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giovedì 8 dicembre 2016

Libreria dello sport: Roberto Baggio - Una porta nel cielo

Chi è l'autore: Roberto Baggio, ex calciatore di Fiorentina, Juventus, Milan, Inter, Bologna, Brescia, Pallone d'oro nel 1993.

Di cosa parla: autobiografia di uno dei più grandi calciatori italiani della storia. Talento puro e cristallino, personaggio nel suo non essere personaggio, una carriera costellata da infortuni seri, incomprensioni con gli allenatori. Il libro (grazie al contributo stilistico di Matteini e Scanzi) riflette perfettamente delle luci e delle ombre di un calciatore e una persona fuori dal tempo, attraverso la sua esperienza con la sofferenza fisica, resistendo al dolore grazie alla sola immensa passione per il pallone.

A chi può interessare: ad ogni appassionato di calcio, ai nostalgici, e a chi vuole scoprire un ex calciatore lontano dagli stereotopi del calciatore moderno.

martedì 11 ottobre 2016

Andy Van de Meyde, la fragilità di un talento di cristallo

Le mani davanti al viso, la destra vicinissima agli occhi, aperta, come un mirino, mentre la sinistra si allontana verso il cielo, a simulare la canna di un fucile.
Guardarsi attorno e vedere lo stadio olimpico ammutolito, i tifosi della Roma attoniti, i visi tirati in un misto di odio e ammirazione, mentre i compagni gli correvano incontro. Chivu, Sneijder, Van Der Vaart, Ibrahimovic, una generazione irripetibile per l’Ajax che, in una notte d’autunno, conquistò l’Olimpico.


Era il 2002, Andy Van Der Meyde aveva 23 anni ed era considerato uno dei talenti più puri che il calcio olandese avesse sfornato negli ultimi 20 anni. La precisione al cross, il dribbling ubriacante, la velocità di un giovane nel fiore dei suoi anni, così forte da non potersi non innamorare di lui. 
Nella terra di Van Gogh lo idolatrano, l’Europa gli mette gli occhi addosso, l’Inter lo compra per regalare il pezzo pregiato al suo allenatore, Hector Cuper, l’hombre vertical argentino, che faceva del gioco sulle fasce il punto nevralgico della sua tattica.

martedì 21 giugno 2016

La partita della morte. Quando vincere o perdere faceva la differenza.

9 Agosto 1942.
Il caldo soffocante dell’estate Ucraina.
Solo due settimane prima, il 22 Luglio, i nazisti diedero il via alla deportazione degli ebrei del ghetto di Varsavia. La tragedia della guerra in ogni anima, mentre sullo sfondo il mondo devastato dall’uomo guardava con le lacrime agli occhi la follia dell’odio.
Kiev era semi deserta, nelle strade poche persone avevano il coraggio di girare. Troppa la tensione. I nazisti occupavano la città con il sostegno dei nazionalisti ucraini, anti-sovietici e filo-nazisti.
Odio e amore, guerra e pace. Guardie e prigionieri. Diversi, ma con qualcosa in comune. Una passione che supera le barriere dell’odio, l’amore per lo sport. L’evasione dalla crudeltà opprimente.
Nel giugno del 42’ i tedeschi, con l’appoggio di ungheresi, romeni e i nazionalisti, decisero di dare vita ad un torneo calcistico che avrebbe visto impegnate 6 squadre. 4 formate da truppe occupanti, una, la Ruch, formata da ucraini ‘amici del Reich’ e un’ultima composta da prigionieri, la Start, inserita per dare il modo ai tedeschi di mostrare la loro superiorità.


lunedì 14 dicembre 2015

SportivaMente - Samuele Robbioni

Samuele Robbioni è un Mental Trainer.

Ha accompagnato la squadra del Calcio Como 1907 nella risalita dalla serie D, fino all'attuale Serie B.

Samuele Robbioni ha collaborato con squadre di basket, calcio, rugby e atleti nelle discipline individuali di scherma, tennis, atletica, nuoto, ciclismo e ginnastica ritmica.











Ciao Samuele, ci puoi spiegare di cosa si occupa un Mental Trainer?


Questa è una domanda solo all'apparenza banale, Credo sia troppo semplice risponderti che un Mental Trainer si occupa della preparazione mentale. Questo significa tutto, come non significa nulla. 
Credo che l'obiettivo di chi fa questo lavoro debba essere ben chiaro, ovvero portare l'atleta o il giocatore che lavora con te ad una consapevolezza. Essere consapevole significa conoscere le proprie capacità, come anche i propri limiti. Mi piace pensare che anche la Leadership abbia a che fare con questo processo.
Per un atleta raggiungere questo obiettivo credo sia un grande risultato, perché nel momento in cui divento consapevole delle mie capacità e delle mie potenzialità, i miei limiti diventano un punto di partenza. Questo è un lavoro estremamente difficile, perché implica una messa in discussione importante da parte dell'atleta. Un Mental Trainer è quindi un professionista che costruisce un percorso di consapevolezza.