144 ai campionati italiani. 
195 medaglie totali, 129 ori.
Niente da dimostrare a nessuno, la migliore nuotatrice europea.
Eppure non sempre tutto gira come dovrebbe. 
I 12 anni da Atene a Rio raccontano grandi mondiali e olimpiadi sottotono. La stampa sempre intorno, una storia controversa con Marin, l’amore di Magnini. La rivalità con Laure Manadou, il filo rosso a intrecciare vivere, nuotare e amare. L’insostenibile voglia di primeggiare, dentro e fuori dall’acqua. 
Sempre sotto i riflettori. Sempre protagonista. 
16 anni e 12 giorni per vincere la prima medaglia. L’oro sfumato nello spazio di 19 centesimi di secondo. L’urlo in gola strozzato, ma un sorriso sincero per festeggiare.  Predestinata e vincente.
32 anni prima, l’ultima medaglia di una nuotatrice italiana alle olimpiadi: Novella Calligaris e un paragone scomodo. 
32 anni. Quelli che avrà Federica nel 2020. 
L’ultima chiamata per chiudere i conti con la competizione a 5 cerchi.

Il quarto posto nei 200sl a Rio pesa come un macigno, le critiche della stampa bruciano come fuoco. La voglia di mollare tutto e tutti. Per lavare via la sofferenza non basta una doccia. Occorre una vasca. Una medaglia. O almeno dare tutto, bracciata dopo bracciata, per concludere il capitolo finale.
Un quarto posto nella finale dei 200sl più veloce di sempre, con un tempo che 12 anni prima le avrebbe garantito l’oro a mani basse, dovrà passare da essere il punto più basso della propria carriera a diventare l’inizio di una bellissima rinascita.
Stupire il mondo per un’ultima volta. 
Perché in fondo, prima di tuffarsi, il trampolino tocca sempre il punto più basso.
Federica Pellegrini in: ‘Tokyo 2020’ il ritiro può attendere, la storia no.


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