Ho lasciato l'agonismo sportivo più di 15 anni fa. Avevo circa 19 anni e avevo voglia di godere a pieno delle serate con gli amici e dedicarmi all'università. Non è stata una vera e propria scelta, ma non avevo più il desiderio di fare sport in modo competitivo.
Non che fossi un grande atleta. Giocavo a calcio ad un livello medio. Avevo piedi da muratore che compensavo con grinta e intelligenza tattica, ma le mie qualità erano senza dubbio limitate. Mi impegnavo molto negli allenamenti e cercavo di dare il massimo per fare parte dell'undici titolare e per vincere le partite.
Come ho detto però ho lasciato e da allora ci sono state tante partite a calcetto, magari anche scommettendo il campo, e birre in compagnia a seguire. La forma era sparita, ma mi divertivo.
Alla soglia dei 30 anni ho scoperto la bici. La libertà che riusciva a comunicarmi era meravigliosa. Molti sono i ricordi legati alle due ruote. Alle elementari ero l'unico bambino che andava a scuola in bici. Tutti venivano accopagnati dai genitori, mentre io, solitario, entravo nel cortile retrostante la scuola a legare la mia bici.
Per me la bici è il simbolo della mia precoce indipendenza e forse per questa ragione la amo in modo così viscerale.