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lunedì 7 dicembre 2015

Dialogo col Campione: Antonio Capoduro


Antonio Capoduro è uno schermidore italiano, affetto da tetraparesi spastica distonica.

Antonio Capoduro lavora come responsabile del sito dipartimetale di informatica dell'Università di Milano. 

Antonio Capoduro è inoltre uno dei promotori del progetto "SPORTABILIA, LO SPORT CHE MERAVIGLIA"



Ciao Antonio, puoi raccontarci come è cominciata la tua storia sportiva? 

Il mio inatteso incontro con il mondo dello sport è avvenuto all’età di 41 anni in modo del tutto casuale, in un giorno di primavera uggiosa del 2009, in cui il mio spirito era depresso, non solo per la giornata ma anche per una serie di motivazioni personali di cui non mi dilungo, Giovanni Lodetti (Maestro di scherma) mi ha proposto di andare a vedere come si tira di scherma. Faccio presente che fino ad allora guardavo la scherma solo alle olimpiadi in televisione, comodamente seduto su una poltrona, non conoscendo nulla di tecnica schermistica, ebbi un tentennamento, ma alla fine ho accettato perché mi sono reso conto di aver bisogno di qualcosa che mi stimolasse e Giovanni è stato uno sprono fondamentale.

lunedì 30 novembre 2015

Dialogo col campione: Carlo Alberto Cimenti

Carlo Alberto Cimenti è stato il primo alpinista italiano ad aver conseguito lo "Snow Leopard", l'onorificenza assegnata dalla federazione alpinista russa a chi scala le cinque cime 'over 7000' dell'ex Unione Sovietica, situate nel Pamir e nel Tien Shan.
In una tua intervista, hai sottolineato come nelle gare svolte in squadra sia importante “perdonare gli errori dei compagni”. Posso chiederti se esiste un atteggiamento che possa favorire questa capacità?

L'atteggiamento deve essere positivo. In una competizione quando l'errore non dipende da te, ma dagli altri, chiaramente ti risenti o ti arrabbi. Per superare la difficoltà del momento è, però, importante riuscire ad essere comprensivi. Rispetto a criticare assumendo un atteggiamento negativo, credo sia più produttivo aiutare ed essere positivi. Questo anche quando quell'errore inficia il risultato della gara o addirittura lo compromette.
Il trofeo Mezzalama è la gara per eccellenza in cui queste situazioni accadono. Si presentano per tutte le squadre, anche quelle che vincono. In questa gara di sci-alpinismo, in cui le squadre sono formate da tre persone, l'attimo di difficoltà, la caduta tua o del tuo compagno o la crisi, sono cose che accadono praticamente sempre. Essendo in tre le probabilità sono molto alte. Quando queste situazioni si verificano, tutti i membri della squadra devono essere forti e devono avere un atteggiamento positivo, per superare così la situazione difficile.
Ho visto molte squadre in cui gli atleti invece di aiutare un compagno lo criticano e lo accusano, demoralizzandolo ulteriormente. Quel compagno potrebbe superare l'attimo di crisi e concludere bene la gara, uscendone, ma così finisce invece per peggiorare sempre di più fino ad arrivare, in certi casi, al ritiro.

lunedì 23 novembre 2015

SportivaMente: Camillo Placì

Camillo Placì è un allenatore di pallavolo, attualmente alla guida della Top Volley Latina.

Da vice ha ottenuto prestigiosi risultati. Nel 2008, con la nazionale russa, un bronzo Olimpico a Pechino e un bronzo nella World League; nel 2009, un bronzo, con la Bulgaria agli Europei; nel 2015 un argento con la Serbia nella World League.
Da Head Coach, nel 2012, un 4° posto alle Olimpiadi di Londra con la Bulgaria.

Salve Camillo, sicuramente è un allenatore molto esperto. In che modo l'esperienza e l'età, secondo lei, possono diventare un vantaggio? Possono essere anche uno svantaggio?

Si, diciamo che sono un allenatore con tanti chilometri nel motore, percorsi su strade diverse: Italia, Russia, Bulgaria, Qatar, Serbia. Tante esperienze, tutte positive e con colori diversi.
Diciamo che l’esperienza ti aiuta a riconoscere subito ciò che e’positivo e ciò che è negativo, poi la decisione giusta su quello che è più corretto da fare la prendi con la saggezza, che non dipende però dall'età.
Ho visto tanti anziani prendere decisioni sbagliate e tanti giovani decisioni giuste. La gioventù non è un peccato.

lunedì 16 novembre 2015

Dialogo col campione: Martina Valmassoi

Martina Valmassoi è una sci alpinista italiana.

