lunedì 4 gennaio 2016

Dialogo col campione: Martina Caironi

Martina Caironi è un'atleta paralimpica italiana, specializzata nei 100 metri-200 metri piani e nel salto in lungo.

Nel Palmares di Martina Caironi figurano: una medaglia d'oro nei 100 metri alle paralimpiadi di Londra del 2012; 3 medaglie d'oro ai mondiali (2 nei 100 metri e 1 nel salto in lungo) e una medaglia d'argento (salto in lungo)

Martina Caironi detiene il record mondiale nei 100 metri piani con 14"61' e nei 200 metri piani con 32"29'.








Ciao Martina, sei una sportiva di successo. Hai vinto 4 medaglie d'oro, stabilendo anche dei record mondiali. Oltre ai risultati cosa significa per te essere un'atleta di successo?

Credo significhi rendere pubblica la mia immagine, potendo trasmettere un messaggio alle persone che mi seguono o ad un pubblico.
Nello specifico, essere una persona nota mi permette di spiegare a tutti quanti cosa significhi essere un'atleta paralimpica e cosa significhi fare sport con una disabilità. Ho l'opportunità di dire quello che penso, che sento e in parte di influire su quello che pensa una parte della società.
Parlare di disabilità, abbinandola all'idea di forza che lo sport implica, credo sia più semplice e permetta di togliere i tabù connessi a questo argomento. Essere una sportiva di successo significa anche questo per me.
Sono consapevole che la mia condizione di sportiva di alto livello non rispecchi i disabili che vivono i problemi quotidiani. Credo però che tramite me sia possibile mostrare che si può parlare anche di questo argomento.

Mi hai detto che una parte connessa all'essere una sportiva di successo consiste nell'avere la possibilità di trasmettere dei contenuti. Quali sono gli aspetti che desideri trasmettere?

Che è importante lottare quotidianamente per un obiettivo o per degli obiettivi. Non fa differenza che questi siano connessi allo sport agonistico o alla vita personale. 
Tramite il mio esempio posso comunicare agli altri che non devono demordere di fronte alle difficoltà. Di difficoltà ne ho vissute tante e sono consapevole del significato del dolore. Questo va fatto capire alle persone.
Spesso capita che la gente si perda in un bicchiere d'acqua o davanti a difficoltà che in realtà possono essere risolte. Per me un problema non è un ostacolo che mi blocca, ma è qualcosa che va semplicemente risolto. Bisogna trovare il modo per risolverlo e poi andare avanti, come capita con la disabilità.
Quando mi sono trovata a diventare disabile, ero consapevole che le cose sarebbero procedute lentamente. Poi ho capito che dovevo solo trovare una via differente da, quella convenzionale, che rispecchiava quanto avevo in mente rispetto alla vita. Una via per costruire qualcosa di buono con ciò che si ha e, forse, per trovare la felicità. In questo processo lo sport è stato importante, perché da li ho tratto grande forza fisica e mentale.

Andando oltre a possibili generalizzazioni, a tuo avviso esistono degli aspetti mentali che un atleta olimpico, può imparare o dovrebbe imparare da un atleta paralimpico?

Ho avuto occasione di conoscere alcuni atleti olimpici, ma solo a livello superficiale. Vedo però che, a livello mediatico, vi è ancora una discrepanza tra il trattamento degli atleti olimpici e paralimpici, anche se ci stiamo avvicinando ad una sorta di parità.
Una cosa che credo possano capire è che sono dei grandi atleti, che fanno tanta fatica, ma di base loro hanno "tutto in regola" a livello fisico. Un disabile parte invece già da una condizione di superamento di se stesso. Ogni mattina, prima di fare sport, un disabile deve affrontare la sua disabilità.
La mattina quando mi alzo e devo mettermi la protesi, se mi fa male la gamba non posso nemmeno camminare. Chi è in carrozzina fa fatica ad affrontare le scale. Tutto questo poi entra nella quotidianità e smetti di pensarci. Per me è normale mettermi la protesi, come è normale per un paraplegico salire sulla sua carrozzina e iniziare la giornata.
Uno sportivo olimpico questo credo non possa conoscerlo. Le sue priorità saranno altre, come il dedicarsi completamente al proprio corpo e alla "macchina" che sta creando.

