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venerdì 18 novembre 2016

Differenze di performance in gruppo e in solitaria: parte 2

In un precedente articolo (parte 1) abbiamo potuto comprendere come la presenza di compagni di allenamento o di un pubblico possa essere un importante stimolo, per aumentare le nostre performance.

In un noto esperimento, Norman Triplett, psicologo appassionato di sport, dimostrò come alcuni bambini riuscissero ad essere più veloci ed accurati nell'arrotolare una lenza su un rocchetto se vi era la presenza di un gruppo o di osservatori, rispetto a quanto realizzato in solitaria.

Questo esperimento può portarci a credere che le nostre performace sportive saranno di qualità superiore quando avremo intorno a noi degli avversari, compagni di allenamento o un pubblico. Quanto detto è vero in buona parte delle competizioni a cui prendiamo parte e per la maggior parte degli atleti, ma non è così in senso assoluto. Sono infatti presenti alcune variabili da considerare.

venerdì 28 ottobre 2016

Differenza di performance in gruppo o in solitaria

Oggi vi voglio parlare di quello che viene considerato il primo esperimento di psicologia sociale, nonchè il primo esperimento di psicologia sportiva. 

Norman Triplett, nel 1897, si accorse che i campioni di ciclismo e di nuoto ottenevano tempi differenti se si allenavano soli o in gruppo e se gareggiavano con o senza la presenza del pubblico. 
L'andatura di un ciclista era infatti più elevata quando si posizionava in gruppo, rispetto a quando pedalava solo ed i nuotatori ottenevano performance più elevate quando le competizioni si svolgevano davanti ad un pubblico.

venerdì 24 giugno 2016

Stile di leadership e prestazione di gruppo


Uno degli esperimenti storici, di psicologia sociale, che connette la produttività di un gruppo con lo stile di leadership utilizzato è stato svolto nel 1930 da Lippitt e White, con la supervisione di Kurt Lewin.

Questo esperimento, seppure abbia coinvolto i bambini di 4 scuole elementari, può fornirci utili informazioni su come lo stile di leadership di un allenatore o di un dirigente possa aumentare o diminuire la motivazione, l'impegno e i risultati di un team di atleti.

venerdì 10 giugno 2016

Lavorare con i team: l'etimologia della parola gruppo

Molti allenatori, fisioterapisti, psicologi sportivi, massaggiatori e altri professionisti del mondo dello sport si trovano quotidianamente a lavorare e relazionarsi con squadre, formate da gruppi di atleti. 

Una maggiore consapevolezza di cosa un gruppo sia, dei suoi aspetti costituenti, dei fattori che favoriscono la coesione interna dei membri, delle fasi di vita dei gruppi, delle possibili problematiche che possono portare a momenti di impasse e, più in generale, delle dinamiche che regolano la vita di un gruppo, credo siano di estrema importanza per poter lavorare in maniera proficua ed efficace.

In questo post voglio presentare l'analisi dell'etimologia del termine gruppo, che Anzieu, psicanalista tra i maggiori esperti nell'area di studio dei gruppi, utilizza per aprire il suo libro "Dinamica dei piccoli gruppi". Questo libro è una piccola, grande, meraviglia per i professionisti che come me sono curiosi ed interessati alla vita dei gruppi.

venerdì 11 dicembre 2015

Come lo stile di leadership dell'allenatore influenza l'efficienza della squadra che allena


In questo articolo proporremo una delle teorie che affrontano il tema della leadership, nello specifico la teoria della della "contingenza" di Fiedler (1967).


Fielder, dopo aver osservato e studiato gruppi lavorativi e sportivi, nota che in alcune situazioni i leader fortemente orientati al raggiungimento dell'obiettivo ottenevano migliori risultati dai gruppi con cui collaboravano, mentre in altre situazioni erano i leader attenti alle relazioni e agli affetti del gruppo ad ottenere i migliori risultati.

lunedì 23 novembre 2015

SportivaMente: Camillo Placì

Camillo Placì è un allenatore di pallavolo, attualmente alla guida della Top Volley Latina.