Detentrice del titolo italiano sprint, Martina Valmassoi è una delle atlete più in forma del panorama sci alpinistico.
Numerosi podi in coppa del mondo e vittorie in molte classiche rientrano nel palmares di Martina Valmassoi.




Ciao Martina, alle scuole elementari le maestre sono solite assegnare il tema “cosa vorresti fare da grande”. La piccola Martina aveva un sogno nel cassetto? Ce lo puoi raccontare?

La piccola Martina alle elementari era una bambina come tante o meglio, un bambino, un ibrido. Capello corto, orecchini da pirata, magliette chiaramente provenienti dai pacchi gara delle campestri o cose riciclate da mia sorella. Contrabbandavo figurine dei Pokemon pur adorando il mio astuccio del Diddle portato da Mamma San Nicolò. Diciamo che come tutte le bambine ero indecisa sul mio futuro. Un giorno volevo essere una pittrice, l'altro una rockstar, l'altro ancora l'erede femminile di Bjørn Dæhlie.

lunedì 9 novembre 2015

Dialogo col campione: Alessandro Proni


Alessandro Proni è un ex ciclista professionista e oggi si occupa di biomeccanica applicata al ciclismo e allenamenti personalizzati.

Divenuto professionista nel 2007 con la Quick Step, ha conquistato nello stesso anno una vittoria di tappa al Giro di Svizzera.


Alessandro Proni è conosciuto e riconosciuto nel mondo sportivo per aver saputo dare primaria importanza ad aspetti famigliari anche durante i suoi anni di attività professionistica.





Ciao Alessandro, nonostante tu abbia da poco smesso di correre, hai già intrapreso una nuova attività come biomeccanico e personal trainer. Quali sono a tuo modo di vedere gli aspetti, caratteriali e non, che ti hanno facilitato in questo passaggio?

Da qualche anno mi stavo guardando intorno, perchè ero un po' stufo del mondo che gravitava intorno alla bicicletta. Non tanto della bicicletta in sé, ma piuttosto di ciò che gli stava intorno.
Questo ha fatto in modo che quando ho smesso di correre fossi in parte preparato. Ho, quindi, potuto subito iniziare un lavoro che già facevo da qualche anno per passione, con amici parenti e conoscenti. Un lavoro che non era proprio tale, perchè mi divertiva.
Avere già iniziato qualche anno prima credo mi abbia aiutato, inoltre sento che per me è stato di aiuto vedere la soddisfazione delle persone che seguivo a livello biomeccanico. A quel punto mi sono detto: “Perchè, no? Perchè non trasformare una passione in un lavoro?”.
Ho sempre vissuto il mio lavoro come una passione e continuare in questa direzione credo possa essere una cosa molto bella. Non tutti sono altrettanto fortunati! Così è iniziata e poi questo lavoro piano, piano, è cresciuto e oggi posso dire di essere soddisfatto.

lunedì 2 novembre 2015

Dialogo col campione - Giorgio Calcaterra

Giorgio Calcaterra è un runner italiano.

3 volte campione del mondo nella 100 km di ultra-maratona nel 2008-2011-2012.

 
Laureatosi 10 volte vincitore nella prestigiosa 100 km del passatore.

Giorgio Calacaterra è conosciuto soprattutto per le sue doti di resistenza e di recupero. Nel 2000 stabilisce il record mondiale, correndo 16 maratone sotto le 2 ore e 20.



Una delle doti che ti ha reso famoso è senza dubbio la resistenza. Ripensando alla tua vita, fin da quando eri bambino, c’è stato un momento o un’esperienza in cui ti sei accorto che eri portato per “la resistenza” e che la sensazione di superare la fatica ti poteva piacere?


Devo risponderti di no, il mio percorso è stato molto graduale. E' vivo in me il ricordo di quando avevo 18/19 anni e di come sia stato per me estremamente complicato superare le due ore di corsa. Vedevo le 2 ore di corsa come una distanza molto lunga.