Se ci fosse una frase, detta da un genitore, un allenatore o da una persona significativa, che ti ha caratterizzata come atleta, quale potrebbe essere?

Ce ne sono un pò. Dal punto di vista tecnico potrebbe essere una frase detta da un mio allenatore, ovvero che la velocità inizia sotto i 15 secondi. Dal momento che ho abbattuto quel muro, posso dire di essere finalmente veloce.
Ti cito inoltre una frase che ho da poco letto in un libro di Saviano e mi ha colpito particolarmente: "nessuno sceglie il suo destino, però può sempre scegliere la maniera in cui starci dentro". Questa frase parla del destino di una persona e mi riguarda da vicino, perché io non ho potuto scegliere se perdere o meno una gamba. Io non ho scelto di diventare disabile e, in un certo senso, neanche di diventare atleta.
Tutto è successo un pò per caso, ma poi ho scelto di metterci dell'impegno, della determinazione e del coraggio, che mi hanno portato ad essere un'atleta di successo e a continuare a vincere. Questo perché non si vince solo con le gambe, ma anche con la testa. 

Quali sono le caratteristiche che deve avere un atleta per essere vincente di testa?

Secondo me, e secondo la mia esperienza, nel momento della gara serve molta concentrazione e per essere concentrato, sulla gara, non bisogna pensare ad altro. 
Prima dell'evento c'è però la preparazione. In allenamento non devi lasciarti abbattere dalla fatica. Quando il tuo corpo è affaticato subentra la testa per ricordarti il tuo obiettivo e che per raggiungerlo è necessario fare fatica. E' importante che un atleta si renda conto di quanto sia necessario alzare l'asticella e di come per fare ciò sia importante lavorare sulle piccole cose. Io mi alleno tutti i giorni su questo aspetto, più di quanto faccia al campo, perché ogni momento è buono per dirigermi in questa direzione. Se riesci ad alzare l'asticella nelle piccole cose, poi riesci a farlo di conseguenza anche nelle grandi. Questo può significare sopportare di più determinate persone o situazioni, avendo ben chiaro il tuo obiettivo.
Oltre a ciò è necessario stare bene nella propria vita. Un atleta ha bisogno di aver fatto i conti con tutte le sue contraddizioni e deve essere felice di ciò che fa. Deve essere soddisfatto.

Gli sport in cui eccelli sono la velocità (100/200m) e il salto in lungo. Ti prepari in modo diverso nel pre-gara, a livello mentale, in queste discipline? Come ti prepari?

Tra le due discipline c'è una notevole differenza. I 100 metri sono una gara esplosiva che dura pochissimo, tutto è concentrato in quei pochi secondi tra l'ingresso in campo, i blocchi, i comandi e la partenza. Sono pochi momenti. Nel salto in lungo la gara dura di più, ci sono 3 salti e poi altri 3 se vai in finale, per un totale di 6. Devi mantenere la concentrazione per più tempo e non devi farti distrarre dal pubblico in tribuna o dalle sensazioni. 
Durante questo tempo, devi stare molto focalizzato sul tuo corpo, per capire se stai sbagliando qualcosa quando prendi la pedana. Può capitare che la pista sia più veloce di quanto pensavi e non riesci a prenderla al meglio al primo colpo. Hai bisogno di fare delle prove all'inizio della gara per sentire le tue sensazioni a riguardo. 
L'abilità di riuscire ad ascoltare il proprio corpo viene un pò con l'esperienza. A Londra ho fatto anche il salto in lungo, ma è stata un'esperienza complicata. Lo praticavo da poco, avevo fatto pochi allenamenti e sono, addirittura, arrivata a staccare con il piede sbagliato. Non conoscevo la pista e non sapevo come comportarmi. Ora ho più esperienza e va decisamente meglio.
Comunque ciò che differenza il salto in lungo dalla discipline veloci credo riguardi le tempistiche e il saper mantenere l'attenzione per più tempo, richiedendo così uno sforzo maggiore. 

Nel salto in lungo, quando si stacca e si è in volo, esistono dei pensieri che rendono più leggeri e pensieri che rendono più pesanti?