Da vice ha ottenuto prestigiosi risultati. Nel 2008, con la nazionale russa, un bronzo Olimpico a Pechino e un bronzo nella World League; nel 2009, un bronzo, con la Bulgaria agli Europei; nel 2015 un argento con la Serbia nella World League.
Da Head Coach, nel 2012, un 4° posto alle Olimpiadi di Londra con la Bulgaria.

Salve Camillo, sicuramente è un allenatore molto esperto. In che modo l'esperienza e l'età, secondo lei, possono diventare un vantaggio? Possono essere anche uno svantaggio?

Si, diciamo che sono un allenatore con tanti chilometri nel motore, percorsi su strade diverse: Italia, Russia, Bulgaria, Qatar, Serbia. Tante esperienze, tutte positive e con colori diversi.
Diciamo che l’esperienza ti aiuta a riconoscere subito ciò che e’positivo e ciò che è negativo, poi la decisione giusta su quello che è più corretto da fare la prendi con la saggezza, che non dipende però dall'età.
Ho visto tanti anziani prendere decisioni sbagliate e tanti giovani decisioni giuste. La gioventù non è un peccato.

lunedì 12 ottobre 2015

Dialogo col campione: Marco Lokar

Marco Lokar è un ex cestita italiano, che ha calcato i parquet dalla serie A1 fino alla serie C. Tra le sue esperienze anche due anni alla pallacanestro Trieste allenata da Bogdan Tanjević.
Marco Lokar ha anche giocato nel campionato universitario americano per la Seton Hall University dove viene ricordato per una partita da 41 punti e per essersi rifiutato di vestire la casacca con la bandiera americana durante il periodo della guerra del Golfo.
Oggi Marco Lokar lavora come manager.




Ciao Marco, quali sono le differenze mentali con cui deve confrontarsi un giocatore che affronta il campionato americano e italiano?
Ci sono molte differenze, che percepisci nel mondo dello sport come anche nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti d'America, in qualche modo, il merito viene premiato ed è quindi il campo a determinare il tuo futuro. In Italia e in Europa questo accade limitatamente al mondo dello sport, mentre negli Stati Uniti è sicuramente un mantra a tuttotondo.
Un'altra enorme differenza è che negli Stati Uniti lo sport è “crudo”. La seconda, terza o quarta possibilità sono molto difficili da ottenere. Quando arriva il tuo turno o quando hai la possibilità di giocarti la tua chance devi dimostrare quello che vali, con bravura e determinazione. Questa può sembrare una sorta di selezione darwiniana severissima, ma nei fatti è così.
Anche nello stile di gioco ci sono enormi differenze, ma non hanno a che fare con l'aspetto psicologico, organizzativo e umano.

martedì 11 agosto 2015

Dialogo col campione: Davide Frattini


Davide Frattini è un ciclista professionista italiano, nato a varese nel 1978, che corre nelle fila della formazione americana UnitedHealthCare Pro Cycling Team.

Nel 2001 vince il Giro d'Italia dilettanti, passa professionista nel 2002 e nel 2004 emigra prima negli Stati Uniti e poi in Canada, per continuare la sua carriera oltre oceano.

Sul suo profilo Twitter si presenta così: "padre, marito, ciclista professionista e ciclocrossista nel tempo libero"



Gli italiani vengono spesso descritti come un popolo di creativi, disorganizzati, appassionati, ricchi di gusto estetico, edonisti e molto altro ancora. Come le tue radici culturali, italiane e varesotte, ti caratterizzano in qualità di sportivo professionista, in gara e in allenamento?

Quando corro ci sono un sacco di paesi rappresentati in gruppo. Ho colleghi italiani, tedeschi, australiani e di ogni parte del mondo. In quei momenti mi accorgo come ogni paese abbia un suo modo di fare e come questo venga trasmesso anche pedalando.
Noi italiani siamo più creativi, quando corriamo da “italiani” lo trasmettiamo, e penso che questo discorso valga anche per me. Pensa a Bettini e Nibali, scattano e vanno all’attacco senza essere matematici, in modo istintivo. Atleti di altri paesi sono più metodici negli allenamenti e nelle gare, come ad esempio gli inglesi.
Certo, questo in corsa può aiutare, mentre altre volte non aiuta.