Non mi sono mai ritenuto particolarmente resistente e non c'è stato un momento specifico in cui mi sono accorto di esserlo. Ho sempre corso tanto, perchè mi piaceva e perchè provavo piacere nel partecipare alle gare. Questo mi permetteva inoltre di passare del tempo con mio padre e di conoscere nuovi posti.

Facevo soltanto ciò che mi indicava il mio istinto e devo ammettere di non aver mai pensato di essere particolarmente resistente.


lunedì 26 ottobre 2015

Dialogo col campione: Andrija Geric

Andrija Geric è stato un pallavolista serbo e oggi lavora come psicologo dello sport.

Da giocatore, con la nazionale serba, ha conquistato un oro olimpico a Sidney 2000 e agli europei in Repubblica Ceca nel 2001. Nel suo palmares figurano anche: 1 argento in 4 World League; 1 bronzo olimpico, 2 bronzi europei, 1 bronzo in coppa del mondo, 1 bronzo in World League e 1 Bronzo in Grand Champions Cup.

Andrija Geric ha giocato e vinto molto anche militando in squadre Italiane. Con la Lube Macerata ha conquistato: 1 Coppa Campioni, 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana e 2 Coppe CEV







La pallavolo è lo sport con più densità umana, cioè con il più alto rapporto persone/metri quadrati. Questo aumenta le variabili in gioco: fiducia, rapidità, gioco di squadra, conoscenza degli altri, dei ruoli, dei movimenti. Cosa ne pensi?!

Io penso che in ogni sport di squadra tutti questi aspetti diventino rilevanti. L'aspetto caratteristico della pallavolo consiste nell'essere separato fisicamente e spazialmente dall'avversario. Quanto tu vai a costruire nel tuo campo, a livello di gioco, non può essere influenzato dall'avversario. Quando la palla è nella tua metà campo sei tu ad avere tutto sotto controllo.
Inoltre nella pallavolo, oltre ad esserci una separazione dall'avversario, c'è un marcato contatto fisico con i compagni, perchè dopo ogni punto i componenti della squadra si dirigono al centro del campo per festeggiare e quindi si toccano.
Per quanto riguarda il gruppo e le dinamiche interne ad un gruppo sono importanti dei buoni rapporti tra gli atleti soprattutto sul piano del gioco. Nella mia esperienza mi è capitato di far parte di squadre nelle quali i rapporti personali non erano buoni al di fuori del campo, ma, essendo tutti dei professionisti, quando scendevamo in campo eravamo uniti.

Quindi c'è un importante relazione con i tuoi compagni, mentre c'è un'assenza di contatto con l'avversario...

In sport come il basket, la pallanuoto o la pallamano l'avversario ti è sempre vicino. Esistono la difesa e l'attacco, ma l'avversario sarà intorno a te in queste fasi di gioco.
Nella pallavolo invece la tua metà campo è il tuo regno, mentre l'avversario si trova nel suo di regno che si trova al di là della rete. Quanto tu andrai a fare nella tua metà del campo dipende solo da te, non dipende dall'avversario.

lunedì 19 ottobre 2015

Dialogo col campione: Samuele Porro

Samuele Porro è un biker di spicco nel panorama nazionale e internazionale, che si dedica principalmente alla specialità MTB Marathon. Laureato campione italiano nel 2014 e nel 2015 è attualmente campione in carica. Da pochi giorni ha riportato l'Italia, dopo 32 anni senza successi, sul gradino più alto del podio alla Roc d'Azur prestigiosa competizione in territorio francese.
Ciao Samuele, in questi anni ti stai proponendo come uno degli atleti di maggiore spicco nel panorama della Mountain Bike. Quali sono, secondo te, gli aspetti caratteriali che contraddistinguono un atleta portato per questo sport? Alcuni di questi sono specifici per il biker e non per il ciclista?