In realtà nel momento dello stacco io non riesco a pensare. Tutto va talmente veloce... La mente non riesce a dedicarsi ad un pensiero, non fa in tempo. La rincorsa è un "caricarsi". Sei una molla che si carica e nel momento esplosivo stacchi e sei in volo. In quel momento è importante tenere i muscoli belli compatti e in particolare gli addominali.
Durante gli allenamenti gli allenatori mi dicono di salire e di toccare il cielo con le mani, cercando di superare un ostacolo, andando così verso l'alto. La velocità ti porta ad andare verso il lungo, ma è anche importante fare la parabola e salire. 
Il pensiero non avviene nel momento dello stacco, me prima. Avviene quando ti stai concentrando durante la rincorsa. In quel momento devi avere in mente ciò che andrai a fare, perché una volta partito per la rincorsa e per il salto non hai tempo per pensare. Se in quel frangente pensi, ti distrai e rischi di fare un casino.

Quindi è meglio non pensare in certi momenti?

Più che altro è impossibile! Per fare bene una cosa bisogna farla e basta! C'è però un procedimento a monte. Quando vuoi raggiungere una meta, hai bisogno di prendere una mappa e individuare la meta, il percorso e poi partire per il tragitto. Una volta che mi trovo alla meta non mi domando come ci sono arrivata, ma sono li e basta.

Sei una sportiva donna. Secondo te esistono aspetti mentali che caratterizzano le donne che praticano sport e che possono differenziarle dagli uomini? Cosa ne pensi?

In generale vedo che le donne riescono a fare tante cose contemporaneamente, più di quanto fanno normalmente gli uomini, intesi come maschi. Credo però sia uno stereotipo, abbastanza grossolano.
Forse un'atleta donna può essere più condizionata dai cicli ormonali, rispetto a un maschio, e da un'emotività più spiccata. Credo però che anche questo aspetto sia molto soggettivo. Conosco alcuni sportivi uomini che sentono molto le gare. In allenamento sono pazzeschi, ma in gara non riescono a reggere la tensione. Di contro conosco sportive donne che in gara riescono a gestire la tensione e dire la loro. Preferisco non fare questa distinzione a priori, perché il tutto è molto soggettivo e dipende dalle esperienze che una persona ha vissuto.
Credo che la gestione delle emozioni e della tensione connessa alle gare sia un aspetto che vada allenato sia per gli uomini, che per le donne.

Ti posso chiedere se oltre essere un'atleta sei anche una studentessa?

Guarda, al momento sono iscritta all'università, ma da due anni lo sport e tutto ciò che gli gira intorno mi hanno preso molto e mi sono un pò fermata. La promozione e le interviste mi lasciano poco tempo per lo studio. Questa mattina sono andata in biblioteca, ma al momento la mia priorità è quest'anno olimpico.
Non me ne faccio una colpa se non riesco a dare esami, ma ci terrei comunque a finire mediazione linguistica, per poi dedicarmi a una carriera non sportiva, quando finirà questo periodo di boom. Sono consapevole che questo periodo prima o poi finirà, perché so che andando avanti con l'età sarà sempre più dura mantenere questo livello. Ora sono giovane, ho 26 anni, e so che il fisico c'è, ma mi piacerebbe migliorare anche la mia preparazione culturale.

Cosa può dare il mondo dello sport, e gli aspetti mentali che lo sport aiuta a sviluppare, a un professionista o a una studentessa? Cosa può invece dare il mondo universitario allo sport?

Uno sportivo è solitamente una persona ben organizzata, che sa gestire i propri impegni e i propri ritmi. Sa quando è il momento di fare fatica e quando è il momento di riposare e credo che questo modello sia vincente sia per lo studio, che per la ricerca.
L'università invece può dare molto allo sport. Vedo diverse ricerche che possono avere un'applicazione in ambito sportivo. L'Università di Bergamo, in collaborazione con il mio allenatore di Bergamo, ha progettato una carrozzina da corsa adattabile a vari tipi di disabilità. Questa è una cosa abbastanza nuova, perché fino ad oggi le carrozzine erano abbastanza personalizzate. Questa ricerca permetterà ad un numero crescente di persone di accedere allo sport. L'apporto universitario è quindi fondamentale se si desidera progredire soprattutto quando si parla di disabilità.
Oltre all'ambito della disabilità, di cui parlo, gli studi universitari permettono di lavorare sulla performatività degli atleti sia dal punto di vista atletico, che mentale. Questo aspetto è secondo me estremamente importante.




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