Il mio sport, come anche il ciclismo, è uno sport di sacrificio, fatica e resistenza. Un atleta per farcela deve quindi avere voglia di arrivare, oltre ad essere contraddistinto dalla capacità di porsi degli obiettivi.
I tratti forse più importanti sono il saper essere un "calcolatore" e l'essere metodico nel programmare il percorso di avvicinamento ad un obiettivo. Nulla è lasciato al caso! Anche se non amo la parola "calcolatore", credo che per costruire con gradualità serva questo. Solo un lavoro contraddistinto da metodo ti permette una crescita costante.
Rispetto al ciclismo la MTB è uno sport più legato alla sfera individuale e, seppure conti lo spirito di squadra, l'individuo assume un ruolo di spicco. La squadra c'è, ma serve a supportare e a permettere che un atleta si esprima al meglio delle sue possibilità.

lunedì 12 ottobre 2015

Dialogo col campione: Marco Lokar

Marco Lokar è un ex cestita italiano, che ha calcato i parquet dalla serie A1 fino alla serie C. Tra le sue esperienze anche due anni alla pallacanestro Trieste allenata da Bogdan Tanjević.
Marco Lokar ha anche giocato nel campionato universitario americano per la Seton Hall University dove viene ricordato per una partita da 41 punti e per essersi rifiutato di vestire la casacca con la bandiera americana durante il periodo della guerra del Golfo.
Oggi Marco Lokar lavora come manager.




Ciao Marco, quali sono le differenze mentali con cui deve confrontarsi un giocatore che affronta il campionato americano e italiano?
Ci sono molte differenze, che percepisci nel mondo dello sport come anche nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti d'America, in qualche modo, il merito viene premiato ed è quindi il campo a determinare il tuo futuro. In Italia e in Europa questo accade limitatamente al mondo dello sport, mentre negli Stati Uniti è sicuramente un mantra a tuttotondo.
Un'altra enorme differenza è che negli Stati Uniti lo sport è “crudo”. La seconda, terza o quarta possibilità sono molto difficili da ottenere. Quando arriva il tuo turno o quando hai la possibilità di giocarti la tua chance devi dimostrare quello che vali, con bravura e determinazione. Questa può sembrare una sorta di selezione darwiniana severissima, ma nei fatti è così.
Anche nello stile di gioco ci sono enormi differenze, ma non hanno a che fare con l'aspetto psicologico, organizzativo e umano.

lunedì 5 ottobre 2015

Dialogo col campione: Lisa Borzani



Lisa Borzani è una ultratrailer che corre per l’Atletica Amatori Chirignago.
Bronzo a squadre ai mondiali ultratrail di Annecy 2015, come anche in Galles nel 2013.
Lisa Borsani si è inoltre aggiudicata numerose importanti competizioni a livello nazionale e internazionale.


Ciao Lisa, a volte il primo passo di una gara inizia mesi o anni prima con un'idea, un desiderio o un sogno che vogliamo realizzare. Per te in che modo i “sogni” sportivi influenzano il tuo allenamento e le tue gare? In che modo? L'influenza è solo positiva o può anche essere negativa?
Sicuramente avere un obiettivo, indipendentemente che questo sia un semplice obiettivo o un sogno è secondo me è notevolmente importante. La motivazione e l'impegno che “metti” sono due aspetti funzionali al raggiungimento di ciò che vuoi ottenere e sono connessi al porsi degli obiettivi.
Anni fa ho visto il mio compagno Paolo partecipare al Tor de Geants e, in quel momento, mi sono detta “anche io parteciperò”, ponendomelo come obiettivo. Questo mi ha trasmesso una grande motivazione per allenarmi e per arrivare pronta all'appuntamento.
Sicuramente l'avere un obiettivo o un sogno ha una valenza positiva e mi riesce difficile considerarlo negativo. Anzi! Credo che l'avere un obiettivo ti permetta di stringere i denti, facendoti uscire per l'allenamento anche quando non ne avresti voglia. Senza una meta da raggiungere ci sono cose che non faresti mai.

lunedì 28 settembre 2015

Dialogo col campione: Daniele Crosta

Daniele Crosta è un ex schermidore italiano della specialità del fioretto.

Nel suo palmares figurano diversi titoli a squadre, tra cui un oro agli europei di Bolzano 1999; un bronzo ai giochi olimpici di Sidney 2000, ai mondiali di Città del Capo 1997 e agli europei di Funchal 2000.

Oggi Daniele Crosta lavora come psicoterapeuta e come psicologo dello sport.







Ciao Daniele, oggi sei uno psicologo/psicoterapeuta che si occupa anche di psicologia sportiva. Come credi la tua esperienza di atleta di alto livello possa agevolarti in qualità di psicologo dello sport e come credi che gli atleti che segui possano trarne beneficio?

L'esperienza sportiva mi ha permesso di “parlare lo stesso linguaggio” degli atleti. Credo questo dia il vantaggio di poter comprendere situazioni non propriamente comuni, che un atleta ti può raccontare.
Chi non ha mai vissuto lo sport agonistico, soprattutto se ad alto livello, farà più fatica a comprendere i vissuti di stress e le pressioni che un atleta deve sopportare.
Questo può essere un vantaggio, ma può anche diventare uno svantaggio. Gli atleti che incontro sono diversi da me e nonostante possano vivere delle esperienze che magari anche io ho già vissuto, ne daranno un'interpretazione soggettiva, perchè le vivono in modo singolare reagendo ad esse in modo singolare.
Credo quindi che l'esperienza pregressa come sportivo sia un'arma a doppio taglio. Da una parte ti aiuta, mentre dall'altra rischia di farti vivere una sorta di pregiudizio che può condizionarti, rendendo più difficile capire il vissuto originale dell'atleta.

La difficoltà quindi consiste nel distaccarti dalla tua esperienza e dal tuo vissuto?

Diventa complicato non applicare i “tuoi schemi”, dato che un atleta ti parla di cose che conosci. A mio avviso, non dovrebbe interessarmi del fatto che l'atleta mi parla di cose che conosco, mentre dovrebbe interessarmi capire come lui vive quelle cose, perchè lui potrebbe viverle in maniera molto diversa da me. A me possono sembrare le stesse cose, però lui potrebbe viverle in modo sostanzialmente diverso.
Dall'altra parte, facendo formazione a giovani psicologi che frequentano il master in psicologia dello sport, mi sono accorto che un vantaggio connesso all'esperienza pregressa è legato soprattutto agli sport di squadra.
La conoscenza di come funziona una squadra e come funziona il mondo dello spogliatoio, ti permette di evitare alcuni errori. Aiuta a muoverti in un contesto che non è semplice e in cui ci sono già delle regole spesso non sono scritte.
Seguendo delle squadre, anche durante le trasferte, mi sono accorto che la conoscenza che avevo maturato mi ha permesso di comprendere quale fosse mio “posto”, cosa non ovvia per chi non ha mai fatto sport.

lunedì 21 settembre 2015

Dialogo col campione - Katia Figini

Katia Figini è una ultramaratoneta esperta nelle corse nei deserti.

Nel suo palmares sono presenti numerose competizioni internazionali tenutesi nel deserto della Namibia, dell'Oman, del Mali, del Sahara, della Giordania e della Bolivia. 

Katia Figini, oltre ad essere una sportiva vincente, è anche attiva in prima persona per contrastare il fenomeno della violenza sulle donne. Nel 2010 e nel 2011 è diventata testimonial del progetto Run for Women diventando la prima donna in assoluto a percorrere 5 deserti in 5 continenti in un solo anno.

Attualmente Katia Figini è anche un coach sportivo e cura la preparazione per podisti a tutti i livelli e per runner che desiderano partecipare a gare nei deserti.




Niccolò Fabi, un cantautore italiano, canta “la solitudine è amara beatitudine, per me. E' necessaria come un vizio e la coltivo un po' per sfizio”. Per te, Katia, cos'è la solitudine? Che rapporto hai con lei e che valore ha all'interno della tua vita quotidiana?

Io ho sempre pensato di soffrire, di patire, l'idea di rimanere sola, ma in realtà spesso e volentieri sono sola nella mia vita.
Trasferendomi da Milano ad un paesino su un cucuzzolo di una collina di poco più di 300 abitanti, mi sono accorta che molto del mio tempo lo passo da sola e non mi pesa. A volte chiaramente ho il desiderio e il piacere di condividere del tempo e delle esperienze con gli altri, ma anche lo stare da sola lo trovo piacevole.
Sicuramente con il tempo ho imparato che a volte le persone riempiono il tempo per non stare da sole, ma queste cose hanno poca qualità. Quindi ho imparato a preferire di condividere il mio tempo con persone care, che posso anche darmi un ritorno esperienziale e valoriale. Se non c'è invece uno scambio arricchente credo sia meglio anche stare soli.

Credi la solitudine possa darti qualcosa che la folla e il gruppo non possano darti?

La solitudine ti permette di approfondire dei pensieri di natura introspettiva che con altri non potresti sviluppare. Non rapportandoti con altri credo sia più facile entrare nella propria sfera personale.
Chiaramente anche lo stare troppo soli non credo faccia bene. Ovviamente mi alleno anche con amici che condividono la mia passione. Entrambe le dimensioni se portate all'estremo credo siano dannose, è bene anche qui trovare un equilibrio.

lunedì 24 agosto 2015

SportivaMente: le prime 4 interviste

Per chi se le fosse perse o per chi abbia solo il desiderio di rileggerle, abbiamo deciso di riproporre in un articolo riassuntivo le prime 4 interviste di Psiche&Sport. 
Insieme a alcuni sportivi abbiamo dialogato di psicologia sportiva, toccando alcuni importanti temi. Strategie per affrontare momenti di crisi, la motivazione, la fatica, l'esperienza per un atleta, le qualità principali per un atleta di endurance, la preparazione mentale ad una competizione sono solo alcuni degli argomenti trattati. Se volete scoprire di più, non vi resta che conoscere meglio i pensieri di questi 4 atleti attraverso le loro parole.

lunedì 17 agosto 2015

Dialogo col campione: Marco De Gasperi

Marco De Gasperi è un atleta italiano di corsa in montagna e di skyrunning. Nato a Bormio nel 1977, inizia la sua attività sportiva nel 1992. Oggi milita nelle fila del Corpo Forestale dello Stato.

Nel suo palmares figurano titoli prestigiosi: 7 volte campione del mondo di corsa in montagna, campione europeo e più volte campione italiano, sia a livello individuale che a staffetta. Nella sua bacheca dei trofei si contano più di 20 medaglie.

Vincitore di alcune delle più importanti Skyrace, Vertical Kilometer e Vertical Races a livello internazionale.

Oltre ad essere un atleta è un grande appassionato di montagna. Passione che lo ha spinto a intraprendere un nuovo progetto: Boy Mountain Dreams




Ciao Marco, ascoltando le tue parole in diverse interviste, traspare un tuo legame intimo con le montagne, al punto che mi è parso siano una persona che conosci. Se io volessi incontrare questa persona, ma non la conoscessi ancora, quali consigli mi daresti? 

Sai, anche io mi sono posto lo stesso quesito guardando la naturalezza e la tranquillità con cui i marinai affrontano il mare. Per me che non so nuotare fa già strano vederli vicino ad una barca, mentre loro sanno dare del “tu” a uno spazio sconfinato di acqua, una cosa grande come il mare.
Credo che per me la montagna sia la stessa cosa, che il mare è per un marinaio. La montagna l'ho vissuta fin da quando ero piccolino, nella pienezza che caratterizza quegli anni. Mi ci sono avvicinato lentamente, prima con delle camminate estive per cercare le mucche di mio nonno che fuggivano dal pascolo, poi per arrivare in cima alle prime montagne, fino a creare un piccolo album in cui annotavo i miei primi 3000 metri e i ghiacciai conquistati. Queste esperienze nate e cresciute piano, piano, credo abbiano costruito il mio bagaglio culturale da “montanaro”. Quindi per me sarebbe difficile dire a qualcuno che non conosce la montagna: “ecco te la presento”. Lo si può invece fare con qualcuno che la vive regolarmente, che vive ai loro piedi o in paese vicino.
Potrei non essere la persona adatta per presentare la montagna a qualcuno che desidera conoscerla superficialmente, perché lui potrebbe non capire e non apprezzare ciò che io vedo e ciò che io intendo.
Ti racconto un’esperienza che forse può rendere l’idea. Mi è capitato di svolgere un training camp in un rifugio a 2100m con dei londinesi impiegati in banca. Ho scelto di proiettare dei filmati con scorci di montagna, racconti di esperienze di corsa e fatica, come anche esperienze di persone che hanno vissuto in passato il contrabbando passando da una valle all'altra. Vedevo queste persone estasiate, ma non sono certo che abbiano compreso a pieno, perché la montagna non la impari in questo modo. Credo che per insegnare a qualcuno cosa sia la montagna sia importante prenderlo e portarlo in montagna, spendendoci un po’ di tempo. Questo è un bagaglio che si costruisce lentamente vivendo delle esperienze.